Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4810 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 4810 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20578-2020 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E DEL MERITO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. 20578/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 06/02/2025
CC
– controricorrenti -ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 4596/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/12/2019 R.G.N. 2437/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE:
1. la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame del Ministero dell’Istruzione e del Merito (già MIUR) avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che, in accoglimento delle domande dei controricorrenti in epigrafe, tutti dipendenti MIM, rientranti nell’ area professionale del personale docente, profilo professionale educativo, in servizio presso i Convitti Statali, avevano richiesto accertarsi il loro diritto (per ciascun anno scolastico a decorrere dal 2015) alla c.d. carta elettronica del docente ex art. 1, comma 121, legge n. 107 del 2015;
2. la Corte territoriale ha rilevato, in sintesi, che la disciplina del d.lgs. n. 297 del 1994 inserisce la funzione educativa nell’ambito di quella docente, mentre l’art. 25 del c.c.n.l. 2016-2018 del Comparto S cuola colloca all’interno dell’area del personale docente sia i docenti in senso stretto sia il personale educativo dei convitti e degli educandati femminili, pur differenziando le diverse funzioni; l’equiparazione prevista dalla legge tra gli educatori e i docenti elementari, sia con riferimento allo stato giuridico che il trattamento economico, rendeva quindi evidente la volontà del legislatore di assimilare le due funzioni, anche ai fini di benefici economici non
costituenti «retribuzione accessoria né reddito imponibile», come appunto la «carta docente»;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il MIM sulla base di un unico motivo, al quale i lavoratori hanno resistito con controricorso contenente altresì ricorso incidentale affidato a due motivi illustrati da memoria.
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo di ricorso principale si denuncia «violazione dell’art. 1 legge n. 107/2015, dell’art. 127 c.c.n.l. Comparto scuola, dell’art. 145 r.d. n. 2009/1924, dell’art. 12 Preleggi, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.»;
il MIM addebita, in sostanza, alla Corte territoriale di non avere considerato, incorrendo in evidente «forzatura interpretativa», che la «carta docente» è connessa all’attività didattica cui sono istituzionalmente deputati i soli docenti e a cui sono estranei gli educatori che, differenziandosi per le funzioni esercitate, possono al più «partecipare» al processo di formazione ed educazione ex art. 145 r.d. n. 2009/1924;
né ancora potrebbe estendersi, come erroneamente fatto dalla Corte di merito, il concetto di «trattamento economico» ai sensi dell’ art. 121 d.P.R. n. 417/1974 sino a ricomprendervi qualsiasi beneficio economicamente valutabile, ancorché privo del carattere di voce stipendiale;
il motivo non è fondato alla luce dei precedenti di questa Corte (Sez. L -, Sentenza n.32104 del 31/10/2022; sez. L -, Ord. n. 9894 del 11/04/2024 e Ord. n. 9895 del 11/04/2024; Ord. n. 27872 del 25/09/2024), qui richiamati anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.;
2.1 l ‘art. 1, comma 121, della legge n. 107 del 2015, testualmente recita: «Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile»;
il successivo comma 122 prevede: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’universit à̀ e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalit à̀ di assegnazione e utilizzo della Carta di cui al comma 121, l’importo da
assegnare nell’ambito delle risorse disponibili di cui al comma 123, tenendo conto del sistema pubblico per la gestione dell’identit à̀ digitale, nonch é́ le modalit à̀ per l’erogazione delle agevolazioni e dei benefici collegati alla Carta medesima»;
in attuazione di quanto disposto dal comma 122 è stato adottato il d.P.C .m. 23 settembre 2015, recante ‘modalità di assegnazione e di utilizzo della Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado’, il cui articolo 2, comma 1, è del seguente tenore: «I docenti di ruolo a tempo indeterminato presso le istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, hanno diritto all’assegnazione di una Carta, che è nominativa, personale e non trasferibile»;
2.2 la carta in discorso è attribuita, dunque, al personale docente, nel cui ambito può ben dirsi rientrare quello educativo ad esso assimilato sul piano funzionale dall’art. 395 d.lgs. n. 297 del 1994, rubricato «funzione docente», il quale prevede: «La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità»;
2.3 con specifico riguardo alla posizione del personale educativo, il c.c.n.l. Comparto Scuola 20162018 lo include, infatti, nell’area professionale del personale docente stabilendo, all’art. 25, che «1. Il personale docente ed educativo degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e degli istituti e scuole speciali statali, è collocato nella distinta area professionale del personale docente. 2. Rientrano in tale area i docenti della scuola dell’infanzia; i docenti della
scuola primaria; i docenti della scuola secondaria di 1° grado; i docenti diplomati e laureati della scuola secondaria di 2° grado; il personale educativo dei convitti e degli educandati femminili»;
2.4 il successivo art. 127 aggiunge che «1. Il profilo professionale del personale educativo è costituito da competenze di tipo psicopedagogico, metodologico ed organizzativo-relazionale, tra loro correlate ed integrate, che si sviluppano attraverso la maturazione dell’esperienza educativa e l’attività di studio e di ricerca. 2. Nell’ambito dell’area della funzione docente, la funzione educativa partecipa al processo di formazione e di educazione degli allievi, convittori e semiconvittori, in un quadro coordinato di rapporti e di intese con i docenti delle scuole da essi frequentate e di rispetto dell’autonomia culturale e professionale del personale educativo. 3. La funzione educativa si esplica in una serie articolata di attività che comprendono l’attività educativa vera e propria, le attività ad essa funzionali e le attività aggiuntive»;
2.5 l ‘art. 128 stabilisce, ancora, che «1. L’attività educativa è volta alla promozione dei processi di crescita umana, civile e culturale, nonché di socializzazione degli allievi, convittori e semiconvittori, i quali sono così assistiti e guidati nella loro partecipazione ai vari momenti della vita comune nel convitto od istituzione educativa. La medesima attività è finalizzata anche all’organizzazione degli studi e del tempo libero, delle iniziative culturali, sportive e ricreative, nonché alla definizione delle rispettive metodologie, anche per gli aspetti psicopedagogici e di orientamento»;
2.6 ciò posto, svolgendo una lettura coordinata delle disposizioni di legge e del c.c.n.l. di categoria sopra richiamate, emerge che il personale educativo, seppur impegnato in funzione differente rispetto
a quella propriamente didattica e di istruzione, tipica del personale docente, nondimeno ne partecipa i contenuti sul piano della formazione e istruzione degli allievi, convittori e semiconvittori, di qui l’espressa collocazione all’interno dell’area profe ssionale del personale docente. Sul piano esegetico, decisiva valenza riveste il comma 2 dell’articolo 127, cit., ove è puntualizzato che, nell’ambito dell’area della funzione docente, la funzione educativa partecipa al processo di formazione e di educazione, in un quadro coordinato di rapporti e intese con i docenti delle scuole, sicché, all’istitutore spetterebbe appunto il compito di integrare l’istruzione ricevuta dal corpo docente, oltre che di conferire agli alunni speciali complementi di cultura;
2.7 né può sostenersi che sul personale educativo, a differenza di quello docente, non graverebbe un preciso obbligo formativo;
contrariamente a quanto opina la difesa del MIM , l’art. 129 c.c.n.l. cit. prevede che « 4. Rientra altresì nell’attività funzionale all’attività educativa la partecipazione ad iniziative di formazione e di aggiornamento programmate a livello nazionale, regionale o di istituzione educativa», appalesando in tal guisa come tali iniziative si correlino funzionalmente alla realizzazione dei compiti assegnati al personale educativo, con assimilazione in parte qua al personale docente in senso stretto; pertanto, tenuto conto della ratio dell’introduzione del bonus in parola, non si spiegherebbe una differenziazione di trattamento, posto che entrambe le figure professionali sono soggette a precisi oneri formativi, tanto da giustificare l’introduzione di un sostegno datoriale in correlazione all’esborso economico per le spese di aggiornamento e di studio;
2.8 l a circostanza che l’art. 398 del d.lgs. 16/04/1994, n. 297, preservi una distinzione tra i ruoli del personale docente e di quello educativo non giova a supportare la tesi del MIM, laddove si consideri che,
al comma 2, articolo ult. cit., si specifica chiaramente -con espressione lessicalmente sovrapponibile a quella in precedenza adoperata dall’art. 121 del d.P.R. 31/05/1974, n. 417 che al personale educativo «si applicano le disposizioni concernenti lo stato giuridico ed il trattamento economico dei docenti elementari»; c om’è agevole constatare, trattasi di locuzione che, dove estende al personale educativo le disposizioni concernenti lo stato giuridico e il trattamento economico dei docenti elementari, opera un’equiparazione a tali fini fra le due categorie, e ciò per la complementarietà delle rispettive funzioni;
2.9 s e è indubbio, poi, che la carta docente «dell’importo nominale di €. 500 annui» costituisce un beneficio economico, non può non convenirsi sul fatto che, anche per via della disposizione da ultimo richiamata, essa debba essere attribuita, conclusivamente, al personale docente tout court , ivi compresi gli appartenenti al ruolo degli educatori;
a tanto segue, dunque, la reiezione del motivo;
nel primo motivo di ricorso incidentale si denuncia (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) l’omessa pronuncia della corte di merito sull’appello incidentale con cui i lavoratori chiedevano la riforma della pronuncia sulle spese del primo giudice liquidate in misura inferiore al dovuto;
