Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30626 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30626 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2373/2024 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di MESSINA n. 770/2023 depositata il 19/09/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2025 dal Consigliere COGNOME.
FATTO E DIRITTO
1. Su ricorso dell’AVV_NOTAIO, il Giudice di pace di Messina, con decreto n. 1633/15, ingiungeva a NOME COGNOME di corrispondere al COGNOME la somma di euro 1.342,84, oltre interessi e rivalutazione, spese successive e compensi della procedura monitoria. Il decreto ingiuntivo, notificato al debitore in data 16.10.15, veniva dallo stesso opposto, ma l’opposizione veniva dichiarata inammissibile dal Giudice di pace di Messina con sentenza n. 1349/2016, emessa il 27 maggio 2016
Il COGNOME con istanza del 15 giugno 2016 chiedeva pronunciarsi decreto di esecutorietà e, non rinvenendosi nel fascicolo monitorio l’originale del decreto ingiuntivo, esibiva copia conforme con relata di notifica all’ingiunto.
A detta esibizione seguiva provvedimento del Giudice di pace del 16 settembre 2016 e certificazione di Cancelleria del successivo 20 settembre, con erroneo riferimento all’art. 653 (invece che all’art. 654) c.p.c.
Il COGNOME, in data 21 settembre, notificava atto di precetto, che veniva opposto dal COGNOME, che ne eccepiva la nullità, non contenendo lo stesso indicazioni sul provvedimento che aveva disposto la esecutorietà del decreto ingiuntivo; quindi, preso atto dell’errore dell’ufficio, faceva nuova istanza alla quale seguiva nuovo provvedimento del Giudice di pace, che disponeva la esecutorietà del decreto ex art. 654 c.p.c. e l’apposizione di formula esecutiva sulla copia del ricorso e del decreto n. 1633/2016 notificati; infine, in data 17 ottobre preferiva rinunciare all’atto di precetto con atto che veniva notificato il giorno successivo.
Ciò non di meno, in data 19 ottobre il COGNOME iscriveva al ruolo l’opposizione e in data 31 gennaio 2017 si costituiva l’AVV_NOTAIO, chiedendo dichiararsi la carenza di interesse ad agire del COGNOME e comunque la cessazione della materia del contendere.
Il Tribunale di Messina con sentenza n. 1073/2019 dichiarava cessata la materia del contendere e dichiarava compensate tra le parti le spese processuali.
La sentenza del giudice di primo grado veniva impugnata dal COGNOME, ma la corte territoriale con sentenza n. 773/2023 dichiarava la inammissibilità dell’appello.
Avverso detta sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso il COGNOME.
Ha resistito con controricorso il AVV_NOTAIO.
È stata proposta la definizione anticipata del ricorso, ma in data 12 luglio 2024 il COGNOME chiedeva che il ricorso fosse deciso.
Per l’odierna udienza le parti hanno depositato istanza a firma congiunta con la quale chiedono <>, avendo definito in via transattiva ogni controversia con scrittura privata del 10 luglio 2025.
Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore del AVV_NOTAIO ha depositato nota con la quale insiste nella istanza congiunta già in atti.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
Esclusivamente in ragione della documentazione prodotta congiuntamente dalle parti, dopo l’istanza di decisione ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza ad essa seguita, va dichiarata la cessazione della materia del contendere a spese compensate.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U, 11/04/2018, n. 8980) hanno chiarito che, ove nel corso del giudizio di legittimità le parti dichiarino che è intervenuta una definizione della controversia con
un accordo convenzionale e che la materia del contendere è stata da essa regolata, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venire meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo la situazione inquadrabile in una delle tipologie di decisione indicate dagli artt. 382, terzo comma, 383 e 384 cod. proc. civ.
Si è spiegato che la situazione non si presta ad essere incasellata nella tipologia della cassazione senza rinvio di cui al terzo comma dell’art. 382 cod. proc. civ., «in quanto, se è vero che la cessazione della materia del contendere ha l’effetto di rendere non necessaria la prosecuzione del processo ed impone la sua definizione», quella norma allude alla constatazione di una causa che impediva la prosecuzione del processo, di natura anteriore ad essa, verificatasi nei gradi di merito, e non ad un evento sopravvenuto rispetto alla pronuncia della sentenza assoggettata a ricorso per cassazione; neppure la situazione è riconducibile alla formula decisoria dell’art. 384 cod. proc. civ., la quale presuppone che la sentenza venga cassata e, dunque previo scrutinio del ricorso, che invece la cessazione della materia del contendere preclude.
Le Sezioni Unite hanno, inoltre, rilevato che la definizione della lite in esito all’accordo negoziale e, quindi, la conseguente cessazione della materia del contendere, non può neppure considerarsi «come situazione che evidenzia un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta del ricorso», posto che le parti non chiedono un esame dei motivi del ricorso, ma danno atto che sulla controversia devoluta alla Corte è intervenuto un accordo negoziale. Conseguentemente la pronuncia che la Corte è sollecitata ad adottare non può essere una pronuncia di inammissibilità sopravvenuta del ricorso, perché essa lascerebbe in essere la sentenza impugnata, ma piuttosto una pronuncia di cessazione della materia del contendere per intervenuto accordo
negoziale. Tale dichiarazione implica «la constatazione dell’automatica perdita di efficacia della sentenza impugnata, atteso che le parti, regolando con l’accordo negoziale la vicenda, hanno inteso affidare esclusivamente ad esso la sua disciplina, così rinunciando a valersi di detta efficacia» e «il fenomeno che si verifica non è una “cassazione” della sentenza impugnata, bensì l’accertamento che la sua efficacia è venuta meno per effetto dell’accordo negoziale delle parti, perché con esso le parti ne hanno disposto» (Cass., n. 8980/18 cit., in motivazione).
E, nel solco di quanto statuito dalle Sezioni Unite, più di recente, questa Sezione (cfr. Cass. n. 10483/2023) ha ribadito che: <>.
In definitiva, il ricorso viene definito sulla base del seguente principio di diritto:
<>.
Alla luce dei menzionati precedenti ed in conformità della richiesta delle parti, il ricorso deve essere definito con la declaratoria della cessazione della materia del contendere in forza dell’intervento di un accordo negoziale fra le parti: il cui carattere dichiaratamente complessivo implica – conformemente a quanto richiesto – il venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata e la compensazione delle spese.
Come chiarito dalle Sezioni Unite, il giudice dell’impugnazione deve rendere l’attestazione della sussistenza del presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P .R. n. 115 del 2002, quando la pronuncia adottata è inquadrabile nei tipi previsti dalla norma (integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione), mentre non è tenuto a dare atto dell’insussistenza di tale presupposto quando la pronuncia non rientra in alcuna di suddette fattispecie (Cass., sez. U, 20/02/2020, n. 4315), come per l’appunto si verifica nel caso di specie.
P. Q. M.
La Corte:
dichiara cessata la materia del contendere per intervenuto accordo negoziale fra le parti determinativo del venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata;
compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile addì 11 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME