Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21699 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21699 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23902/2021 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv. NOME COGNOME
e NOME COGNOME
-ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE ALDO COGNOME DI BARI, rappresentata e difesa dagli Avv.ti COGNOME e COGNOME
-controricorrente – e contro
AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA RAGIONE_SOCIALE BARI, rappresentata e difesa dall’Avv. COGNOME
-controricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 319/2021 depositata l’8.3.2021, NRG 1913/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2/7/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME, tecnico dell’Università di Bari in servizio presso l’Azienza Ospedaliero Universitaria di quella stessa città, inquadrato dal 19.8.2000 nella categoria C dell’area amministrativa e poi dal 1.7.2002 nella categoria D, ha agito nei confronti di tali enti lamentando che dal 2012 non gli era stata più corrisposta la c.d. indennità COGNOME, di cui all’art. 31 del d.p.r. n. 761 del 1979, per effetto di un lodo intercorso tra il Policlinico e l’Università ed inopponibile ai lavoratori; oltre a ciò, il ricorrente ha chiesto il pagamento degli emolumenti derivanti dalla sua partecipazione ai progetti-obiettivo legati alla produttività collettiva del CCNL; il Tribunale di Bari ha rigettato la domanda sull’indennità di equiparazione, senza pronunciare sull’altra domanda; la Corte d’Appello di Bari, raggiunta dal gravame del lavoratore, ha riformato parzialmente la pronuncia di prime cure; la Corte territoriale dichiarava cessata la materia del contendere quanto al pagamento dell’indennità De NOME, perché ripristinata dal gennaio 2020, con pagamento anche degli arretrati; negava invece l’equiparazione dal 1.7.2002 rispetto alla categoria D, sul presupposto che quest’ultima fosse stata acquisita successivamente alla data di operatività del CCNL 2002-2005, sicché anche il mantenimento ad personam , ai sensi dell’art. 28, co. 6, di quel CCNL, dei trattamenti acquisiti, non poteva che riguardare le posizioni già maturate a quell’epoca e non quell e ottenute con decorrenza successiva; al premio di produttività, del finanziamento di quel beneficio e la positiva verifica dei risultati, infine, la Corte territoriale, rispetto riteneva che avrebbe dovuto dimostrarsi l’esistenza che non erano invece comprovati;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, cui le controparti hanno opposto difese mediante controricorso;
2. è in atti memoria dell’Azienda .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
il primo motivo di ricorso è rubricato nel senso della violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., nonché degli artt. 1 della legge n. 200 del 1974, 4 della legge n. 213 del 1971, 31 del d.p.r. n. 761 del 1979, in combinato disposto con gli artt. 28, co. 6 del CCNL comparto Università del 27.7.2005 e 64, co. 6, del CCNL comparto Università del 16.10.2008;
il motivo sostiene che erroneamente la Corte territoriale aveva fatto riferimento, come data dirimente, a quella di decorrenza del CCNL 2002-2005, mentre decisiva era la data di sottoscrizione di quella contrattazione e dunque il 27.1.2005, da cui decorrevano gli effetti giuridici;
2.
il motivo è fondato;
va intanto disattesa l’eccezione di improcedibilità del motivo di ricorso, sollevata dall’Azienda sul presupposto della mancata produzione integrale del CCNL di interesse;
vale infatti il consolidato principio per cui il contratto collettivo nazionale di lavoro del pubblico impiego è conoscibile ex officio dal giudice, il quale procede con mezzi propri, secondo il principio iura novit curia , al suo reperimento, a prescindere dall’iniziativa di parte, e tanto basta (Cass. 9 marzo 2022, n. 7641);
infondata è anche l’eccezione di inammissibilità formulata sempre dall’Azienda sul presupposto di un « assolutamente intelligibile iter
logico-giuridico seguito dalla Corte di merito », in quanto ciò non toglie che quell’argomentare possa essere giuridicamente errato e giustifichi quindi il ricorso per cassazione;
2.1
come si è detto, oggetto del contendere, è l’indennità di equiparazione ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 761 del 1979, per il personale universitario non medico in servizio presso le aziende ospedaliere, con particolare riferimento al momento di passaggio dall’equiparazione dei trattamenti retributivi, finalizzata ad evitare discriminazioni ai danni del personale universitario, secondo le tabelle di cui al D.I. 9 novembre 1982, all’equiparazione secondo le nuove tabelle introdotte dal CCNL 2002-2005;
al ricorrente, secondo quanto si evince dalla sentenza di appello, sarebbe stata infine riattribuita l’indennità di equiparazione sospesa nel 2012, ma resta contenzioso tra le parti il fatto che essa fosse o meno da calcolare, come pretende il ricorrente, tenuto conto della categoria D a lui attribuita con decorrenza dal 1 luglio 2002;
infatti, ai sensi dell’art. 28, co. 6 del CCNL citato, i trattamenti acquisiti secondo il pregresso sistema vengono mantenuti ad personam fino all’assorbimento, se per effetto delle nuove tabelle sia dovuto un trattamento inferiore ed è evidente che il calcolo di quel trattamento interinale ad personam potrebbe mutare, se esso sia eseguito in relazione ad una categoria superiore già acquisita;
infondata è peraltro l’eccezione di inammissibilità per mutamento del petitum formulata dall’Università perché, come si dirà anche di seguito al punto 4 nel valutare le conclusioni assunte fin dal primo grado, le richieste appaiono essere sempre state quelle di una corretta equiparazione con riferimento all’inquadramento ottenuto nel luglio 2002;
2.2
la Corte d’Appello, come si è parimenti detto, ha ritenuto che per i fini di cui all’art. 28, co. 6 del CCNL dovesse essere valorizzata la
data di decorrenza del CCNL, a cui erano da cristallizzare i trattamenti di riferimento, sicché, essendo a quell’epoca il ricorrente inquadrato in categoria C, era quello il parametro di riferimento;
3.
i dati del CCNL presentano senza alcun dubbio tratti di equivocità; l’art. 1, al comma 2, afferma infatti che esso « decorre dal 1 gennaio 2002 e avrà scadenza il 31 dicembre 2005 »:
sempre l’art. 1, ma al successivo comma 3, stabilisce invece che « gli effetti giuridici decorrono, salvo diversa indicazione contenuta nelle singole norme, dalla data di stipulazione del presente CCNL, che si intende avvenuta al momento della sottoscrizione definitiva da parte dei soggetti negoziali » e quindi dal 27.1.2005;
l’art. 28, co. 6, che contiene la disciplina transitoria e prevede il trattamento ad personam che qui rileva, afferma infine che la salvezza retributiva riguarda « le posizioni giuridiche ed economiche, comunque conseguite », con riferimento « alla data di entrata in vigore del presente CCNL »;
3.1
come si evince dai dati giuridici di fondo degli art. 10 e 11 delle disposizioni sulla legge in generale, senza dubbio da tenere presenti nel ricostruire l’assetto di qualsiasi fonte di diritti ed obblighi, una cosa è l’entrata in vigore della previsione, che concerne il momento in cui la norma diviene efficace e che è naturalmente contestuale o successivo alla data di ultimazione dell’ iter di formazione e/o pubblicazione dell’atto, se prevista come condizione dell’obbligatorietà (art. 10) ed altra cosa è l’eventuale effetto retroattivo della norma stessa;
ciò già induce a ritenere che, anche sul piano terminologico, il rinvio dell’art. 28, co. 6 alla data di entrata in vigore non possa che ave re riguardo alla data di ultimazione della formazione dell’atto, da cui deriva la sua obbligatorietà e quindi al momento dell’ultima
sottoscrizione, che perfeziona l’incontro delle volontà sindacali da cui scaturisce la vincolatività (v. anche, in sostanza, l’art. 47 del d. lgs. n. 165 del 2001);
3.2
la conclusione trova peraltro conforto anche in ulteriori considerazioni;
infatti, l’art. 1, co. 3, del CCNL come si è visto dispone che gli effetti giuridici decorrano dalla data di ‘stipulazione’ del contratto collettivo, che è la data di sottoscrizione di esso, come la norma -già sopra riportata – esplicitamente afferma;
in proposito, se è vero che l’effetto ultimo dell’indennità di equiparazione è di tipo economico, consistendo in una certa misura di retribuzione aggiuntiva, è altrettanto vero che l’operazione complessiva è quella di una collocazione dei lavoratori in certe posizioni, attraverso le pertinenti tabelle, sulla base di valutazioni di corrispondenza che, se attribuiscono i conseguenti trattamenti, hanno tuttavia anche portata giuridica e realizzano una sorta di inquadramento del personale in ragione della situazione ibrida data dall’appartenere esso ad un certo ente e prestare servizio presso un altro ente;
la portata anche giuridica della particolare operazione di inquadramento comporta che, anche in ragione di tale natura, per effetto dell’art. 1, co. 3, cit., la conclusione deve essere nel senso che il momento dirimente rispetto alle posizioni « comunque conseguite » sia quello della data di sottoscrizione del nuovo CCNL;
3.3
tutto ciò, del resto, esplicita sul piano giuridico quanto questa SRAGIONE_SOCIALE ha sempre implicitamente ritenuto, allorquando ha affermato che « dalla data della sottoscrizione di questo contratto (27 gennaio 2005) l’indennità di cui all’art. 31 viene corrisposta sulla base delle nuove corrispondenze indicate dalla tabella » (Cass., S.U., 9 maggio 2016, n. 9279; v. anche Cass. 17 agosto 2018, n. 20771);
4.
