Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30778 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30778 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 5164 – 2022 R.G. proposto da:
LIBERO CONSORZIO COMUNALE di RAGUSA (già Provincia Regionale di Ragusa) -c.f. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del commissario straordinario legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso in virtù di procura speciale su foglio allegato al ricorso dall’avvocato NOME COGNOME dell’Avvocatura dell’Ente ed elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE (già ‘RAGIONE_SOCIALE) -c.f. 05779711000 -in persona dell’avvocato NOME COGNOME giusta procura per notar Atlante di Roma del 12.12.2017, elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e dife nde in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 1617 del 7/26.7.2021 della Corte d’Appello di Catania, udita la relazione nella camera di consiglio del 21 novembre 2024 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con atto notificato in data 18.11.2011 ‘RAGIONE_SOCIALE citava a comparire dinanzi al Tribunale di Ragusa la Provincia Regionale di Ragusa.
Esponeva che l’ente convenuto le aveva richiesto il pagamento del canone ex art. 27 d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada) per gli anni 2008, 2009 e 2010 con atti di diffida e messa in mora n. 115/2011 di euro 145.760,90, n. 117/2011 di euro 2.725,59 e n. 202/2011 di euro 47,77, per un totale di euro 148.534,27 (cfr. ricorso, pag. 6) .
Chiedeva accertarsi e dichiararsi l’illegittimità degli atti suindicati in particolare , con riferimento all’atto di diffida n. 202/2011 , per difetto di sua legittimazione rispetto alle linee elettriche ad alta tensione – e dunque l’insussistenza delle invocate pretese creditorie; chiedeva, in subordine, ferma la surriferita carenza di legittimazione, dichiararsi dovuti i canoni ex art. 27 c.d.s. in ‘ misura non superiore alla differenza tra il loro ammontare e l’ammontare della TOSAP dichiarata e versata (…) per le medesime occupa zioni compensando i relativi importi’ (cfr. sentenza d’appello , pag. 4) .
Si costituiva la Provincia Regionale di Ragusa.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
In subordine, chiedeva accertare il suo diritto a conseguire il pagamento del canone ex art. 27 c.d.s. per gli anni 2008-2010 in misura corrispondente alla
differenza tra l’importo di cui agli anzidetti atti di diffida e messa in mora e l’importo dovuto per lo stesso periodo a titolo di TOSAP (cfr. ricorso, pag. 7) .
Con sentenza n. 736/2018 il Tribunale di Ragusa rigettava in toto la domanda attorea e condannava ‘RAGIONE_SOCIALE alle spese di lite .
‘RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE proponeva appello.
Resisteva il ‘ Libero Consorzio Comunale di Ragusa’ (subentrato alla Provincia Regionale di Ragusa) .
Con sentenza n. 1617 dei 7/26.7.2021 la Corte d’Appello di Catania accoglieva il gravame, dichiarava non dovute le somme di cui agli atti di diffida e condannava l ‘appellato alle spese del doppio grado.
Evidenziava la corte, in ordine al primo motivo d’appello -con cui l’appellante aveva addotto di aver, contrariamente all’assunto del tribunale, prospetta to piuttosto che la TOSAP costituiva ‘ il tetto massimo del prelievo ‘ e che il primo giudice aveva erroneamente ritenuto che la COSAP/TOSAP ed il canone ex art. 27 c.d.s. potessero coesistere sic et simpliciter senza alcun meccanismo compensativo -ed alla luce dell’elaborazione della giurisprudenza amministrativa, che, qualora l’ente pubblico avesse riscosso altri canoni previsti dalla legge, quale, appunto, il canone ex art. 27 c.d.s., gli stessi sarebbero stati da detrarre dalla misura complessiva del canone, come risultante dall’applicazione dell’art. 63 d.lgs. n. 446/1997; che siffatto assunto risultava accreditato non solo dal tenore letterale del 3° co. dell ‘art. 63 cit. ma pur dalla circostanza per cui il canone non ricognitorio e la TOSAP si basano sullo stesso
presupposto di fatto, costituito dall’uso particolare di beni pubblici, segnatamente di beni demaniali stradali (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
Evidenziava dunque, la corte, che, sebbene l’art. 63 cit. non avesse abrogato l’art. 27 c.d.s., aveva rispetto al medesimo articolo un’efficacia ‘assorbente’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Evidenziava del resto che già con la pronuncia n. 939/2021 essa corte di merito aveva opinato per ‘ il superamento della cumulabilità anche tra COSAP e canone ricognitorio ‘ (così sentenza d’appello, pag. 9) , viepiù che in tal senso deponeva la previsione dell’art. 1, comma 816, della legge n. 160/2019 .
Evidenziava quindi che doveva nella fattispecie reputarsi pacifico che i canoni di cui agli atti di diffida n. 115/2011 e n. 117/2011 fossero stati richiesti per le medesime occupazioni per le quali ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva ‘ documentato di aver pagato la TOSAP, dovuta in misura inferiore rispetto ai canoni in questione’ (così sentenza d’appello, pag. 10) .
Evidenziava infine che le linee di alta tensione non appartenevano all’appellante, che perciò non era legittimata passiva rispetto alla somma pretesa con l’atto di diffida n. 202/2011 .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso i l ‘ Libero Consorzio Comunale di Ragusa ‘ ; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi, variamente articolati, la cassazione con ogni conseguente statuizione.
‘RAGIONE_SOCIALE (già ‘RAGIONE_SOCIALE) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
La controricorrente del pari ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 , cod. proc. civ. la violazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di Catania ha avuto cognizione del rapporto controverso in altro giudizio, ovvero nel giudizio definito con la sentenza n. 2145/2020, passata in giudicato l’11.6.2021 giusta certificazione ex art. 124 disp. att. cod. proc. civ. in data 24.2.2022 -e relativa ai canoni ex art. 27 c.d.s. concernenti gli anni 2004, 2005 e 2006 (cf. ricorso, pag. 9) .
Deduce che della sentenza n. 2145/2020 ha dato conto nella comparsa conclusionale d’appello del 20.12.2020 (cfr. ricorso, pag. 10) .
Deduce segnatamente che l’affermazione che si rinviene nella motivazione della sentenza n. 2145/2020 della Corte di Catania, in sede di delibazione del quarto motivo dell’appello allora esperito da ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ossia l’affermazione secondo cui ‘il canone non ricognitorio può essere preteso anche se per l’occupazione della medesima area il beneficiario corrisponde altri canoni dai quali si distingue perché è dovuto a diverso titolo’ (cfr. ricorso, pag. 15, ove è riprodotto testualmente il riferito passaggio della motivazione della sentenza n. 2145/2020 della Corte d’Appello di Catania in ordine al quarto motivo dell’appello allora esperito da ‘E -Distribuzione’) , ‘fa stato tra le parti in quanto la predetta sent. n. 2145/2020 è passata in cosa giudicata’ (così ricorso, pag. 17) , cosicché risulta viziata l’affermazione che si rinviene nel dictum in questa sede impugnato, secondo cui ‘l’art. 63 cit., pur non avendo abrogato l’art. 27
Codice della Strada, abbia rispetto allo stesso u n’efficacia ‘ (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deduce al contempo che la circostanza per cui la Corte catanese abbia con la sentenza n. 2145/2020 e con la sentenza in questa sede impugnata conosciuto il medesimo rapporto tra le parti, rinviene conferma, per giunta, alla stregua delle prospettazioni operate nel presente giudizio dalla ‘E -Distribuzione’ con l’atto d’appello (cfr. ricorso, pag. 17 – 20) .
Deduce d ‘altronde che pur l’impugnat o dictum fornisce riscontro del complessivo contenzioso tra le parti (cfr. ricorso, pag. 21) .
Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento e va respinto.
Va dapprima evidenziato che lo stralcio -riprodotto in ricorso alle pagg. 10/11 – della comparsa conclusionale del 20.12.2020 depositata dal ricorrente ‘Libero Consorzio Provinciale di Ragusa ‘ in grado d’appello vale a dar ragione del riferimento alla sentenza n. 2145/2020 della Corte di Catania, non vale, a rigore, a dar ragione della proposizione di una vera e propria eccezione di giudicato ‘esterno’.
Del resto, è vero, alla luce della prospettazione dello stesso ricorrente, che la sentenza n. 2145/2020 è passata in giudicato l’11.6.2021, antecedentemente alla deliberazione in data 7.7.2021 della sentenza della Corte catanese in questa sede impugnata. E però, alla luce del pari della prospettazione del medesimo ricorrente, il riscontro del passaggio in giudicato della sentenza n. 2145/2020 è da correlare alla certificazione ex art. 124 disp. att. cod. proc. civ. per giunta in data 24.2.2022, data, questa, certo successiva alla deliberazione e al deposito della sentenza qui impugnata.
In ogni caso, si prescinda pure dagli anzidetti rilievi, di guisa che inevitabile sia il riferimento ai seguenti insegnamenti di questa Corte.
Ovvero all’insegnamento secondo cui il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità d ‘ interesse pubblico di eliminare l ‘ incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti e non è subordinato ai limiti fissati dall ‘ art. 345 cod. proc. civ. per le prove nuove in appello e sicché, altresì, il giudice, al quale ne risulti l ‘ esistenza, non è vincolato dalla posizione assunta dalle parti in giudizio, dovendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d ‘ ufficio, in ogni stato e grado del processo (cfr. Cass. (ord.) 25.10.2018, n. 27161; Cass. (ord.) 7.1.2021, n. 48) .
Ovvero all’insegnamento secondo cui l’ eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione – attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove – se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito (cfr. Cass. (ord.) 29.2.2024, n. 5370, ove si soggiunge che, se, invece, il giudicato esterno si è formato dopo la conclusione del giudizio di merito – e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello la relativa eccezione è opponibile nel giudizio di legittimità) .
Preclusione che, evidentemente, non opererebbe nella specie, siccome il ‘Libero Consorzio Comunale di Ragusa’ avrebbe utilmente sollevato l’eccezione con la conclusionale d’appello .
Su tale scorta non può non darsi atto che questa Corte spiega ulteriormente, sì, che, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con
sentenza passata in giudicato, l ‘ accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause (o costituente indispensabile premessa logica della statuizione passata in giudicato) preclude il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il ‘ petitum ‘ del primo (cfr. Cass. (ord.) 21.11.2023, n. 32370; Cass. (ord.) 26.2.2019, n. 5486) .
Ciò nonostante, non può non rimarcarsi che l’affermazion e ‘il canone non ricognitorio può essere preteso anche se per l’occupazione della medesima area il beneficiario corrisponde altri canoni dai quali si distingue perché è dovuto a diverso titolo’ di cui alla sentenza n. 2145/2020, segnatamente di cui alla motivazione con cui la Corte di Catania avev a rigettato il quarto motivo dell’appello in quella sede esperito da ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , afferisce al passaggio motivazionale con il quale la Corte catanese aveva argomentato circa il rapporto tra il COSAP, ovvero tra il canone ricognitorio ex art. 63 d.lgs. n. 446/1997, ed il canone non ricognitorio ex art. 27 c.d.s. (cfr. sentenza d’appello in questa sede impugnata, pag. 14) .
E bbene, trattasi di un passaggio ‘non costituente indispensabile premessa logica della statuizione passata in giudicato’, siccome , appunto la controversia definita con la pronuncia n. 2145/2020 -similmente alla presente controversia -aveva riguardato il rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e il canone non ricognitorio ex art. 27 c.d.s.
Ed a tal proposito con la sentenza n. 2145/2020 la Corte siciliana -così come si desume dagli stralci della motivazione riprodotti nel corpo del primo motivo
di ricorso -aveva opinato dapprima nel senso della piena cumulabilità della TOSAP e del canone non ricognitorio ex art. 27 c.d.s. in considerazione della loro diversa natura (cfr. ricorso, pagg. 11 -12) . Ed aveva opinato dipoi nel senso che la possibilità di defalcare la TOSAP dal canone ex art. 27 c.d.s., sebbene non implausibile alla luce della giurisprudenza amministrativa (cfr. ricorso, pag. 14) , non risultava ‘in fatto’ suffragata dal riscontro del necessario presupposto (cfr. ricorso, pag. 14) , giac ché ‘dalla documentazione prodotta da E-Distribuzione non dato cogliere la effettiva coincidenza tra le aree stradali oggetto della concessione qui richiesta ex art. 27 cod. strad. e le occupazioni tassate con TOSAP’, giacché, dunque, difettava il presupposto che consentiva ‘di portare in detrazione dal canone non ricognitorio qui in contestazione i pagamenti a titolo di TOSAP’ (cfr. ricorso, pag. 15, ove è riprodotta testualmente la motivazione della sentenza n. 2145/2020 della Corte d’Appello di Catania in ordine al quarto motivo dell’appello allora esperito da ‘RAGIONE_SOCIALE) .
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione de ll’ art. 63, 3° co., d.lgs. n. 446/1997.
Premette che nella fattispecie si controverte in ordine al rapporto tra il canone ex art. 27 c.d.s. (canone concessorio non ricognitorio) e la TOSAP ex art. 38 d.lgs. n. 507/1993, sicché è estraneo alla fattispecie de qua il COSAP ex art. 63 d.lgs. n. 446/1997, canone, quest’ultimo, che ess o ricorrente giammai ha istituito (cfr. ricorso, pagg. 23 – 24) .
Premette altresì che ha richiesto a controparte il pagamento sia della TOSAP sia del canone ex art. 27 c.d.s., quest’ultimo determinato in un importo superiore alla TOSAP (cfr. ricorso, pag. 24) .
Premette inoltre che ha nella specie assunto che, in ipotesi di coesistenza tra canone ex art. 27 c.d.s. e TOSAP, ‘ il canone può essere di importo superiore alla tassa dalla quale il concessionario può detrarlo fino alla concorrenza della stessa versando in ipotesi la differenza ‘ (così ricorso, pag. 24) .
Indi deduce che le affermazioni operate dalla Corte di Catania si risolvono nell’erronea interpretazione dell’art. 63, 3° co., d.lgs. n. 446/1997 (cfr. ricorso, pag. 27) .
Deduce invero che il 3° co. cit. prevede esclusivamente la detrazione dall’importo d ovuto qual e TOSAP dell’importo del canone ex art. 27 c.d.s.
Deduce dunque che in virtù della corretta esegesi del 3° co. cit. ‘è la TOSAP che può essere azzerata (e non viceversa) ove, in sede di suo versamento, il canone non ricognitorio già corrisposto sia superiore alla prima’ (così ricorso, pagg. 28 – 29) .
Deduce ulteriormente che gli addotti rilievi rinvengono conferma nella circolare del M.E.F. n. 1/DF del 20.1.2009, da cui si evince la cumulabilità del canone ex art. 27 c.d.s. e della TOSAP; che l’importo del canone ex art. 27 c.d.s. ben può essere superiore a quello della TOSAP; che la questione della relativa compensazione si pone solo al momento del pagamento della TOSAP (cfr. ricorso, pag. 30) .
Deduce infine che il canone unico patrimoniale istituito dall’art. 1, comma 816, della legge n. 160/2019 si applica solo a decorrere dal dicembre 2021,
sicché per il periodo antecedente è rimasta impregiudicata la disciplina anteriore (cfr. ricorso, pag. 32) .
Il secondo motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.
Viene in evidenza l’inciso finale del 3° co dell’art. 63 rubricato ‘canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche’ – del d.lgs. n. 446/1997 (l’art. 63 cit. è stato abrogato dall’art. 1, comma 847, della legge n. 160 del 27.12.2019 a decorrere a decorrere dal 1° gennaio 2020) .
Ovvero l’inciso ‘dalla misura complessiva del canone ovvero della tassa prevista al comma 1 va detratto l’importo di altri canoni previsti da disposizioni di legge, riscossi dal comune e dalla provincia per la medesima occupazione, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi’.
Ebbene, a fronte del riferito inciso non può che postularsi quanto segue. Da un canto, si accredita il rilievo del ricorrente secondo cui il 3° co. dell’art. 63 cit. prevede esclusivamente la detrazione dall’importo dovuto quale TOSAP dell’importo del canone ex art. 27 c.d.s. e per nulla prevede che ‘l’importo dovuto a titolo di TOSAP rappresenti il tetto massimo dell’onere economico cui può essere sottoposta la medesima occupazione’ (così ricorso, pag. 28) .
D’altro canto, non risulta condivisibile il puro e semplice assunto della corte d’appello secondo cui l’art. 63, 3° co., d.lgs. n. 446/1997 ha una valenza ‘assorbente’ rispetto all’art. 27 c.d.s.
Si tratta, evidentemente, di un assunto semplicistico, ché ha poi indotto la corte distrettuale a reputare tout court non dovute le somme richieste a norma dell’art. 27 c.d.s. con gli atti di diffida e messa in mora n. 115/2011 e n. 117/2011 (parimenti neppure può esser condivisa la prospettazione della
contro
ricorrente secondo cui ‘Enel con la Tosap ha già versato per intero alla Provincia quanto dovuto, per cui le somme ulteriori da questa richieste risultano non dovute per illegittimità, irragionevolezza ed illogicità delle tariffe applicate’: così memoria della controricorrente, pag. 6) .
Viceversa, la corte territoriale (ferma la non debenza dell’importo di cui all’atto di diffida n. 202/2011) avrebbe dovuto – ed in tal senso si formula il principio di diritto al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – defalcare dalla già riscossa TOSAP per euro 31.679,00 per il 2008, per euro 33.817,00 per il 2009 e per euro 34,679,00 per il 2010 (cfr. sentenza d’appello, pag g. 10 e 3) gli importi di cui agli atti di diffida e messa in mora n. 115/2011 e n. 117/2011, in quanto concernenti le medesime occupazioni già oggetto della RAGIONE_SOCIALE (cfr. sentenza d’appello, pa g. 10) .
E così acclarare il dovuto nella differenza (algebrica) tra l’uno , seppur minore (TOSAP) , e l’altro , seppur maggiore (canone ex art. 27 c.d.s.) , importo (la somma della differenza tra la TOSAP (già riscossa) ed il canone ex art. 27 c.d.s., da un lato, e la TOSAP (già riscossa) , dall’altro, dà il complessivo importo dovuto; con tale modalità di calcolo si addiviene al medesimo risultato illustrato dal ricorrente in memoria, alle pagg. 3 -4, sulla scorta della circolare del M.E.F. n. 1/DF del 20.1.2009) .
19. Il testé riferito metodo di computo non è smentito dalla ordinanza n. 32221 del 5.11.2021, richiamata in memoria dalla controricorrente (cfr. pagg. 6 -8) .
Ben vero , dal testo di tale ordinanza si evince che nell’occasione delibata da questa Corte l’importo del canone ex art. 27 c.d.s. era pari ad euro 17.234,42,
ma non si evince quale fosse l’importo della TOSAP e, segnatamente, se l’importo della TOSAP fosse maggiore o minore del canone ex art. 27 c.d.s.
D’altra parte, con l’anzidetta ordinanza n. 32221/2021 questa Corte ha ribadito la propria elaborazione -che evidentemente pur in questa sede si reitera -secondo cui ‘ nella giurisprudenza della Corte si è, quindi, rilevato che il canone per l ‘ occupazione di spazi e aree pubblici dev ‘ essere considerato come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo dovuto per la medesima occupazione (Tosap), in quanto il canone è configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell ‘ uso esclusivo o speciale di beni pubblici e non già dovuto per la sottrazione al sistema della viabilità di un ‘ area o spazio pubblico (v., ex plurimis , Cass. Sez. U., 7 gennaio 2016, n. 61; Id., 28 ottobre 2015, n. 21950; Id., 30 marzo 2011, n. 7190; Id., 26 novembre 2008, n. 9 28161; v., altresì, Cass., 20 maggio 2020, n. 9240; Cass., 2 ottobre 2019, n. 24541) ‘.
I n accoglimento e nei limiti dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza n. 1617 dei 7/26.7.2021 della Corte d’Appello di Catania va cassata con rinvio a lla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
In dipendenza del (parziale) buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1° co. bis dell’art. 13 d.P.R. cit.
La Corte così provvede:
accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione e nei limiti dell’accoglimento del secondo motivo la sentenza n. 1617 del 7/26.7.2021 della Corte d’Appello di Catania e rinvia a lla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
rigetta il primo motivo di ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte