Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9552 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9552 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1047-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 614/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/06/2022 R.G.N. 472/2021;
R.G.N. 1047/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/02/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima sede con la quale era stato accettato il diritto dei lavoratori in epigrafe alla costituzione, a far data dall’1.12.2019, di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE alle medesime condizioni di inquadramento, anzianità di servizio, retribuzione globale di fatto godute dai lavoratori presso RAGIONE_SOCIALE, con conseguente diritto al ripristino del rapporto di lavoro ad ogni effetto giuridico ed economico;
la domanda dei lavoratori, già dipendenti di COGNOME presso la sede di Rende (CS) con qualifica di Addetto Call Center -3° liv. CCNL per le imprese esercenti servizi di telecomunicazioni, è stata fondata sul subentro nello svolgimento dei servizi di call center appaltati dalla committente RAGIONE_SOCIALE da COGNOME a COGNOME, la quale, però, non aveva assunto i lavoratori interessati, reputando non sussistenti i presupposti per l’operatività della clausola di salvaguardia dell’occupazione prevista dalla contrattazi one collettiva e dall’art. 1, comma 10, legge n. 11/2016;
con la sentenza qui gravata, la Corte di merito, in particolare, ha osservato che le pertinenti norme di legge e collettiva (art.1, comma 10, legge n. 11/2016 e art. 53bis CCNL RAGIONE_SOCIALE) prevedono l’operatività della clausola di salvaguardia (o cd. clausola sociale) di continuazione del rapporto di lavoro presso la subentrante nell’appalto, con corrispondente insorgenza del relativo diritto all’assunzione, in caso di invarianza di termini, modalità e condizioni del nuovo appalto rispetto al precedente e di adibizione dei lavoratori continua ed esclusiva per almeno sei mesi
precedenti alla commessa oggetto di cambio appalto; e che, nel caso di specie, l’onere della prova della ricorrenza dei presupposti fondanti il diritto rivendicato gravava sui lavoratori originari ricorrenti, e doveva ritenersi in esito all’istruttoria svolta compiutamente adempiuto, a fronte di congrue allegazioni, degli elementi di prova raccolti, della mancanza di contestazioni specifiche della società;
per la cassazione della sentenza d’appello la società propone ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria; resistono gli undici lavoratori con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso per cassazione, la società denuncia (art. 360, n. 3 e n.5, c.p.c.), violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché intrinseca e contradditoria motivazione nella parte in cui la sentenza gravata ha ritenuto che i lavoratori abbiano assolto all’onere -su di essi gravante – di dimostrare la sussistenza dei due requisiti di esclusività e continuatività nell’adibizione alla commessa RAGIONE_SOCIALE alle dipendenze dell’appaltatore uscente;
con il secondo (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro per il settore RAGIONE_SOCIALE da valere per il periodo 2012-2022, in particolare dell’art. 53bis (Procedura clausola sociale);
con il terzo motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. laddove la Corte di Appello ha ritenuto che la società non avesse contestato l’adibizione in via esclusiva dei lavoratori controricorrenti alla commessa RAGIONE_SOCIALE;
il primo e terzo motivo, connessi in quanto riguardanti entrambi la valutazione delle prove, non sono meritevoli di accoglimento;
non è integrata la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto deducibile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne sia onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece, come in questo caso, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107/2013, n. 13395/2018, n. 18092/2020);
la decisione cui è prevenuta la Corte territoriale rappresenta una legittima e logica opzione valutativa del materiale probatorio, e si sottrae alle censure articolate nel ricorso con le quali la parte ricorrente si limita a richiedere una diversa valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito (Cass. n. 8758/2017);
nel caso concreto, i giudici del merito hanno ritenuto idonei gli elementi probatori raccolti circa l’invarianza delle condizioni contrattuali degli appalti e l’adibizione continuativa ed esclusiva dei lavoratori all’appalto RAGIONE_SOCIALE, anche per l’aspecificità delle contestazioni della società sul punto, essendo stata l’adibizione a commesse alternative soltanto ipotizzata in astratto;
invero, il principio di non contestazione di cui agli artt. 115 e 416, comma 2, c.p.c., riguarda solo i fatti cd. primari, costitutivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, e non si applica alle mere difese (Cass. n. 17966/2016); una volta operata la netta distinzione tra eccezioni e difese, la contestazione da parte del convenuto dei fatti già affermati o già negati nell’atto introduttivo del giudizio non ribalta sull’attore l’onere di “contestare l’altrui contestazione”, dal momento che egli ha già esposto la propria posizione a riguardo (Cass. n. 6183/2018); l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non le prove assunte, la
cui valutazione opera in un momento successivo alla definizione dei fatti controversi ed è rimessa all’apprezzamento del giudice (Cass. n. 3126/2019);
il secondo motivo non è fondato;
la sentenza impugnata è conforme ai principi affermati da questa Corte in materia di clausole sociali previste da svariati contratti collettivi, e che risultano applicabili anche all’art. 53 -bis CCNL RAGIONE_SOCIALE;
in base a tali principi, si configura un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione in capo al lavoratore alle dipendenze dell’impresa cessata, che rinviene la propria ratio nell’esigenza che l’avvicendamento nell’appalto non determini la perdita di occupazione dei lavoratori ad esso addetti in via ordinaria; ilo diritto all’assunzione in capo ai dipendenti dell’impresa uscente, con correlativo obbligo a carico dell’impresa subentrante, non risulta condizionato all’avvenuto adempimento dei previsti obblighi procedimentali di comunicazione a carico dell’impresa uscente, la cui eventuale violazione opera sul piano dei rapporti tra l’azienda uscente e quella subentrante (cfr. Cass. n. 31491/2023, n. 32805/2023);
parte ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, con distrazione in favore dei difensori dichiaratisi antistatari, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 15.000 per compensi, €
200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r . n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 7 febbraio 2024.