da quanto sopra deriva che la sentenza impugnata, avendo in conseguenza della sua errata interpretazione sugli effetti del nuovo CCNL, omesso di valutare l’equiparazione sulla base dell’inquadramento in categoria D già ottenuta dal ricorrente ben prima del momento dirimente (27.1.2005), va cassata, al fine di svolgere le conseguenti corrette valutazioni equiparative, per poi determinare se vi siano ulteriori differenze retributive ancora da corrispondere;
non è qui la sede -lo si dice per rispondere alle osservazioni svolte anche con la memoria dell’Azienda -se sia fondata la tesi principale del ricorrente in ordine ad un’equiparazione secondo il sistema pregresso alla dirigenza, perché comunque la domanda per come risulta dalle conclusioni trascritte riguarda anche una equiparazione diversa, sicché deve appunto verificarsi quale sia l’equiparazione spettante in base a quell’inquadramento e se essa comporti o meno il diritto a differenze retributive;
5.
ciò manda assorbito il secondo motivo con cui il ricorrente -richiamando la violazione e o errata applicazione dell’art. 1 della legge n. 200 del 1974, dell’art. 4 della legge n. 213 del 1971 e del l’art . 31 del d.p.r. n. 761 del 1979 – persegue analoghi effetti sulla base di un diverso ragionamento basato sull’esistenza al 2005 di diritti quesiti intangibili;
6.
il terzo motivo è rubricato come « violazione ai sensi dell’art 2696 c.c.vizio di motivazione. Violazione del principio di ‘vicinanza della prova’ »;
con la censura, il ricorrente lamenta la mancata motivazione della sentenza in ordine al riconoscimento del premio produttività, sottolineando la necessità che, in virtù del principio della vicinanza dell’onere probatorio, dovesse gravare sull’Università la
dimostrazione della mancanza del requisito finanziario richiesto, essendo meno agevole per il lavoratore reperire tale dato;
6.1
il motivo è inammissibile;
la Corte d’Appello ha escluso la spettanza di tale emolumento ritenendo insufficiente la documentazione prodotta dal ricorrente, in quanto inidonea a dimostrare i due requisiti richiesti ai fini della spettanza del diritto in questione, ovverosia la copertura finanziaria del premio e la valutazione positiva in favore del ricorrente rispetto all’attività svolta;
quindi, anche a voler ipotizzare, come si sostiene nel motivo, che non spettasse al ricorrente dimostrare la destinazione di risorse a quel finanziamento, la Corte ha basato la propria decisione anche sulla insufficienza della documentazione prodotta dal ricorrente a dimostrare la valutazione della produttività e dei risultati conseguiti, requisito, insieme al primo richiamato, indefettibile al fine della spettanza del diritto ad ottenere il premio di produttività; vale pertanto il consolidato principio per cui ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. 27 luglio 2017, n. 18641; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753);
7.
in definitiva, va accolto il primo motivo, con assorbimento del secondo e declaratoria di inammissibilità del terzo; alla cassazione della sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto segue il rinvio nei termini di cui al dispositivo che segue.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo ed inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 2.7.2025.