Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12866 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12866 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20726-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDICOGNOME, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDICOGNOME INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3768/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/12/2019 R.G.N. 3825/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
R.G.N. 20726/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 14/02/2024
CC
La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 3768 del 12.12.2019, ha confermato la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso presentato dalla lavoratrice in epigrafe indicata accertando che la RAGIONE_SOCIALE era tenuta ad assumere quest’ultima alle proprie dipendenze dal 9.6.2014, con le medesime mansioni e lo stesso inquadramento nel 2° livello CCNL RAGIONE_SOCIALE ed orario di RAGIONE_SOCIALE di 40 ore settimanali, con condanna al risarcimento del danno patrimoniale commisurato alle retribuzioni non percepite dalla messa in mora sino alla pronuncia stessa.
La originaria pretesa era fondata sul fatto che la lavoratrice, alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE dall’1.12.1999 al 9.6.2014, inquadrata nel 2° livello del CCNL per i dipendenti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e con mansioni di operaia addetta alle pulizie, posta in CIGS, pur essendo inserita nei nominativi risultanti dall’elenco allegato dalla RAGIONE_SOCIALE e comunicata alla RAGIONE_SOCIALE -che subentrata nel rapporto di appalto si era impegnata ad assumere tali dipendenti- era, invece, stata, poi, oggetto di rifiuto da parte della nuova appaltatrice.
I giudici hanno rilevato che: a) l’azione proposta dalla lavoratrice non era soggetta ad alcun termine di decadenza ex art. 32 legge n. 183/2010; b) il RAGIONE_SOCIALEo, cui era addetta l’originaria ricorrente, rientrava tra quelli oggetto del cambio appalto e ciò che rilevava era il fatto che il nominativo della lavoratrice fosse inserito tra quelli indicati nella comunicazione ufficiale inviata alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE e che fosse in forza della HP con il possesso di una anzianità di almeno quattro mesi giusta quanto previsto dall’art. 4 CCNL RAGIONE_SOCIALE; c) la fattispecie concreta rientrava pacificamente nella ipotesi sub a) del menzionato art. 4 CCNL RAGIONE_SOCIALE; d) il rifiuto illegittimo all’assunzione costituiva inadempimento e il pregiudizio andava commisurato alla retribuzione goduta nel rapporto con la precedente appaltatrice in luogo del minimo retributivo previsto dall’applicato CCNL per i lavoratori svolgenti mansioni di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza di secondo grado la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso la lavoratrice.
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, dell’art. 4 del CCNL del 31.5.2011 per il personale dipendente da RAGIONE_SOCIALE, laddove la Corte territoriale aveva ritenuto che: a) in caso di cessazione di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali, l’azienda subentrante fosse tenuta all’assunzione del personale della precedente appaltatrice con conservazione delle condizioni economichenormative di cui ai rapporti cessati; b) che il risarcimento del danno conseguente alla mancata assunzione da parte dell’impresa cd. subentrante, nell’ambito del cd. cambio appalto, dovesse essere commisurato alla retribuzione goduta con la precedente appaltatrice, in luogo del minimo retributivo previsto dall’applicato CCNL per i lavoratori svolgenti mansioni di RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, dell’art. 29 del D.lgs. n. 276/2003, dell’art. 2112 c e dell’art. 7 d.lgs. 4.3.2015 n. 23, laddove la Corte di merito aveva equiparato il fenomeno contrattuale del cambio appalto ad un trasferimento di ramo di azienda.
I due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione logico giuridica, sono infondati e vanno richiamati i principi di cui all’ordinanza di questa Corte n. 22905/2023 cui si intende dare seguito.
Giova premettere che l’art. 4 CCNL in esame, rubricato “cessazione di appalto” prevede: “Rilevato che il settore è caratterizzato, nella generalità dei casi, dalla produzione dei RAGIONE_SOCIALE tramite contratti di appalto e che da questo conseguono frequenti
cambi di gestione fra le RAGIONE_SOCIALE con risoluzione di rapporti di RAGIONE_SOCIALE da parte dell’impresa cedente e predisposizione delle necessarie risorse lavorative, con assunzioni ex novo, da parte dell’impresa subentrante, le parti intendono tenere conto, da un lato, delle caratteristiche strutturali del settore medesimo e delle attività delle RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, dell’obiettivo di tutelare nel modo più concreto i livelli complessivi della occupazione. Le parti convengono pertanto la seguente disciplina … In ogni caso di cessazione di appalto, l’azienda cessante ne darà preventiva comunicazione, ove possibile nei 15 giorni precedenti, alle strutture sindacali aziendali e territoriali competenti, fornendo altresì informazioni sulla consistenza numerica degli addetti interessati, sul rispettivo orario settimanale, indicando quelli impiegati nell’appalto in questione da almeno 4 mesi; l’azienda subentrante, con la massima tempestività, preventivamente all’inizio della nuova gestione e, ove oggettivamente ciò non sia possibile, in tempi utili e comunque su richiesta delle RAGIONE_SOCIALE sindacali territoriali firmatarie del c.c.n.l. darà comunicazione a queste ultime del subentro nell’appalto. Alla scadenza del contratto di appalto possono verificarsi 2 casi: a) in caso di cessazione di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali l’impresa subentrante si impegna a garantire l’assunzione senza periodo di prova degli addetti esistenti in organico sull’appalto – risultanti da documentazione probante che lo determini – almeno 4 mesi prima della cessazione stessa, salvo casi particolari quali dimissioni, pensionamenti, decessi; b) in caso di cessazione di appalto con modificazioni di termini, modalità e prestazioni contrattuali, l’impresa subentrante – ancorché sia la stessa che già gestiva il RAGIONE_SOCIALEo – sarà convocata presso l’Associazione territoriale cui conferisce mandato, o in assenza presso la RAGIONE_SOCIALE o eventuale analoga istituzione territoriale competente, ove possibile nei 15 giorni precedenti con la Rappresentanza sindacale aziendale e le RAGIONE_SOCIALE sindacali stipulanti territorialmente competenti per un esame della situazione, al fine di armonizzare le mutate esigenze tecnico
organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali, tenuto conto delle condizioni professionali e di utilizzo del personale impiegato, anche facendo ricorso a processi di mobilità da posto di RAGIONE_SOCIALE a posto di RAGIONE_SOCIALE nell’ambito dell’attività dell’impresa ovvero a strumenti quali part-time, riduzione orario di RAGIONE_SOCIALE, flessibilità delle giornate lavorative, mobilità.”
Orbene, va precisato che, sul piano processuale, la violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi di RAGIONE_SOCIALE è stata parificata a quella delle nome di diritto; da ciò discende che le clausole del contratto collettivo devono essere interpretate in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 cc e ss.) che costituiscono un criterio interpretativo diretto e non più un canone esterno per verificare l’esattezza e la congruità della motivazione, senza che vi sia più la necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate né di indicare come il giudice di merito si sia discostato da canoni legali assunti come violati (Cass. 15934/2020; Cass. n. 5533/2016).
Inoltre, è stato affermato, sempre in sede di legittimità, che in tema di interpretazione del contratto collettivo, il senso letterale delle espressioni e la ratio del precetto contrattuale che costituiscono i canoni fondamentali sui quali si deve basare il procedimento ermeneutico, non sono ordinati secondo un criterio di priorità, ma devono essere ugualmente apprezzati dal giudice nella ricostruzione del significato dell’atto negoziale (Cass. n. 2996/2023; Cass. n. 30141/2022).
Ciò premesso, avendo riguardo ai principi sopra evidenziati questo Collegio considera corretta e condivisibile l’interpretazione dell’art. 4 del CCNL per il personale dipendente da RAGIONE_SOCIALE esercenti RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE/multiRAGIONE_SOCIALE 31.5.2011.
E’ pacifico che si verte in una ipotesi di cui alla lettera a) dell’art. 4 del CCNL in esame, trattandosi di subentro in un appalto nel settore delle pulizie senza variazioni sostanziali.
La questione di diritto che si pone è quella relativa, in questo caso, all’obbligo di assunzione dell’impresa subentrante, sancito dalla suddetta disposizione: se, cioè, il mantenimento dei livelli occupazionali preveda anche l’obbligo di riassumere alle medesime condizioni contrattuali in essere al momento della cessione.
Va premesso che alcuna influenza specifica, nel caso in esame, può spiegare il precedente di questa Corte (Cass. n. 16089/2014) che si è confrontato con un testo della disposizione contrattuale collettiva, diverso da quello oggetto della presente analisi, ove era inserito l’inciso ‘alle stesse condizioni precedentemente osservate e senza periodo di prova’ che non è, invece, presente nella versione de qua.
