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Carta Docente Educatori: Sì dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4810/2025, ha stabilito che la Carta Docente spetta anche al personale educativo dei Convitti Statali. La Corte ha respinto il ricorso del Ministero dell’Istruzione, confermando l’equiparazione tra docenti ed educatori ai fini del bonus per la formazione, in quanto entrambi sono soggetti a obblighi di aggiornamento professionale. È stato invece dichiarato inammissibile il ricorso incidentale degli educatori relativo alla liquidazione delle spese legali.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Carta Docente Educatori: la Cassazione conferma il diritto al bonus

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha messo un punto fermo su una questione dibattuta da tempo: la Carta Docente spetta anche agli educatori dei convitti e degli educandati statali. Questa decisione consolida un importante principio di parità di trattamento all’interno del comparto scuola, riconoscendo il ruolo formativo cruciale svolto da questa figura professionale.

I Fatti: La controversia sul bonus per la formazione

La vicenda nasce dal ricorso di un gruppo di educatori in servizio presso Convitti Statali che chiedevano il riconoscimento del loro diritto a ricevere la cosiddetta “carta elettronica del docente”. Si tratta di un bonus annuale di 500 euro, istituito dalla legge 107/2015 (la “Buona Scuola”), destinato all’aggiornamento e alla formazione professionale del personale docente di ruolo.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai lavoratori, ma il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) aveva impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione. Secondo il Ministero, il bonus era strettamente legato all’attività didattica in senso stretto, da cui il personale educativo sarebbe escluso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso del Ministero, confermando il diritto degli educatori a ricevere il beneficio. Al contempo, ha dichiarato inammissibile un ricorso incidentale presentato dagli stessi educatori, che lamentavano un’insufficiente liquidazione delle spese legali nei gradi di merito.

La sentenza stabilisce in modo definitivo che non vi sono ragioni per escludere il personale educativo dalla platea dei beneficiari della Carta Docente.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su un’analisi coordinata delle norme di legge e dei contratti collettivi, giungendo a conclusioni chiare.

L’equiparazione normativa tra Docenti ed Educatori

Il punto centrale delle motivazioni risiede nell’equiparazione funzionale ed economica tra il personale educativo e i docenti. La Corte ha evidenziato come diverse norme, tra cui il d.lgs. 297/1994 e il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto Scuola, inseriscano esplicitamente gli educatori all’interno dell’area professionale del personale docente.

Sebbene le funzioni siano diverse (didattica per i docenti, formativa ed educativa per gli educatori), entrambe concorrono al processo di crescita degli allievi. La legge stessa (art. 121 d.P.R. 417/1974) estende al personale educativo “le disposizioni concernenti lo stato giuridico ed il trattamento economico dei docenti elementari”. Poiché la Carta Docente costituisce un beneficio economico finalizzato a sostenere la professionalità, la sua esclusione sarebbe una differenziazione ingiustificata.

L’obbligo di formazione come elemento comune

Un altro argomento decisivo è l’obbligo formativo. Il Ministero sosteneva che solo sui docenti gravasse un preciso onere di aggiornamento. La Cassazione ha smentito questa tesi, citando l’art. 129 del CCNL, che prevede esplicitamente la partecipazione del personale educativo a iniziative di formazione e aggiornamento.

Poiché entrambe le figure professionali sono soggette a oneri formativi per svolgere al meglio i loro compiti, la ratio del bonus – sostenere economicamente tali spese – si applica pienamente anche agli educatori. Negare loro il beneficio significherebbe creare una disparità di trattamento irragionevole.

L’inammissibilità del ricorso sulle spese legali

La Corte ha anche colto l’occasione per ribadire alcuni principi processuali. Il ricorso degli educatori, che lamentavano una liquidazione delle spese legali troppo bassa, è stato dichiarato inammissibile per vizi di forma. I ricorrenti avevano errato nell’indicare il tipo di vizio (motivazione anziché errore procedurale) e non avevano specificato analiticamente perché la somma fosse inferiore ai minimi tariffari, unico motivo per cui la discrezionalità del giudice può essere contestata in Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche:

1. Diritto Acquisito: Stabilisce in via definitiva che il personale educativo di ruolo dei convitti e degli educandati statali ha diritto alla Carta Docente di 500 euro annui.
2. Principio di Non Discriminazione: Rafforza il principio secondo cui i benefici economici legati alla funzione docente devono essere estesi a tutte le figure professionali che la legge e i contratti equiparano a tale area.
3. Monito Processuale: Ricorda l’importanza di formulare correttamente i motivi di ricorso in Cassazione, specialmente in materie tecniche come la liquidazione delle spese legali, pena l’inammissibilità.

Il personale educativo dei convitti ha diritto alla Carta Docente?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato in modo definitivo che il personale educativo di ruolo dei convitti e degli educandati statali ha diritto al bonus di 500 euro per la formazione, al pari del personale docente.

Perché la Corte di Cassazione ha equiparato gli educatori ai docenti ai fini del bonus?
La Corte ha stabilito che la normativa di legge (come il d.lgs. 297/1994) e la contrattazione collettiva collocano il personale educativo all’interno della stessa area professionale dei docenti. Poiché entrambi sono soggetti a obblighi di formazione continua, non c’è ragione di differenziare il trattamento riguardo a un beneficio economico finalizzato proprio a sostenere tale formazione.

È possibile contestare in Cassazione l’importo delle spese legali liquidate da un giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non è sufficiente ritenere l’importo troppo basso. È necessario dimostrare che il giudice ha violato i minimi tariffari previsti dalla legge. Inoltre, il ricorso deve essere formulato correttamente dal punto di vista tecnico-processuale, pena l’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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