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Clausola Sociale Appalti: Chi Prova il Diritto?

Un lavoratore si è visto negare l’assunzione da parte della società subentrante in un cambio appalto. La Cassazione ha confermato che, in base alla clausola sociale appalti, spetta al lavoratore l’onere di provare di possedere i requisiti previsti dal contratto collettivo, come l’impiego stabile nel cantiere specifico. Il caso non è assimilabile a un licenziamento, ma a una richiesta di assunzione ex novo.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Clausola Sociale Appalti: l’Onere della Prova Ricade sul Lavoratore

Nel complesso mondo dei cambi di appalto, la clausola sociale appalti rappresenta un fondamentale strumento di tutela per i lavoratori, garantendo la continuità occupazionale. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto cruciale: su chi ricade l’onere di dimostrare il possesso dei requisiti per l’assunzione? La risposta dei giudici è netta: spetta al lavoratore. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, autista presso una società che gestiva il servizio di igiene urbana per un Comune, non veniva assunto dalla nuova azienda subentrata nell’appalto. Sentendosi leso nel suo diritto alla continuità lavorativa, l’uomo ha avviato una causa, invocando la tutela prevista dalla clausola sociale appalti contenuta nel contratto collettivo di settore (CCNL FISE).

La sua domanda, però, è stata respinta sia in primo grado sia in appello. Secondo i giudici di merito, il lavoratore non era riuscito a provare un presupposto fondamentale richiesto dalla norma collettiva: essere stato adibito in via ordinaria a quell’appalto specifico nei 240 giorni precedenti il cambio di gestione. Le prove, infatti, avevano dimostrato che egli faceva parte di un gruppo di lavoratori “non cantierizzati”, ovvero non stabilmente assegnati a un unico cantiere, ma impiegato solo saltuariamente in quello in questione.

La Decisione della Cassazione e la Clausola Sociale Appalti

Di fronte al rigetto, il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo due tesi principali:
1. Errata applicazione della clausola sociale, affermando che l’onere di provare l’impossibilità di assunzione dovesse ricadere sull’azienda, come avviene nei casi di licenziamento.
2. Violazione dell’art. 2112 c.c., tentando di inquadrare la vicenda come un trasferimento d’azienda, che avrebbe comportato il passaggio automatico del suo contratto di lavoro.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di appello. I giudici hanno chiarito che il tentativo di applicare la disciplina del trasferimento d’azienda era inammissibile, in quanto la domanda originaria del lavoratore era fondata unicamente sul diritto a essere assunto ex novo dalla nuova impresa in virtù della clausola sociale, non sulla continuazione di un rapporto preesistente.

Le Motivazioni: Onere della Prova e Natura del Diritto

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dell’onere della prova. La Cassazione ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento, sancito dall’art. 2697 del codice civile: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Applicando questo principio al caso della clausola sociale appalti, la Corte ha stabilito che è il lavoratore che chiede l’assunzione a dover dimostrare di possedere tutti i requisiti previsti dalla contrattazione collettiva.

I giudici hanno specificato che le argomentazioni relative all’onere della prova in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (compreso l’obbligo di repechage) sono del tutto inconferenti. Un conto è un licenziamento, dove si interrompe un rapporto di lavoro esistente, e un altro è la mancata assunzione in un cambio appalto, che riguarda la costituzione di un rapporto di lavoro ex novo. In quest’ultimo caso, la legge non pone alcuna presunzione a favore del lavoratore; è lui che deve attivarsi per provare la sussistenza delle condizioni che fondano il suo diritto.

Nel caso specifico, il lavoratore non solo non era presente nell’elenco del personale da trasferire, ma, soprattutto, non ha fornito la prova di essere stato stabilmente impiegato in quel cantiere per il periodo richiesto. La sua qualifica di lavoratore “non cantierizzato” è stata decisiva per escludere il suo diritto all’assunzione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Lavoratori

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica. I lavoratori coinvolti in un cambio di appalto che intendono avvalersi della tutela offerta dalla clausola sociale appalti devono essere consapevoli che spetta a loro l’onere di dimostrare, con prove concrete, di soddisfare ogni singolo requisito previsto dal contratto collettivo applicabile. Non è possibile fare affidamento sui principi validi in materia di licenziamento, poiché si tratta di fattispecie giuridiche profondamente diverse. La semplice aspettativa non è sufficiente; è necessario provare i fatti costitutivi del diritto all’assunzione per vederlo riconosciuto in sede giudiziale.

In caso di cambio appalto, chi deve provare il diritto all’assunzione secondo la clausola sociale?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova ricade interamente sul lavoratore. È lui che deve dimostrare in giudizio di possedere tutti i requisiti specifici previsti dalla clausola sociale del contratto collettivo, come, ad esempio, l’essere stato impiegato stabilmente su quello specifico appalto per un determinato periodo.

La mancata inclusione nell’elenco dei lavoratori da trasferire è decisiva per negare l’assunzione?
Non è l’unico elemento decisivo, ma contribuisce a formare il quadro probatorio. La Corte ha chiarito che il fattore determinante è la prova (o la sua assenza) dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma collettiva. La mancata prova da parte del lavoratore di essere stato adibito in via ordinaria all’appalto è la ragione principale del rigetto della sua domanda.

Si possono applicare le regole sul licenziamento (come l’obbligo di repechage) alla mancata assunzione in un cambio appalto?
No. La Corte ha stabilito una netta distinzione tra le due situazioni. La richiesta di assunzione basata su una clausola sociale riguarda la costituzione di un rapporto di lavoro nuovo (ex novo) e non l’interruzione di uno esistente. Pertanto, le norme e i principi che regolano l’onere della prova nei licenziamenti non sono applicabili a questa fattispecie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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