Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15511 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 15511 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.
16554/2023 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.ta in INDIRIZZO Roma, presso studio legale COGNOME, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME , elett. dom.ti in INDIRIZZO, Roma, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME; COGNOME NOME , elett. dom.ta in INDIRIZZO, Roma, rappresentata e difesa dagli avv.ti COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrenti
nonché
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
OGGETTO:
cessione di ramo d’azienda – direzione recupero crediti – accertamento – criteri
sul ricorso successivo proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.ta in INDIRIZZO Roma, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME , elett. dom.ti in INDIRIZZO, Roma, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME; COGNOME NOME , elett. dom.ta in INDIRIZZO, Roma, rappresentata e difesa dagli avv.ti COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrenti
nonché
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore .
intimata
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1082/2022 pubblicata in data 27/01/2023, n. r.g. 637/2022.
Udita la relazione svolta all’udienza e nella camera di consiglio del giorno 16/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME.
Udita la requisitoria del P.M., in persona del l’Avvocata Generale dott.ssa NOME COGNOME nonché la discussione dei difensori delle parti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- NOME COGNOME e gli altri controricorrenti indicati in epigrafe erano stati dipendenti di Intesa Sanpaolo Provis S.p.A. (oggi Intesa Sanpaolo S.p.A.) fino al 30/11/2018, quando era intervenuta la cessione del ramo d’azienda cui erano addetti a RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE.
Adìvano il Tribunale di Milano per ottenere la declaratoria di inefficacia, nei loro confronti, della predetta cessione, l’accertamento della persistenza del loro rapporto di lavoro alle dipendenze di Intesa Sanpaolo Provis S.p.A.
(oggi Intesa Sanpaolo S.p.A.), nonché l’ordine di ripristino di tale ultimo rapporto di lavoro a decorrere dal 30/11/2018.
2.Radicatosi il contraddittorio, espletata l’istruttoria testimoniale con l’escussione di tre testimoni, ritenuta la causa matura per la decisione, il Tribunale accoglieva le domande dei ricorrenti, ritenendo che non fossero stati dimostrati né la preesistenza del ramo ceduto, né la sua autonomia funzionale, tanto al momento della cessione quanto successivamente. In particolare affermava che dall’istruttoria espletata era emerso che, sul piano oggettivo, l’attività ceduta di ‘recupero crediti’ aveva riguardato non tutti i crediti in sofferenza, ma soltanto alcuni; i beni materiali ceduti erano in misura di per sé non significativa e non erano stati ceduti i softwares e le procedure informatiche, rimasti alla cedente ed ancora utilizzati dopo il trasferimento; sul piano soggettivo, erano stati trasferiti non soltanto i dipendenti in precedenza addetti all’attività di ‘recupero crediti’, ma anche altri dipendenti addetti alle due strutture di staff , sebbene le relative attività (supporto amministrativo e supporto operativo) fossero rimaste in capo ad Intesa Sanpaolo spa, sicché neppure si trattava di cessione di ramo d’azienda rappresentato da un gruppo di dipendenti caratterizzato da un particolare e specifico know how . Infine il giudice di primo grado riteneva insussistente anche l’autonomia funzionale, in quanto ai fini dell’operatività del ramo ceduto era stata necessaria una significativa integrazione strutturale da parte della cessionaria, mediante la sottoscrizione a titolo oneroso di contratti di locazione e di servicing e comunque, anche dopo il trasferimento di ramo d’azienda, la cessionaria doveva necessariamente e continuamente relazionarsi -per svolgere l’attività ceduta con la struttura ‘workout management & administration’ di Intesa Sanpaolo S.p.A. sia per le decisioni fondamentali, sia per tutte le operazioni, imputazioni e registrazioni contabili relative all’attività di recupero crediti.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava gli appelli separatamente proposti dalle due società.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
successivamente all’atto di scissione parziale, RAGIONE_SOCIALE ha stipulato con società del gruppo Intesa Sanpaolo contratti di locazione e di
sublocazione relativi alle sedi presso cui si svolgeva l’attività della cedente, nonché vari contratti di servizio che prevedevano la fornitura a Tersia di una serie di servizi da parte di Intesa Sanpaolo Group Services s.c.p.a. e di Intesa Sanpaolo S.p.A.;
ciò dimostra in primo luogo che il compendio ceduto a RAGIONE_SOCIALE non era in grado di svolgere autonomamente, con i propri mezzi funzionali ed organizzativi, l’attività di sollecito e di recupero dei crediti in sofferenza, né era in grado di offrire sul mercato ad una platea indistinta di potenziali clienti quello specifico servizio;
ulteriore e decisivo elemento sintomatico del difetto di autonomia funzionale sta nel fatto che, successivamente alle integrazioni, il compendio ceduto non ha espresso alcuna autonomia funzionale, dal momento che RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE (già Tersia S.p.A.) deve continuamente relazionarsi con la struttura, rimasta in Intesa Sanpaolo S.p.A. , denominata ‘ workout management & administration ‘;
la dipendenza funzionale da quest’ultima struttura è dimostrata anche da profili che non attengono alla titolarità dei crediti (rimasta in capo alla cedente), ma sono connaturati all’attività di recupero dei crediti, come la nomina dei legali esterni, l’affidamento delle perizie sui beni oggetto di leasing, il pagamento del compenso agli outsourcer incaricati del recupero materiale dei beni mobili, la scelta del canale di vendita dei beni recuperati;
le società appellanti non contestano queste circostanze di fatto, ma le ritengono inevitabile conseguenza del fatto che Intesa Sanpaolo Provis S.p.A. ha conservato la titolarità dei crediti, con conseguente necessità di un presidio amministrativo-giuridico di controllo;
questa tesi non può essere condivisa, poiché la scelta strategica di Intesa di non trasferire la titolarità degli asset, se pure insindacabile, non può comportare una violazione dell’art. 2112 c.c. norma inderogabile; quindi se per effetto di tale scelta strategica il compendio trasferito risulti in concreto privo di autonomia funzionale (poiché tutti i poteri decisionali sono allocati al di fuori), la concreta fattispecie non rispetta quella astratta delineata dalla norma;
difetta altresì il requisito della preesistenza, posto che non state trasferite tutte le attività di Intesa Sanpaolo Provis S.p.A., perché le attività di supporto amministrativo e di supporto operativo non sono state cedute ad RAGIONE_SOCIALE, bensì affidate in service ad un’apposita struttura costituita presso Intesa Sanpaolo S.p.A. (‘workout management & administration’);
neppure l’attività di recupero e gestione dei crediti è stata ceduta nella sua interezza, essendo rimasti esclusi alcune specifiche categorie di crediti (quelli verso dipendenti del gruppo, quelli verso partiti politici, quelli in relazione ai quali sia in corso un’indagine penale) e quanto agli altri, nel contratto di servicing del 30/11/2018 è espressamente prevista la facoltà di Intesa Sanpaolo Provis S.p.A. di escludere dal trasferimento una quota fino al 10% anno di quelli classificati come ‘in sofferenza’ dopo il 30/11/2018;
ebbene, nonostante che l’attività non sia stata trasferita integralmente, invece tutti i dipendenti di Intesa Sanpaolo Provis S.p.A. sono stati trasferiti alla cessionaria;
la cedente ha altresì riconosciuto che 6 dipendenti (fra cui il sig. NOME COGNOME) sui 63 ceduti non erano addetti al ramo trasferito, sicché è da escludere anche la sussistenza di un trasferimento di ramo d’azienda c.d. dematerializzato, poiché difetta il know how omogeneo e specifico dei dipendenti;
da tutto ciò si evince che la struttura ceduta è stata creata ad hoc in occasione del trasferimento e dunque è priva del requisito della preesistenza, come enucleato dalla Corte di Cassazione e dalla Corte di Giustizia UE.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- COGNOME NOME e gli altri indicati in epigrafe hanno resistito con controricorso.
6.- Avverso la stessa sentenza anche Intesa Sanpaolo spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
7.- COGNOME Massimo e gli altri indicati in epigrafe hanno resistito con altro controricorso anche al ricorso successivo
8.Tutte le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale e poi per la pubblica udienza.
9.All’udienza il P.G. ha concluso per il rigetto dei due ricorsi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
RICORSO DI RAGIONE_SOCIALE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2112 c.c. in relazione al requisito dell’autonomia funzionale. In particolare addebita alla Corte d’Appello :
di avere escluso la riconducibilità alla norma dei rami d’azienda aventi natura dematerializzata e
di aver preteso che il ramo d’azienda ceduto conservi tutte le caratteristiche, nella loro interezza, dell’azienda di provenienza.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2112 c.c. in relazione al requisito della preesistenza. In particolare addebita alla Corte d’Appello di aver preteso che il ramo ceduto fosse identico ad uno precedente, mentre è sufficiente che vi sia una sostanziale identità.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione -sono infondati.
Con riguardo alla censura s ub a), contrariamente all’assunto della ricorrente, la Corte territoriale ha riconosciuto legittima anche una cessione di ramo dematerializzato d’azienda, ma alla condizione che il gruppo di dipendenti ceduti esprima una professionalità omogenea e coesa mediante uno specifico e peculiare know how . In concreto, tuttavia, a seguito di un accertamento di fatto -congruamente motivato e quindi sottratto al sindacato di legittimità -i giudici d’appello hanno escluso che ciò sussistesse, evidenziando sia che la stessa società cedente aveva riconosciuto che almeno 6 dei 63 dipendenti ceduti non appartenevano al ramo ceduto, sia che gli altri appartenevano sì al ramo ceduto, che tuttavia era stato trasferito non nella sua interezza (comprensivo delle funzioni ‘supporto amministrativo’ e ‘supporto operativo’) ma solo in parte (ossia con esclusione di quelle due funzioni di staff ). Entrambe queste circostanze sono state ritenute tali da escludere la possibilità di individuare un comune know how necessario pe r configurare un ramo d’azienda dematerializzato.
Trattasi di un convincimento conforme a diritto, non essendovi stato alcun errore di sussunzione.
Con riguardo alla censura sub b) va ricordato il pacifico orientamento di questa Corte, secondo cui il ramo d’azienda rilevante ex art. 2112 c.c. deve pur sempre rispettare la nozione di impresa e pertanto deve pur sempre avere quell’autonomia funzionale idonea a consentire lo svolgimento ex se dell’attività imprenditoriale (nella nozione data dall’art. 2082 c.c.) sul mercato, quindi anche verso terzi, e non solo verso la cedente. In particolare questa Corte ha affermato che ai fini del trasferimento di ramo d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall’art. 32 d.lgs. n. 276/2003, rappresenta elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere -autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione. L’elemento costitutivo dell’autonomia funzionale va quindi letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza, e ciò anche in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo la quale l’impiego del termine “conservi” nell’art. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva 2001/23/CE, “implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento” (sentenza 6 marzo 2014, C-458/12; sentenza 13 giugno 2019, C-664/2017) (Cass. n. 22249/2021). In definitiva, il ramo ceduto deve essere in grado di svolgere attività di impresa indipendentemente dall’eventuale contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato fra cedente e cessionaria (Cass. n. 19034/2017: in quel giudizio questa Corte ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto integrato il trasferimento di ramo d’azienda nel caso di cessione di un call center , benché per la realizzazione dell ‘ attività ceduta fosse necessaria una continua interazione con programmi informatici rimasti nella proprietà esclusiva della cedente; nello stesso senso Cass. n. 11247/2016).
La Corte territoriale ha fatto buon governo di tale orientamento, poiché
ha verificato che in concreto, dopo la cessione del ramo d’azienda, l’attività della cessionaria era rimasta indissolubilmente legata, in termini di vera e propria dipendenza funzionale, ad alcune attività rimaste alla cedente. Ne consegue la conformità a diritto della ritenuta esclusione della sussistenza della fattispecie disciplinata dal l’art. 2112 c.c.
2.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di pronunziarsi sul motivo di gravame, da essa proposto, relativo all’esistenza di un mandato di gestione conferito ad RAGIONE_SOCIALE, mandato che giustificava sia le interazioni fra cedente e cessionaria, sia la persistenza della titolarità dei crediti, da recuperare, in capo alla cedente.
Il motivo è infondato.
A pag. 11 della sentenza impugnata la Corte d’Appello dà atto che RAGIONE_SOCIALE con il terzo motivo di appello, aveva lamentato la mancata considerazione del mandato di gestione dei crediti, da cui -secondo la tesi difensiva della società appellante -erano derivate quelle interazioni fra cedente e cessionaria, a suo dire considerate erroneamente dal Tribunale ostative ad una legittima cessione di ramo d’azienda ed invece del tutto irrilevanti, proprio perché giustificate da quel mandato di gestione.
Nello sviluppo della motivazione i giudici d’appello hanno preso in considerazione quel motivo e lo hanno rigettato sia pure implicitamente. Hanno infatti affermato che ‘ la dipendenza funzionale del compendio ceduto non è limitata ai profili dell’attività di recupero connessi alla titolarità dei crediti in sofferenza (quali, ad esempio, le decisioni in merito ad accordi transattivi) o alla loro gestione amministrativa (attività, questa, non inclusa nella cessione), ma riguarda anche l’operatività ordinaria (nomina dei legali e dei perit i, scelta dei canali di vendita dei beni etc.) dell’attività di gestione e recupero strettamente intesa ‘ (v. sentenza impugnata, p. 17). In tal senso la Corte territoriale ha ritenuto -in modo conforme a diritto -che il mandato di gestione fosse irrilevante, atteso che non avrebbe mai potuto determinare una deroga al requisito dell’autonomia funzionale, invece indefettibile ai fini della legittimità della cessione del ramo d’azienda ex art. 2112 c.c.
Dunque l’omessa pronunzia su un motivo di appello non sussiste .
RICORSO DI RAGIONE_SOCIALE
3.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4), c.p.c. a causa della motivazione solo apparente in ordine a punti decisivi della controversia.
In particolare la ricorrente censura la decisione impugnata, laddove la Corte territoriale:
ha ritenuto insussistente il requisito dell’autonomia funzionale del ramo ceduto, affermando che ‘ lo svolgimento dell’attività è stato possibile solo grazie agli apporti determinanti dei contratti di servicing e di locazione … attraverso i quali la cessionaria ha acquisito gli strumenti essenziali per poter essere operativa ‘ (p. 16), riprendendo dunque passi della motivazione della sentenza di primo grado, senza alcuna motivazione relativa al motivo di appello, con cui RAGIONE_SOCIALE aveva evidenziato come i contratti a titolo oneroso di servicing avessero ad oggetto attività estranee e indipendenti rispetto alla gestione del recupero crediti, sicché non potevano avere alcuna rilevanza ai fini dell’accertamento dell’autonomia funzionale del ramo ceduto (v. ricorso d’appello, pp – 57-59), anche perché prima della cessione i servizi oggetto di quei contratti erano forniti a ISP Provis da ISP e da ISGS mediante contratti analoghi a quelli poi stipulati con RAGIONE_SOCIALE, circostanza dedotta e da ritenersi pacifica;
ha ritenuto insussistente il requisito della preesistenza del ramo trasferito in quanto ‘ oggetto del trasferimento non è stata l’intera attività svolta da Intesa Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE, poiché ‘ le attività di tipo amministrativo (presso la cedente svolte dalle funzioni Supporto Amministrativo e Supporto Operativo) non sono state cedute ad RAGIONE_SOCIALE ma affidate in service alla struttura Workout Management & Administration costituita presso Intesa Sanpaolo spa RAGIONE_SOCIALE (p. 17) riprendendo anche in tal caso passi della motivazione della sentenza di primo grado, senza alcuna motivazione relativa al motivo di appello, con cui RAGIONE_SOCIALE aveva evidenziato che i predetti due uffici si occupavano di attività di tipo amministrativo e non
recuperatorio, in parte connesse alla gestione finanziaria della società e in parte di competenza del titolare del credito, sicché non potevano essere affidate ad RAGIONE_SOCIALE in quanto estranee al ramo ceduto, che si occupa soltanto di attività recuperatoria (v. ricorso d’appello, pp. 43 -44);
ha ritenuto insussistente il requisito della preesistenza del ramo trasferito in quanto ‘ neppure l’attività di recupero e gestione dei crediti è stata ceduta nella sua interezza ‘, poiché il contratto di servicing prevede che ISP Provis ‘ possa escludere dal trasferimento una quota fino al 10% annuo dei nuovi flussi di posizioni classificate a sofferenza dopo il 30 novembre 2018 ‘ (v. p. 17), riprendendo anche in tal caso passi della motivazione della sentenza di primo grado, senza alcuna motivazione relativa al motivo di appello, con cui ISP Provis aveva evidenziato che ai fini dell’accertamento del requisito della preesistenza occorre verificare se al momento del trasferimento vi fosse una struttura organizzativa autonoma, stabilmente dedicata allo svolgimento di una determinata attività economica (il recupero dei crediti a sofferenza derivanti da operazioni di leasing), senza che possa aver peso il volume di attività affidato a tale struttura, dovendo accertarsi solo se essa abbia conservato la propria identità con il trasferimento, a prescindere dalla quantità di attività svolta, che può dipendere da fattori più disparati, comunque estranei alla cessione del ramo (v. ricorso d’appello pp. 72 -74).
Il motivo è infondato.
L’onere motivazionale può essere assolto anche mediante la condivisione delle valutazioni e del convincimento espressi dal Tribunale, sia pure attraverso il filtro dei motivi di gravame. Questi, tuttavia, ben possono essere rigettati proprio mediante quella tecnica motivazionale, senza dubbio legittima, qualora -come nella specie -il giudice del gravame abbia spiegato le ragioni di condivisione della decisione di primo grado.
Infine, nell’economia della sentenza d’appello la locazione dell’immobile è stata evidentemente considerata un dato neutro in quanto compatibile con entrambe le soluzioni astrattamente prospettabili.
4.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3),
c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2112 c.c. per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza del requisito dell’autonomia funzionale, attribuendo rilievo ai contratti di servizi (aventi ad oggetto amministrazione del personale, logistica, gestione degli immobili, servizio postale) e alla locazione di alcuni immobili, che invece sono del tutto irrilevanti ai fini di quel requisito. Assume, infatti, che i contratti di servizio hanno ad oggetto servizi accessori e strumentali rispetto all’attività economica ceduta (gestione del recupero crediti per conto di terzi), tanto è vero che anche la cedente RAGIONE_SOCIALE, prima della cessione, acquisiva i medesimi servizi da RAGIONE_SOCIALE o da altre società del gruppo Intesa, come documentato con il doc. 4 fasc. primo grado. Deduce, quindi, che la stipula di tali contratti conferma la continuità dell’organizzazione fra le situazioni anteriore e successiva alla cessione del ramo aziendale.
Aggiunge che, quanto ai contratti di locazione di alcuni immobili, questi erano di proprietà di ISP e non della cedente Provis per cui mai sarebbero potuti rientrare nel complesso aziendale ceduto e quindi RAGIONE_SOCIALE avrebbe comunque dovuto prendere in locazione immobili dove svolgere la sua attività e li ha presi da ISP ma ben poteva prenderli da terzi.
