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Cambio di appalto: quando scatta il trasferimento d’azienda

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27707/2024, ha stabilito che un cambio di appalto, con l’acquisizione del personale, si presume un trasferimento di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., a meno che l’impresa subentrante non provi l’esistenza di significativi elementi di discontinuità. Nel caso di specie, il subentro in un servizio di vigilanza, con le sole modifiche di divise e tesserini, non è stato ritenuto sufficiente a escludere le tutele per il lavoratore, che ha così mantenuto i diritti maturati.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Cambio di appalto e trasferimento d’azienda: la Cassazione chiarisce

Quando avviene un cambio di appalto, i lavoratori che passano alla nuova azienda mantengono i loro diritti? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27707 del 25 ottobre 2024, offre un’interpretazione fondamentale dell’art. 29 del D.Lgs. 276/2003, stabilendo una presunzione di trasferimento di ramo d’azienda e rafforzando così le tutele per i dipendenti.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore della vigilanza e del portierato subentrava a un’altra nella gestione di un appalto presso un importante ente pubblico. La nuova società assumeva il personale precedentemente impiegato, incluso un lavoratore che, successivamente, adiva le vie legali lamentando l’applicazione di un trattamento retributivo peggiorativo rispetto a quello goduto con il precedente datore di lavoro.
La Corte d’Appello, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva le ragioni del lavoratore. I giudici ritenevano che il subentro nell’appalto integrasse un vero e proprio trasferimento di ramo d’azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c., poiché l’impresa subentrante non aveva introdotto elementi di discontinuità significativi. Le uniche novità, infatti, consistevano nell’adozione di nuove divise e tesserini di riconoscimento, elementi giudicati insufficienti a configurare una nuova e autonoma identità aziendale. Di conseguenza, la società veniva condannata al pagamento delle differenze retributive.

Il cambio di appalto secondo la Corte di Cassazione

La società di vigilanza proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata interpretazione della normativa sul cambio di appalto. A suo avviso, la Corte territoriale non avrebbe considerato che gli elementi di discontinuità non possono ricercarsi in aspetti sui quali l’appaltatore non ha potere discrezionale, come i locali e le principali attrezzature fornite dal committente.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione d’appello e cogliendo l’occasione per delineare un principio di diritto di notevole importanza.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha chiarito che la riforma legislativa del 2016 ha invertito la prospettiva precedente. Ora, l’acquisizione del personale impiegato in un appalto a seguito del subentro di un nuovo appaltatore costituisce una presunzione di trasferimento di ramo d’azienda.

Questo significa che si applicano automaticamente le tutele previste dall’art. 2112 c.c. (come il mantenimento dei diritti dei lavoratori) a meno che non si verifichi un’eccezione. Tale eccezione ricorre quando l’impresa subentrante dimostra la presenza di “elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa”.

L’onere della prova, quindi, ricade interamente sulla nuova azienda. Essa deve provare di aver introdotto modifiche organizzative e produttive così profonde da interrompere il nesso funzionale preesistente. Non bastano cambiamenti marginali o puramente formali. I giudici devono valutare se il complesso degli elementi trasferiti (in primis, il personale) sia in grado di eseguire l’appalto in condizioni di autonomia, senza bisogno di integrazioni rilevanti da parte del nuovo datore di lavoro.

Nel caso specifico, la Corte ha concluso che l’adozione di nuove divise e tesserini era del tutto irrilevante. Poiché l’attività di vigilanza si svolgeva con i medesimi lavoratori, negli stessi luoghi e con le strumentazioni essenziali fornite dal committente, non vi era alcuna reale discontinuità. Il “ramo d’azienda” trasferito, costituito principalmente dal gruppo di lavoratori, ha conservato la sua autonomia funzionale. Pertanto, la Corte ha correttamente applicato la disciplina del trasferimento d’azienda.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un principio fondamentale a tutela dei lavoratori coinvolti nei cambi di appalto. La regola generale è la continuità dei rapporti di lavoro e dei diritti acquisiti. L’eccezione, ovvero la non applicabilità dell’art. 2112 c.c., deve essere rigorosamente provata dall’impresa subentrante attraverso la dimostrazione di una reale e sostanziale discontinuità organizzativa. Le aziende che subentrano in un appalto non possono limitarsi a modifiche di facciata per eludere le garanzie previste dalla legge, ma devono apportare un’impronta gestionale e produttiva genuinamente nuova e diversa.

Quando un cambio di appalto si considera trasferimento di ramo d’azienda?
Secondo la sentenza, un cambio di appalto con acquisizione del personale si presume un trasferimento di ramo d’azienda, a meno che l’impresa subentrante non introduca elementi organizzativi e produttivi talmente nuovi da interrompere il nesso funzionale con la gestione precedente e creare una specifica e diversa identità d’impresa.

Chi deve provare la “discontinuità” in un cambio di appalto per evitare l’applicazione dell’art. 2112 c.c.?
L’onere della prova ricade interamente sull’impresa subentrante. È quest’ultima che deve dimostrare di aver apportato modifiche sostanziali all’organizzazione del servizio, tali da configurare una reale discontinuità rispetto all’appaltatore precedente.

La semplice adozione di nuove divise e tesserini di riconoscimento è sufficiente a dimostrare la discontinuità?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tali modifiche sono irrilevanti e non incidono sull’autonomia funzionale del gruppo di lavoratori acquisito. Pertanto, non costituiscono elementi di discontinuità sufficienti a escludere la qualificazione come trasferimento di ramo d’azienda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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