3.1 il motivo è inammissibile sotto vari profili;
3.1.1 la sentenza impugnata afferma che «gli appellati hanno resistito al gravame chiedendo la conferma della sentenza impugnata» (v. p. 2 sentenza) e nel motivo di ricorso incidentale non si riporta né si documenta (art. 366 n. 6 cod. proc. civ.) di avere proposto, in effetti, l’appello incidentale;
qualora il ricorrente prospetti nel ricorso questioni che non risultano affrontate nella sentenza impugnata e lamenti, sostanzialmente, l’omessa pronuncia da parte del giudice di appello su censure mosse con l’atto di gravame, è suo onere indicare in modo specifico e trascrivere nel ricorso le parti dell’appello rispetto alle quali si sarebbe verificata l’omissione, dovendo la Corte essere posta in grado di accertare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (fra le più recenti in tal senso Cass. 20.8.2015 n. 17049);
3.1.2 inoltre, i ricorrenti incidentali, nel dedurre un’omessa pronuncia sulla censura sulle spese, avrebbero dovuto formulare la critica ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. ( non ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ) deducendo la nullità della pronuncia, il che si riflette in un ulteriore vizio di inammissibilità;
va qui ribadito, infatti, che l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello -così come, in genere, l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ. e non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., o del vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare adeguatamente la decisione; solo la denuncia dell’er ror in procedendo, infatti, consente al giudice di legittimità, in tal caso giudice anche del fatto processuale, di
effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello (in tal senso Cass. 27.10.2014 n. 22759);
le Sezioni Unite di questa Corte, nel comporre il contrasto sorto nella giurisprudenza di legittimità sulle conseguenze della errata formulazione dei motivi, hanno affermato che «nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronunzia da parte della impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate non è necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4 (con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ.), purché nel motivo si faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione; va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge» (Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931); il caso di specie è, invero, riconducibile alla seconda ipotesi, perché nel motivo non si fa cenno alla nullità derivata dall’ error in procedendo ;
3.1.3 si noti, ancora, che nel motivo si riferisce che la richiesta della carta elettronica era «a decorrere dal 2015» (v. p. 2 controricorso che lascia intendere che si estendeva anche alle annualità successive), ma in sentenza si afferma, per converso, che la domanda era limitata al solo «anno 2015» (p. 2 sentenza), sicché la censura non chiarisce neanche qual era il valore della causa, cosa che era onere dei ricorrenti incidentali allegare;
questa Corte ha, infatti, precisato che in tema di liquidazione degli onorari agli avvocati il ricorrente per cassazione che deduca la violazione dei minimi tariffari per aver omesso il giudice d’appello di
specificare, pur in presenza della richiesta di riconoscimento di poste dettagliate, il sistema di calcolo e la tariffa adottati, deve, a pena d’inammissibilità, indicare il valore della controversia rilevante ai fini dello scaglione applicabile, trattandosi di presupposto indispensabile per consentire l’apprezzamento della decisività della censura (Cass. Sez. 6-3, Ord. n. 2532 del 10/02/2015; conf. Sez. 2 -, Ord. n. 23132 del 19/08/2021);
con il secondo mezzo di ricorso incidentale si denuncia violazione del d.m. n. 55/2014, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ, avendo la corte d’appello liquidato le spese a favore dei lavoratori nella «risibile somma di €. 600,00 oltre accessori » senza considerare il «valore e la complessità» della causa decisa, mentre avrebbe, secondo tabella, dovuto liquidare « almeno €. 10.500,00 »;
4.1 il motivo è inammissibile perché non deduce la violazione dei minimi tariffari, spettando alla discrezionalità del giudice del merito liquidare le spese di lite, purché non al di sotto dei minimi;
si è spiegato più volte che la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi (o dei massimi) tariffari, ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in difetto (o in eccesso) rispetto alla tariffa massima (Cass., Sez. 2-, Sentenza n. 11657 del 30/04/2024; Cass., Sez. 1, n. 18584, 30/06/2021; conf. Cass. n. 30716 del 21/12/2017; Cass. n. 18086 del 07/08/2009);
in conclusione, il ricorso principale va rigettato, mentre quello incidentale dev’essere dichiarato nel suo complesso inammissibile;
stante la reciproca soccombenza le spese di legittimità sono compensate fra le parti;
non è dovuto per il ricorrente principale il raddoppio del contributo unificato, trattandosi di un’amministrazione statale .
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; spese di legittimità compensate.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione