Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23561 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23561 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10008-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 365/2023 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 27/02/2024 R.G.N. 264/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
Oggetto
Altre ipotesi rapporto privato
R.G.N.10008/2024
COGNOME
Rep.
Ud 20/05/2025
CC
Nella gravata sentenza si legge che, con la pronuncia n. 559/2023, il Tribunale di Bergamo aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE a corrispondere a Rachid Messaoudi la somma lorda di euro 29.178,31 a titolo di retribuzione dovuta dal 31.8.2020 al 31.7.2022 e a riconoscergli n. 54,25 giornate di ferie maturate. Il primo giudice aveva dato atto che, con precedente decisione del medesimo Tribunale, era stato accertato il diritto del lavoratore al trasferimento del suo rapporto di lavoro da Margherita RAGIONE_SOCIALE dal 13 al 30 agosto 2020 e, quindi, da RAGIONE_SOCIALE con decorrenza dal 31 agosto 2020 e questa ultima società era stata condannata a reintegrarlo nel posto di lavoro e a pagargli le retribuzioni non corrisposte dal 31.8.2020 alla riammissione, con detrazione di quanto percepito in seguito al distacco da RAGIONE_SOCIALE dall’1.8.2022 in avanti; non essendo NOME COGNOME stato riammesso in servizio da RAGIONE_SOCIALE, il primo giudice aveva condannato la società resistente a corrispondergli le retribuzioni maturate limitando, però, tale condanna al novembre 2022 compreso rigettando la istanza di pagamento per dicembre 2022 e gennaio 2023 avendo l’originario ricorrente volontariamente cessato il rapporto di lavoro con la distaccataria RAGIONE_SOCIALE così perdendo la retribuzione che andava scomputata a titolo di aliunde percipiendum ; il primo giudice, infine, non aveva detratto dal dovuto la somma percepita dal lavoratore a titolo di Cassa Integrazione Guadagno mentre aveva accertato il diritto al riconoscimento delle giornate di ferie maturate, stante la ricostruzione ed il perdurare del rapporto di lavoro.
I giudici di seconde cure, in sintesi, con la decisione oggi impugnata, hanno riconosciuto al lavoratore anche la
mensilità di dicembre 2022 e di gennaio 2023, in presenza di una valida offerta di prestazione all’originario datore di lavoro che si era rifiutato e della irrilevanza della prestazione lavorativa nel frattempo resa per un terzo; rigettavano, poi, l’eccezi one di nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALEp.a. e consideravano corretta l’impostazione decisoria del Tribunale sia in relazione all’ an che al quantum debeatur con riguardo alla posizione di RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi cui resisteva con controricorso l’intimato.
Le parti depositavano memorie.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la nullità della sentenza in relazione agli artt. 101 co. 2 e 102 cpc, per avere la Corte distrettuale ritenuto inoperante il presupposto processuale funzionale alla integrazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, quale cedente il ramo di azienda rappresentato dall’RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO in Bergamo.
Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 295 e 337 cpc, per non avere la Corte territoriale sospeso il presente giudizio, sul quantum , essendo ancora pendente quello sull’ an relativo alla legittimità del trasferimento del ramo di azienda di cui è causa.
Con il terzo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1175 cod. civ. (comportamento secondo correttezza), 1223 e 1227 cod. civ. (concorso del creditore -lavoratore nel cagionare il danno), per avere errato la Corte di appello nel non avere considerato determinante, ai fini della costituzione in mora credendi di essa ricorrente, il comportamento del lavoratore che aveva omesso di dare conto a RAGIONE_SOCIALE del rapporto in essere con RAGIONE_SOCIALE
Con il quarto motivo si obietta, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 2109 cod. civ. e all’art. 10 D.lgs. n. 66/2003 nonché agli artt. 116 e 116 cpc, per avere erroneamente la Corte territoriale riconosciuto al lavoratore la maturazione delle ferie nel medesimo periodo in cui aveva maturato il diritto alla retribuzione, nonostante vi fosse stata una sospensione della prestazione e non fosse ravvisabile alcuna impossibilità per il lavoratore di adempiere alle proprie funzioni.
Con il quinto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 36 Cost. nonché all’art. 2 D.lgs. n. 23/2015, per avere la Corte territoriale condannato essa ricorrente al pagamento delle retribuzioni successive alla sentenza n. 703/222 del Tribunale di Bergamo, in contrasto con le disposizioni sopra richiamate.
Il primo motivo è infondato.
Premesso che il petitum sostanziale del presente giudizio è rappresentato unicamente dalla richiesta del lavoratore di pagamento delle somme dovutegli da RAGIONE_SOCIALE in
forza della sentenza del Tribunale di Bergamo del dicembre 2022, correttamente la Corte territoriale non ha ravvisato una ipotesi di litisconsorzio necessario atteso che il lavoratore non aveva dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo, né alcuna situazione di contitolarità, ma tendeva a conseguire un’utilità rivolgendosi ad una sola persona, ossia il vero datore di lavoro, come statuito nella pronuncia su indicata.
Inammissibile è, invece, la articolata doglianza qualora fosse riferita alla mancata autorizzazione, da parte del Tribunale e della Corte di appello, alla chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE.p.a. ex art. 106 cpc perché, trattandosi di una valutazione discrezionale del giudice di merito, va escluso ogni sindacato, sul punto, in sede di legittimità (Cass. n. 25676/2014; Cass. n. 2331/2022).
