Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14860 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14860 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3121-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 894/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 02/11/2017 R.G.N. 1002/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di RAGIONE_SOCIALE
Oggetto
R.G.N.3121/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/04/2024
CC
del 24/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 21.1.17 la Corte d’appello di Reggio Calabria, in riforma di sentenza del 10.6.14 del tribunale della stessa sede, ha dichiarato il diritto della signora COGNOME alla pensione integrativa richiesta il 13.11.2009, condannando l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle relative prestazioni.
In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che erano maturati 15 anni d ‘iscrizione all’albo accompagnati dal versamento della contribuzione fino al dicembre 1982, ritenendo che la cancellazione dall’albo – disposta a giugno 1982 dal RAGIONE_SOCIALE dell’ordine senza indicazione di data – non poteva che operare con la decorrenza da dicembre 1982 indicata nella richiesta di cancellazione (così risultando iscritta la farmacista per l’ultimo semestre, necessario nella specie per integrare i 15 anni di contribuzione); la Corte, inoltre, ha ritenuto il provvedimento originario annullabile in autotutela anche dopo anni, una volta maturato l’interesse del pensionato a considerare il periodo dal momento in cui andava in pensione.
Avverso la sentenza ricorre l’RAGIONE_SOCIALE per due motivi, resiste la signora con controricorso. Le parti hanno presentato memorie. Il Collegio, all’esito della camera di RAGIONE_SOCIALE, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione degli articoli 3 e 11 d.l.C.p.S. n. 233/46, 3 co. 8 e 8 co. 1 d.P.R. 221/50, 21 nonies legge 241/90, per avere la Corte territoriale dato rilievo all’autotutela esercitata dal C onsiglio dell’ordine , dopo 28 anni dall’adozione dell’atto modificato e senza considerare la posizione del terzo RAGIONE_SOCIALE.
Il secondo motivo deduce violazione degli artt. 3 dello statuto
RAGIONE_SOCIALE, 3 e 11 su richiamati, 3 ed 8 su citati, per avere la Corte territoriale trascurato di considerare che la decorrenza della cancellazione era ancorata alla data della delibera.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione: essi sono infondati.
Occorre premettere che la cancellazione dall’albo per decisione dell’iscritto non può che decorrere dalla data indicata dall’iscritto, posto che trova fonte nella sua volontà esclusiva. Ne deriva che la delibera del RAGIONE_SOCIALE dell’ordine del 1982, che disponeva la cancellazione della lavoratrice, non poteva che produrre effetti dalla data indicata nell’istanza di cancellazione (e ciò anche a tacere del fatto che l’omessa indicazione , nella delibera, della decorrenza è stata comunque, poi, integrata successivamente con indicazione dell’iscrizione fino a dicembre 1982).
Nel caso, poi, va sottolineato che il RAGIONE_SOCIALE non ha indicato diversa decorrenza, limitandosi a disporre la cancellazione.
In tale contesto, l’ente previdenziale è vincolato dalle determinazioni d ‘iscrizione prese dal RAGIONE_SOCIALE dell’ordine competente, che incidono sullo status professionale del farmacista e sulla possibilità di svolgere attività professionale oltre che sulla correlata iscrizione all’RAGIONE_SOCIALE e sul sorgere dei relativi obblighi contributivi, per i quali solo l’ente rimane competente.
Per altro verso, è pacifico che per il periodo fino alla fine dell’anno la lavoratrice abbia pagato i contributi all’ente e che l’ente li abbia ricevuti senza riserve alcuna.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 5.000,00 per compensi professionali ed euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso oggi in Roma, nella camera di RAGIONE_SOCIALE del 24