Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 4907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 12923-2022 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5065/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 15/11/2021 R.G.N. 651/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Oggetto
R.G.N. 12923/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/01/2024
CC
Rilevato che
1. con sentenza n. 5065/2021 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la domanda di NOME intesa all’accertamento della invalidità del contratto di somministrazione a termine e delle successive proroghe (periodo dal 20/5/2013 al 30/3/2015), stipulato con l’RAGIONE_SOCIALE, e della sussistenza di un rapporto di RAGIONE_SOCIALE subordinato a tempo indeterminato con l’utilizzatrice RAGIONE_SOCIALE a decorrere dalla stipula del contratto;
2. la Corte di merito ha condiviso la valutazione di prime cure in punto di specificità della causale apposta al contratto, ricondotta ai sensi dell’art. 17 c.c.n.l. Telecomunicazioni ‘a ragioni di carattere organizzativo motivate dall’inserimento di risorse a supporto dell’organico aziendale, finalizzato alla redistribuzione dei carichi di RAGIONE_SOCIALE attualmente esistenti in vist a dell’incremento dei volumi di attività gestite per il cliente Vodafone non gestibile con l’ordinario assetto produttivo’; ha ritenu to, quindi, che le emergenze istruttorie confermassero la effettività delle ragioni alla base dell’apposizione del termine e delle relative proroghe. In ordine alla denunziata violazione dei limiti quantitativi di ricorso alla somministrazione a tempo determinato indicati nell’art. 17 c.c.n.l., la Corte di merito ha dichiarato di condividere la valutazione di prime cure di genericità ed irrilevanza dell’allegazione a riguardo formulata nel ricorso introduttivo ed osservato che l’onere della prova del rispe tto della ‘ clausola di contingentamento ‘ , gravante sulla società datrice di RAGIONE_SOCIALE, richiedeva comunque una specifica e puntuale allegazione da parte della lavoratrice in ordine a tale violazione: parte appellante non NOME assolto a tale onere
essendosi limitata ad indicare in primo grado il numero dei dipendenti occupati con contratto di somministrazione a termine ma non anche il numero di quelli assunti a tempo indeterminato nel periodo di interesse (anno 2013) mentre i dati forniti in seco nde cure si riferivano all’anno 2015;
3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME sulla base di due motivi; RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 21, comma 1, lett. b) e 27 d. lgs. n. 276/2003 nonché, ex art.360, comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti. P remesso che ai sensi dell’art. 21 d. lgs. cit. tra gli elementi essenziali del contratto di somministrazione si richiede l’indicazione del numero dei lavoratori somministrati e premesso altresì che dalle risultanze istruttorie emergeva che la RAGIONE_SOCIALE NOME sin dal l’anno 2010 fatto ricorso al RAGIONE_SOCIALE somministrato, censura la sentenza impugnata per non avere rilevato che il contratto di somministrazione faceva riferimento all’esigenza di un unico lavoratore, anziché di tutti i dipendenti di RAGIONE_SOCIALE richiesti in somministrazione dalla società utilizzatrice; la medesima RAGIONE_SOCIALE, nei propri scritti difensivi, NOME, del resto, evidenziato la necessità per la gestione della commessa Vodafone di fare ricorso al RAGIONE_SOCIALE somministrato;
2. con il secondo motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 20, comma 4, d.lgs. n. 276/2003 e dell’art. 17 c.c.n.l. RAGIONE_SOCIALE,
dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. . Argomenta che in tema di rispetto della ‘ clausola di contingentamento ‘ , per costante giurisprudenza della S.C., è sufficiente per il lavoratore dedurre l’avvenuto superamento della percentuale per far scattare l’onere della prova a carico della società; precisa, inoltre, di non essersi limitata a dedurre il mancato rispetto dei limiti quantitativi ma di avere anche indicato il numero degli ulteriori lavoratori somministrati presenti nella sede di Napoli, presso la quale essa NOME NOME prestato la propria attività per l’utilizzatrice;
3. il primo motivo di ricorso è infondato;
3.1. occorre premettere che la questione relativa alla corretta indicazione nel contratto commerciale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE del numero dei lavoratori somministrati non è stata specificamente trattata dalla Corte di merito sebbene a questa fosse stata ritualmente devoluta con l’atto di appello secondo quanto evincibile dai pertinenti brani del gravame di secondo grado trascritti nel ricorso per cassazione (v. ricorso, pagg. 21 e sgg.) in conformità del principio di autosufficienza; nella illustrazione del primo motivo parte ricorrente, sia pure mediante inappropriata identificazione del vizio denunziato (ricondotto formalmente all’ambito dell’art. 360, comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c.), mostra implicitamente di denunziare (anche) la omessa pronunzia su tale questione laddove si duole del mancato rilievo della carenza del contratto commerciale di somministrazione con riferimento al numero di lavoratori somministrati alla società RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_SOCIALE;
3.2. quanto ora osservato non comporta, tuttavia, la necessità di rinvio della causa al giudice del merito, alla luce dei principi enucleati da questa Corte in tema di ragionevole durata del processo; in base a tale indirizzo, cui aderisce il
Collegio, i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell’art. 111, comma 2, Cost., nonché una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, consentono che una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Suprema Corte possa omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con quel motivo risulti infondata, di modo che la statuizione da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. n. 6171/2017, Cass. n. 21968/2015, Cass. n. 21257/2014). Nella medesima linea argomentativa e con specifico riferimento alla ipotesi di omessa pronunzia su questione implicante accertamento di fatto si pone Cass., n. 15986/2008 secondo la quale la Corte di cassazione, oltre che nei casi in cui la fattispecie concreta è incontroversa tra le parti e oggetto di discussione sia solo la ricostruzione giuridica della stessa, può decidere nel merito la causa se, negli accertamenti di fatto compiuti dai giudici delle pregresse fasi (come ricostruiti in sentenza), il giudice di legittimità rinvenga la base per la definizione del processo;
3.3. nel caso di specie, la esclusione della necessità del rinvio al giudice di merito scaturisce dall’errata prospettazione in diritto dalla quale muovono le censure della odierna ricorrente; in base a tale prospettazione, infatti, il contratto di somministrazione dovrebbe contenere l’indicazione di tutti i lavoratori inviati alla utilizzatrice da parte del soggetto somministratore (anche ove inviati sulla base di distinto contratto commerciale di somministrazione); l’assunto non trova riscontro nella disc iplina di legge ed in
particolare nel testo dell’art. 21 d. lgs. n. 276/2003 in tema di requisiti del contratto (commerciale) di somministrazione;
3.4. nel testo vigente ‘ratione temporis’, l’art. 21 d. lgs . n. 276/2003 (rubricato ‘Forma del contratto di somministrazione) così recita: ‘
a questione della prova del rispetto del limite percentuale di contingentamento è stata risolta dalla Corte territoriale ritenendo che la lavoratrice fosse onerata dell’allegazione specifica, relativamente al periodo di causa, del numero dei dipendenti dell’utilizzatore occupati con contratto a tempo indeterminato e del numero dei dipendenti occupati con contratto di somministrazione a termine; solo la compiuta allegazione di tali elementi determinava, secondo il giudice di appello, l’insorgere a carico della società RAGIONE_SOCIALE dell’onere della prova in ordine al rispetto della cd. clausola di contingentamento, vale a dire dell’osservanza dei limiti fissati dal contratto collettivo nazionale di RAGIONE_SOCIALE stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi, in conformità alla disciplina di cui all’articolo 10 d.lgs. n. 368/2001 , che si applica al contratto di somministrazione in virtù del richiamo contenuto all’art. 22 comma 2 del d. lgs n. 276/2003;
4.2. secondo i principi generali più volte affermati da questa Corte (v. Cass. n. 9201/2015), l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 cod. civ., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto ‘fatti negativi’; così è il datore di RAGIONE_SOCIALE (utilizzatore), tenuto all’osservanza della clausola di contingentamento, che deve provare il rispetto del previsto limite percentuale, id est il mancato superamento di tale limite (v. Cass., n. 23704/2015, Cass., n. 4764/2015, Cass., n. 701/2013, Cass., n. 14283/2011, Cass., n. 839/2010); ciò in base alla regola esplicitata dalla l. n. 230/1962, art. 3 secondo cui incombe al datore di RAGIONE_SOCIALE dimostrare l’obiettiva esistenza delle condizioni che
giustificano l’apposizione di un termine al contratto di RAGIONE_SOCIALE, principio questo estensibile anche al caso in esame – in cui il ricorso alla somministrazione è consentito nei limiti indicati dal c.c.n.l. di settore – in vista della finalità di non rendere troppo difficile l’esercizio del diritto del lavoratore, il quale, a differenza del datore di RAGIONE_SOCIALE, è privo della ‘ disponibilità ‘ dei fatti idonei a provare il numero dei lavoratori occupati nell’impresa (Cass., n. 9867/2017, Cass., Sez. Un. n. 141/2006 ). E’ sufficiente, dunque, che il lavoratore deduca l’avvenuto superamento della percentuale di contingentamento per far scattare l’onere probatorio della società;
4.3. l’affermazione del giudice di appello , che condiziona l’insorgere dell’onere della prova a carico della società alla compiuta allegazione di elementi relativi alla violazione della clausola di contingentamento, non è quindi conforme ai comuni principi di diritto processuale, alla stregua dei quali onere di allegazione e onere probatorio non possono che incombere sulla medesima parte, nel senso che chi ha l’onere di provare un fatto primario (costitutivo del diritto azionato o impeditivo, modificativo od estintivo dello stesso) ha altresì l’onere della relativa compiuta allegazione (sull’impossibilità di disgiungere fra loro onere di allegazione e relativo onere probatorio gravante sulla medesima parte v., tra le altre, Cass., n. 21847/14);
in base alle considerazioni che precedono il secondo motivo deve quindi essere accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione a tale accoglimento; alla Corte di appello di rinvio è demandato altresì il regolamento delle spese di lite del giudizio di cassazione;
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 17