Il secondo motivo è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Invero, il problema di una sospensione necessaria del presente giudizio, peraltro mai richiesta dalla società, non acquista più rilevanza atteso che, nelle more del giudizio, con l’ordinanza di questa Corte n. 11578/2025, pubblicata il 2.5.2025, è passata in giudicato la pronuncia del Tribunale di Bergamo (sentenza n. 703/2022) che ha accertato definitivamente il diritto al passaggio, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., del rapporto di lavoro del Messaoudi da RAGIONE_SOCIALE alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e poi di RAGIONE_SOCIALE con condanna di quest’ultima alla riassunzione in servizio e al pagamento delle retribuzioni non percepite.
E’ opportuno ricordare che, nel giudizio di cassazione, in caso di giudicato esterno conseguente ad una sentenza della stessa Corte, la cognizione del giudice di legittimità può
avvenire anche mediante quell’attività di ricerca (relazioni, massime ufficiali e consultazione del CED) che costituisce corredo del collegio giudicante nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario e del dovere di prevenire contrasti tra giudicati, in coerenza con il divieto del “ne bis in idem” (Cass. n. 24740/2015).
Il terzo ed il quinto motivo, che per la loro interferenza logico-giuridica possono essere esaminati congiuntamente, non sono meritevoli di accoglimento.
Va premesso che, a seguito della sentenza del Tribunale di Bergamo (n. 703/2022 del 6.12.2022) che aveva accertato che il COGNOME era un dipendente della RAGIONE_SOCIALE fin dal 31 agosto 2020, il lavoratore, il successivo 7 dicembre 2022, aveva prontamente offerto, senza esito, la propria prestazione lavorativa alla suddetta società; immediatamente, poi, aveva cessato di prestare la propria attività presso RAGIONE_SOCIALE in quanto il distacco, travolto dalla richiamata pronuncia del Tribunale, era stato disposto non dall’effettivo datore di lavoro giudizialmente accertato.
La Corte di appello ha tenuto conto di tali circostanze, per averle riportate nella sentenza impugnata, e correttamente non è stato ravvisato alcun comportamento contrario a buona fede e correttezza perché il lavoratore non ha cessato il rapporto con la RAGIONE_SOCIALE per sua scelta, bensì perché era stato accertato che era dipendente della RAGIONE_SOCIALE dal 31.8.2020.
La statuizione della Corte territoriale, in diritto, è inoltre conforme ai principi di legittimità, affermati da ultimo nell’ordinanza Cass. n. 14712/2024 -secondo cui, nel caso di illegittima cessione di ramo d’azienda, le prestazioni
lavorative offerte al datore di lavoro cedente e da questi non ricevute senza giustificato motivo, producendo gli effetti della mora credendi , sono equiparate a quelle eseguite e generano la sua obbligazione retributiva corrispettiva, senza che da questa possa detrarsi quanto percepito dal lavoratore ceduto nell’ambito del diverso ed autonomo rapporto instaurato con il cessionario in via di mero fatto ex art. 2126 c.c., sia perché l’aliunde perceptum (o percipiendum ) attiene al risarcimento del danno, sia perché si è in presenza di due rapporti lavorativi, per i quali il principio di corrispettività giustifica il diritto a due retribuzioni- e non è in contrasto neanche con la pronuncia del Tribunale di Bergamo del 6.12.2022 in quanto, nel disporre la detrazione del dovuto soltanto di quanto percepito dai ricorrenti (lavoratori tra cui l’odierno controricorrente) in seguito al distacco dall’1.8.2022, nulla ha precisato circa il periodo successivo alla decisione e non ha fatto alcun riferimento all’aliunde perc ipiendum.
Infondati sono poi i riferimenti di parte ricorrente all’art. 36 Cost., in considerazione di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 2990/2018 e di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 29/2019, nonc hé all’art. 2 del D.lgs. n. 23/2015, non vertendosi in una ipotesi di licenziamento e non essendo tale disciplina normativa applicabile al rapporto di lavoro di cui è causa iniziato nel 1997.
Il quarto motivo è, infine, anche esso infondato.
La gravata pronuncia è perfettamente in linea con i principi, affermati dalla Corte di Giustizia con la sentenza 25 giugno 2020 (cause riunite C-762/18 e C-37/19) ove è stato statuito che al lavoratore spetta l’indennità sostitutiva delle ferie pur in assenza di lavoro effettivo qualora si tratti di
ipotesi di impossibilità di esecuzione della prestazione per cause imprevedibili e indipendenti dalla sua volontà.
Né può valere, nel caso in esame, la collocazione temporanea in RAGIONE_SOCIALE del Messaoudi, a seguito del mancato passaggio del suo rapporto di lavoro dapprima a RAGIONE_SOCIALE e successivamente a RAGIONE_SOCIALE ovvero il suo successivo distacco, operato da RAGIONE_SOCIALE il 1° agosto 2022, perché, in entrambi i casi, i provvedimenti datoriali erano riconducibili ad un illegittimo comportamento, accertato in via definitiva in sede giudiziaria, che ha precluso l’ordinario svo lgimento del rapporto e del conseguente sinallagma contrattuale.
Si verte, pertanto, in una di quelle situazioni specifiche, che la Corte di Giustizia ha individuato con la su indicata pronuncia del 25.6.2020 (punto 59), nelle quali il lavoratore non è stato messo in grado di adempiere alle proprie funzioni, di talché il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato (sentenza del 24.1.2012, Dominguez, C282/10 EU:C:2012:33, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore del controricorrente che si è dichiarato antistatario. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 maggio