Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15740 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15740 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10261/2022 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME.
ricorrente – controricorrente incidentale contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME , elett. dom.ti in INDIRIZZO Roma, presso AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrenti -ricorrenti incidentali nonché
NOME COGNOME, elett. dom.to in INDIRIZZO, presso AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Bologna n. 858/2021 pubblicata in data 02/11/2021, n.r.g. 46/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 27/03/2024 dal
OGGETTO:
cessione di azienda – revoca autorizzazione alla cedente -irrilevanza -rimodulazione inquadramento – fattispecie a formazione progressiva
Consigliere dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.- I lavoratori indicati in epigrafe adivano il Tribunale di Forlì per ottenere l’accertamento dell’avvenuto trasferimento d’azienda e RAGIONE_SOCIALE continuità del loro rapporto di lavoro ex art. 2112 c.c. alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE odierna ricorrente, cessionar ia d’azienda, previa declaratoria di nullità dell’accordo sindacale del 06/06/2015 e degli accordi individuali stipulati in sede assistita.
Chiedevano altresì l’accertamento del loro diritto a determinati inquadramenti in livelli superiori a quelli formalmente posseduti, in virtù delle promesse contenute nelle intese sindacali del 18/02/2013, del 10/06/2013 e del 06/06/2015 relative alla rimodulazione degli inquadramenti, nonché la condanna RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle conseguenti differenze retributive; infine la condanna RAGIONE_SOCIALE banca cessionaria a ripristinare le condizioni normative e retributive da loro godute presso la pregressa datrice di lavoro che aveva ceduto l’azienda e quindi la condanna generica al pagamento delle conseguenti differenze retributive decorrenti dalla data RAGIONE_SOCIALE cessione di azienda.
2.- Nel contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale accoglieva integralmente le domande di COGNOME NOME, mentre per gli altri ricorrenti le accoglieva in parte, rigettando quelle relative all’asserito diritto all’inquadramento nel superiore livello e alle conseguenti differenze retributive.
3.La Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e quello incidentale dei lavoratori (escluso il COGNOME) volto ad ottenere l’accoglimento delle domande relative al diritto all’inquadrament o nel superiore livello e alle conseguenti differenze retributive.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno RAGIONE_SOCIALE sua decisione la Corte territoriale affermava:
come esattamente ritenuto dal Tribunale, il termine di decadenza di cui all’art. 32, co. 4, L. n. 183/2010, non trova applicazione nel caso in cui i lavoratori non contestino la cessione d’azienda, ma al contrario reclamino il diritto ad essere ricompresi nell’ambito dell’azienda ceduta e quindi alla prosecuzione del loro rapporto di lavoro con il cessionario (Cass. n. 28750/2019);
nel caso concreto trova applicazione l’art. 2112 c.c., su cui si rinvia ai precedenti di questa Corte nn. 745/2018 e 1073/2018;
inoltre va considerato che vi è stata la cessione di ogni attività e passività nonché il passaggio del relativo personale;
non sono state contestate le circostanze di fatto dedotte in ricorso circa l’invarianza degli immobili strumentali e degli assetti organizzativi;
nella missiva informativa del 20/07/2015 (doc. 16 RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE appellante) si legge che con effetto dal 18/07/2015 sono passati alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 183 prestatori di lavoro;
non rileva la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria in capo alla cedente, in quanto tale atto non è idoneo a privare il predetto coacervo, reale e personale, RAGIONE_SOCIALE sua autonomia e idoneità funzionale e tenuto conto che la cessionaria era incontestabilmente provvista del titolo abilitante;
l’accordo sindacale del 06/06/2015 richiama espressamente l’art. 22, parte terza, ccnl 21/12/2012 e non anche la parte seconda, quest’ultima riferita al trasferimento d’azienda;
ne consegue che il predetto accordo non può essere qualificato come un accordo derogatorio dell’art. 2112 c.c. ex art. 47, commi 4 bis e 5, L. n. 428/1990;
in tal senso milita anche la mancata partecipazione RAGIONE_SOCIALE parte cessionaria, nonché il richiamo alla cessione del contratto individuale di lavoro ex art. 1406 c.c. e non quella RAGIONE_SOCIALE cessione d’azienda;
tutto ciò rende superflua quella parte RAGIONE_SOCIALE motivazione del Tribunale, con cui si è evidenziata la mancata sottoscrizione del predetto accordo sindacale da parte dell’associazione sindacale cui sono iscritti i lavoratori appellati;
infondato è anche il motivo incentrato sull’art. 8 d.l. n. 138/2011, che riguarda gli accordi aziendali derogatori ed è quindi norma di stretta interpretazione e nel suo ambito applicativo non vi rientra la materia del trasferimento d’azienda;
infondato è infine l’ultimo motivo di appello relativo all’asserita validità degli accordi individuali in quanto stipulati in sede assistita, atteso che l’art. 2113 c.c. si riferisce ai diritti di natura retributiva e risarcitoria
derivanti dalla lesione di diritti del lavoratore, ma non comprende anche gli atti dismissivi di quei diritti, che restano assoggettati al più rigoroso regime RAGIONE_SOCIALE nullità (Cass. n. 2360/2006), azione che resta esperibile (Cass. n. 11107/2002);
inoltre nel caso in esame gli accordi individuali non presuppongono un già avvenuto trasferimento d’azienda, con eventuale rinunzia ai diritti derivanti dal predetto trasferimento, in quanto -diversamente -essi contengono una cessione del contratto individuale di lavoro con reformatio in peius del trattamento normativo e retributivo, con finalità quindi elusiva dell’art. 2112 c.c.;
ne consegue la nullità di tali accordi, sia perché in contrasto con norma imperativa, sia per l’inesistenza di un diritto già entrato nel patrimonio dei dipendenti e quindi di un oggetto attuale;
quanto agli inquadramenti, nel verbale di incontro del 06/06/2015 si legge che la disciplina degli inquadramenti aveva effetto dall’01/07/2015 e nell’allegato verbale è incluso anche il sig. COGNOME, quadro direttivo primo livello retributivo, sicché -come esattamente ritenuto dal Tribunale -si trattava di una fattispecie costitutiva perfetta del diritto fatto valere, di cui era indicata anche la specifica decorrenza;
non rileva che si trattasse di contratto a favore di terzo, perché comunque con la sua domanda giudiziale il sig. COGNOME avrebbe comunque dichiarato di volerne profittare;
quanto alla domanda di ripristino delle condizioni economiche e normative originarie, a sentenza di condanna generica è ammissibile nel nostro ordinamento e così è stata chiesta;
non è stata contestata l’avvenuta reformatio in peius di quelle condizioni;
l’appello incidentale degli altri lavoratori relativamente all’inquadramento è infondato, atteso che dal doc. 11 si evince che la commissione sugli inquadramenti, esaurito l’esame delle posizioni, aveva stabilito di formulare una proposta al RAGIONE_SOCIALE per realizzare i nuovi inquadramenti professionali; l’atto terminale del Cda non è intervenuto;
quella nota RAGIONE_SOCIALE commissione sugli inquadramenti è solo una parte istruttoria ed endoprocedimentale rispetto a quello che sarebbe dovuto
essere l’atto terminale del RAGIONE_SOCIALE, negozio pacificamente non intervenuto, sicché la fattispecie costitutiva non si è perfezionata.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
5.- COGNOME NOME e gli altri indicati in epigrafe hanno resistito con controricorso e, ad esclusione di COGNOME NOME, hanno a loro volta proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.
6.- La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.
7.- I controricorrenti e i ricorrenti incidentali hanno depositato memoria.
8.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
RICORSO PRINCIPALE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 32, co. 4, lett. c) e d), L. n. 183/2010 per avere la Corte territoriale escluso l’applicabilità del termine di decadenza ivi previsto.
Il motivo è infondato, in quanto la sentenza d’appello ha deciso la predetta questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento .
In particolare, questa Corte ha già affermato che ‘ In tema di trasferimento d’azienda, l’azione del lavoratore volta all’accertamento dell’operatività RAGIONE_SOCIALE disciplina dell’art. 2112 c.c. non richiede l’impugnativa stragiudiziale di cui all’art. 32, comma 4, lett. c, RAGIONE_SOCIALE l. n. 183 del 2010, riferendosi quest’ultima ai soli provvedimenti datoriali dei quali il lavoratore intenda contestare la legittimità ‘ ( ex multis Cass. ord. n. 41463/2021; Cass. n. 28750/2019; Cass. n. 13648/2019).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 115 c.p.c., 2697 e 2112 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto sussistenti gli estremi di un trasferimento d’azienda.
Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. ord. n. 28838/2022), ‘ … in tema di trasferimento di ramo d’azienda, deve sottolinearsi che la verifica RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti dell’autonomia
funzionale e RAGIONE_SOCIALE preesistenza, rilevanti ai sensi dell’art. 2112, comma 5, c.c., integra un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile per cassazione alla stregua dell’art. 360, n. 3, c.p.c., laddove alla fattispecie, così come accertata dal giudice di merito, sia stata applicata una norma dettata per disciplinare ipotesi diverse (cd. vizio di sussunzione), ovvero sulla base dell’art. 360, n. 5, c.p.c., nell’ipotesi in cui sia stato omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, la cui esistenza risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza o dagli atti processuali e che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Cass. n. 7634/2021). … Nella fattispecie, invece, i giudici del merito con un accertamento adeguatamente motivato ed esente dai vizi di cui alla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 cpc, hanno ritenuto che era stato perfezionato un trasferimento di azienda (riguardante tutti i beni, mobili ed immobili (11 filiali) che costituivano il patrimonio RAGIONE_SOCIALE cedente, tutti i rapporti giuridici con esclusione solo dei crediti deteriorati e tutti i rapporti di lavoro) … A fronte di tale ricostruzione, parte ricorrente si è limitata a criticare l’accertamento compiuto in sede di merito, contrapponendo, invece, unicamente una diversa ricostruzione RAGIONE_SOCIALE vicenda che però, per quanto sopra detto, non può essere rivalutata in sede di legittimità ‘.
Inoltre la ricorrente si è limitata a censurare gli elementi di fatto utilizzati da altra sentenza d’appello (n. 1073/2018) richiamata per relationem (ex art. 118 disp.att.c.p.c.) nella decisione in questa sede impugnata, ma non ha articolato alcuna censura avverso gli ulteriori elementi di convincimento addotti, ritenuti significativi (v. supra, sub b), c), d), e), f)), che integrano un’autonoma ratio decidendi , idonea come tale a giustificare ed a sorreggere la decisione d’appello .
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2112 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto irrilevante la circostanza dell’avvenuta revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria in capo al precedente istituto di credito, invece -a suo dire -rilevante ai fini del riconoscimento dell’autonomia dell’azienda, quale requisito necessario per l’applicazione dell’art. 2112 c.c.
Il motivo è infondato.
Va infatti evidenziato che l’autorizzazione bancaria attiene all’idoneità del
soggetto -in quanto dotato di determinati requisiti necessari per lo svolgimento di una determinata attività (nella specie bancaria) -e non dell’azienda . L’autorizzazione allo svolgimento dell’attività bancaria e più in generale creditizia non attiene dunque all’autonomia aziendale rilevante ex art. 2112 c.c., atteso che -come tutte le autorizzazione amministrative -non può essere oggetto di cessione o di trasferimento. Il soggetto che acquista il compendio da un istituto di credito, infatti, non acquista (né può acquistare) anche la relativa autorizzazione, in quanto deve munirsene di una propria, ai sensi dell’art. 14 t.u.b. (d.lgs. n. 385/1993). La funzione del procedimento autorizzatorio è quella di permettere alla RAGIONE_SOCIALE Centrale Europea, di concerto con la RAGIONE_SOCIALE d’Italia, di verificare sotto il profilo tecnico, economico e finanziario, la sussistenza di tutti i requisiti e le condizioni richiesti per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE predetta attività, nonché di imporre specifiche prescrizioni tecnico-finanziarie, a tutela di tutti coloro che verranno in contatto con l’impresa bancaria , come i correntisti, i risparmiatori, gli investitori, gli azionisti, gli obbligazionisti, i creditori etc. (regolamento UE n. 1024/2013).
Dunque, in ragione di questa complessa funzione del procedimento autorizzatorio, il relativo titolo abilitante (che ne costituisce il provvedimento amministrativo conclusivo) non è suscettibile di trasferimento. Ne consegue che -contrariamente all’assunto RAGIONE_SOCIALE ricorrente esso non può essere considerato un ‘bene immateriale’ necessario dell’azienda bancaria, né un elemento costitutivo dell’entità autonoma economicamente orga nizzata. Dunque esattamente la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la circostanza dell’avvenuta revoca di quell’autorizzazione in capo alla cedente (RAGIONE_SOCIALE Romagna Cooperativa, posta in liquidazione coatta amministrativa), non idonea ad escludere la sussistenza di un trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c. (Cass. n. 4010/1998; Cass. n. 3911/2001; Cass. n. 14755/2009).
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 47, L. n. 428/1990 e 22 CCNL 21/12/2012 per avere la Corte territoriale ritenuto che l’accordo sindacale del 06/06/2015 non fosse fra quelli ‘derogatori’ dell’art. 2112 c.c., previsti dall’art. 47 L. cit.
Il motivo è inammissibile, in quanto volto a sollecitare a questa Corte una diversa interpretazione del citato accordo sindacale (pur a prescindere dalla
sua anteriorità rispetto al decreto ministeriale di liquidazione coatta amministrativa RAGIONE_SOCIALE cedente, intervenuto soltanto in data 15/07/2015: v. ricorso per cassazione, pp. 15-16). Trattasi di attività riservata al giudice di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità laddove adeguatamente motivata, come nella specie. Restano ovviamente salvi eventuali vizi di violazione delle norme che regolano l’ermeneutica contrat tuale (art. 1362 ss. c.c.), nella specie non prospettati.
In ogni caso la Corte territoriale ha escluso che quello del 06/06/2015 potesse essere un accordo derogatorio ai sensi dell’art. 47 L. cit. per la decisiva ragione RAGIONE_SOCIALE mancata partecipazione RAGIONE_SOCIALE cedente (v. supra sub i)).
5.Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 8, co. 1, L. n. 148/2011 per avere la Corte territoriale escluso dall’ambito applicativo RAGIONE_SOCIALE predetta norma l’accordo sindacale del 06/06/2015.
Il motivo è inammissibile, in quanto non investe una delle autonome rationes decidendi al riguardo spese dalla Corte territoriale, secondo cui l’art. 8 L. cit. è norma che consente ad un accordo sindacale di derogare anche a norme primarie, sicché è di stretta interpretazione, con la conseguenza per cui la mancata previsione del ‘trasferimento d’azienda’ fra le materie suscettibili di tale accordo esclude l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE norma predetta.
6.Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 2113 e 1406 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuti nulli gli accordi individuali di conciliazione.
Il motivo resta assorbito dall’esito degli altri: una volta affermata dalla Corte di merito la sussistenza di un trasferimento d’azienda, imperativamente disciplinato dall’art. 2112 c.c., e una volta esclusa la sussistenza di un accordo derogatorio ai sens i dell’art. 47, co. 5, L. n. 428/1990, la inevitabile conseguenza è la nullità degli accordi individuali, anche se stipulati in sede ‘protetta’, in quanto aventi ad oggetto diritti futuri e un contenuto contrario alla norma imperativa dell’art. 2112 c.c.
7.Con il settimo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1411 c.c. per avere la Corte territoriale qualificato come contratto a favore di terzo l’intesa sugli inquadramenti del 06/06/2015 e per avere in tal modo
confermato l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda del COGNOME.
Il motivo è inammissibile, perché sollecita a questa Corte un diverso apprezzamento e una diversa interpretazione di quell’intesa (v. ricorso per cassazione, p. 29), attività riservate al giudice di merito. Né sono state sollevate censure di violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362 ss. c.c.).
RICORSO INCIDENTALE
1.Con il primo motivo i ricorrenti incidentali lamentano il ‘difetto del minimo costituzionale di motivazione’ di cui all’art. 111, co. 6, Cost. e 118 disp.att.c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso ogni argomentazione volta a confutare i motivi di appello incidentale.
Il motivo è infondato.
Sia pure in forma estremamente sintetica, la Corte territoriale ha ritenuto che quelle intese sindacali prevedessero per tutti i lavoratori genericamente indicati (ad eccezione del COGNOME) un programma di verifica finalizzato alla rimodulazione di inquadramenti, il tutto tradottosi in una proposta formulata al Cda, ferma restando la necessità del formale atto di riconoscimento da parte del Cda. Sulla base di questa motivazione ha ritenuto che la fattispecie delineata dalle intese sindacali non si fosse perfezionata, sicché non poteva essere riconosciuto il diritto rivendicato. Dunque, contrariamente all’assunto dei ricorrenti incidentali, una motivazione sussiste ed è ‘sufficiente’ a consentire l’individuazione del percorso logico -giuridico compiuto dai giudici di appello per pervenire a quella decisione.
2.Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali lamentano ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1362 e 1363 c.c. nell’interpretazione offerta dalla Corte territoriale circa l’intesa sindacale del 06/06/2015 e i precedenti verbali di accordo del 18/02/2013 e del 10/06/2013.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, atteso che non viene in alcun modo specificata l’asserita violazione dei criteri ermeneutici invocati, ossia quello RAGIONE_SOCIALE comune intenzione delle parti e quello sistematico.
Il motivo è altresì inammissibile perché si limita a contrapporre una propria interpretazione a quella fatta propria dal Tribunale e condivisa dalla Corte d’appello.
Attesa la reciproca soccombenza, le spese vanno compensate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE sezione lavoro, in data