Lamenta, altresì, che la Corte territoriale abbia ritenuto ostativo ad una legittima cessione di ramo d’azienda il fatto che gli applicativi informatici (il software) sia rimasto di proprietà della cedente. Al riguardo deduce che ai fini dell’art. 2112 c.c., nella nozione elaborata dalla giurisprudenza comunitaria, ciò che rileva non è la proprietà dei mezzi di produzione, bensì la loro disponibilità giuridica, che ben può essere acquisita presso terzi o anche presso la stessa cedente, a condizione che tale disponibilità sia garantita in modo sufficiente mediante convenzioni o contratti e non dipenda invece da scelte economiche unilaterali del terzo (CGUE 13/06/2019 c-664/17; CGUE 07/08/2018 c-472/16).
Lamenta, ancora, che la Corte territoriale abbia ritenuto ostativo ad una legittima cessione di ramo d’azienda il mancato passaggio della ‘ titolarità dei crediti in sofferenza e degli asset oggetto delle operazioni di leasing ‘ cui quei crediti si riferiscono (v. p. 15). Al riguardo deduce che la Corte territoriale non ha considerato che il ramo d’azienda ceduto esercitava la specifica attività di gestione di crediti a sofferenza per conto terzi, ossia
un’attività che postula necessariamente la permanenza della titolarità del credito ad un soggetto diverso dal gestore. Assume che trattasi di attività lecita, in quanto espressamente prevista dall’art. 115 TULPS (secondo cui ‘le attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi sono soggette a licenza del questore’). Conclude pertanto nel senso che il fatto che RAGIONE_SOCIALE sia rimasta titolare dei crediti, lungi da limitare o escludere l’autonomia funzionale del ramo ceduto, costituisce proprio il necessario presupposto per lo svolgimento dell’attività gestoria da parte di RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è infondato.
Come sopra si è detto, nell’economia motivazionale della sentenza impugnata la locazione di immobili è stata considerata del tutto irrilevante perché dato neutro, ossia non significativo né in un senso né nell’altro; la disponibilità degli applicativi informatici è stata invece considerata un forte elemento indiziario dell’insussistenza dell’autonomia funzionale; infine i l mantenimento della titolarità dei crediti in capo alla cedente, non è stato ritenuto decisivo, ma solo un elemento di completamento, confermativo del convincimento aliunde acquisito.
Con riguardo poi al passaggio di 6 dipendenti su 63, che non erano addetti al ramo ceduto, il motivo è inammissibile, perché sollecita a questa Corte una diversa valutazione in fatto del ‘peso’ d i quei 6 dipendenti rispetto agli altri 57, che la Corte territoriale ha ritenuto tale -con un accertamento di fatto, insindacabile in questa sede poiché congruamente motivato -da inficiare la configurabilità di una cessione di ramo d’azienda dematerializzato.
Anche la valutazione relativa ai contratti di servizio è stata conseguente ad un accertamento in fatto e prettamente in concreto, perché la Corte territoriale ha ritenuto che quei servizi avessero un rilievo essenziale per consentire lo svolgimento dell’attività economica principale (la gestione del recupero crediti per conto di terzi). Nell’ambito di questo accertamento di fatto, il dato fattuale della esistenza di tali contratti di servizio anche prima della cessione, a suo tempo stipulati con ISP Provis, non rileva. L’accertamento del carattere essenziale di questi servizi implica inevitabilmente che l’attività economica della gestione del recupero crediti derivanti da operazioni di leasing presso la cedente non aveva
quell’autonomia sufficiente a poter integrare un ‘ramo d’azienda’ cedibile ai sensi dell’art. 2112 c.c.
5.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2112 c.c. per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza del requisito della preesistenza a causa del fatto che alcune funzioni (supporto amministrativo e supporto operativo) non erano state cedute, bensì affidate ad apposta struttura presso Intesa Sanpaolo spa ( workout management & administration ).
Il motivo è infondato in conseguenza del rigetto del secondo: la mancanza dell’autonomia funzionale rende irrilevante e comunque non configurabile l’ulteriore requisito della preesistenza, essenziale ai fini dell’integrazione della fattispecie disciplinata dall’art. 2112 c.c.
6.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi; condanna ciascuna società ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 12.000,00 in favore di COGNOME NOME e gli altri e in euro 5.500,00 in favore di COGNOME NOME
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in