La risposta che questo Collegio ritiene di dare al problema di diritto, sopra precisato, è positiva, nel senso che il diritto alla riassunzione del dipendente deve ritenersi da effettuarsi alle ‘medesime condizioni’.
Ciò lo si desume da una serie di considerazioni, avendo riguardo al dato letterale della disposizione, che sul punto non limita espressamente il diritto, e alla ratio del precetto contrattuale.
Il primo argomento da considerare è di ordine sistematico ed è rappresentato da quanto previsto dalla fase preliminare del fenomeno successorio, disciplinata dall’art. 4 CCNL, relativamente agli obblighi cui sono tenute le RAGIONE_SOCIALE prima della scadenza del contratto di appalto.
La norma prevede, infatti, obblighi di informazione, sia per la azienda cessante che per quella subentrante.
Tali oneri, riguardanti la consistenza numerica degli addetti interessati, il rispettivo orario settimanale e la durata dei contatti, sono rivolti non solo per una corretta comunicazione agli Organi indicati ma, attraverso tale attività, sono finalizzati ad una sensibilizzazione delle RAGIONE_SOCIALE interessate diretta a valutare l’economicità della operazione, che non può prescindere, quindi, da una esatta conoscenza della situazione imprenditoriale sotto il profilo dei soggetti da assumere e dei compiti da questi svolti.
Il secondo argomento da valutare è più propriamente giuridico.
Se viene garantito, infatti, il mantenimento dei livelli occupazionali per coloro che hanno contratti di RAGIONE_SOCIALE con durata superiore a quattro mesi, è ravvisabile in capo ai suddetti lavoratori una situazione soggettiva di diritto cui corrisponde l’obbligo a carico della subentrante azienda di assumere.
Tale situazione è tutelabile ex art. 2932 cc (Cass. n. 28246/2018).
Tale tutela richiede, però, che siano determinati o determinabili gli elementi essenziali del contratto (Cass. n. 8568/2004): nel caso che ci interessa, quindi, per rendere effettiva la tutela non si può prescindere dal fatto che le mansioni e la qualifica del lavoratore che agisca ex art. 2932 cc non possano che essere le medesime di quelle rivestite nell’azienda cessante, per conferire ad esse appunto certezza nella loro indicazione in un eventuale provvedimento giurisdizionale.
Il terzo argomento concerne, invece, un dato letterale che emerge dalla stessa disposizione: in particolare, nella parte in cui è garantita l’assunzione senza periodo di prova.
La mancata previsione di un periodo di prova, a seguito della nuova assunzione da parte della azienda subentrante, induce a ritenere che le mansioni debbano essere le stesse perché non è plausibile ipotizzare che possa avvenire una assunzione, per mansioni diverse, senza un periodo di valutazione delle capacità e della idoneità del lavoratore, in spregio, pertanto, anche al requisito della sicurezza delle condizioni lavorative di quest’ultimo e della reciproca convenienza alla prosecuzione del rapporto di RAGIONE_SOCIALE.
La causa del patto di prova è, infatti, individuabile nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di RAGIONE_SOCIALE, in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale il datore di RAGIONE_SOCIALE può accertare le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutare l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto.
24. L’assenza della previsione di tale periodo non può che trovare fondamento nel fatto che il lavoratore, con l’azienda subentrante, debba svolgere necessariamente le medesime mansioni espletate al momento della cessazione dell’appalto: solo questo contesto può, infatti, giustificare l’esclusione di un periodo di prova.
25. Infine, come quarto argomento, va richiamato quanto affermato da questa Corte (Cass. n. 5260/2023) secondo cui .
26. Né, per concludere, può dirsi che la tutela riconosciuta ai lavoratori, in virtù di questa lettura dell’art. 4 lett. a) del CCNL in esame, sia analoga a quella prevista dall’art. 2112 cc, mirando quest’ultima a garantire ai dipendenti la conservazione di tutti i diritti derivanti dal rapporto lavorativo con l’impresa cedente, mentre la disposizione della norma collettiva in questione riguarda solo il mantenimento dei livelli occupazionali alle medesime condizioni contrattuali di quelle in atto con l’azienda cedente.
27. In ordine, infine, ai profili risarcitori, deve osservarsi che in caso di violazione del diritto al mantenimento del posto di RAGIONE_SOCIALE in ipotesi rientrante nell’ambito applicativo del citato art. 4 CCNL RAGIONE_SOCIALE, il lavoratore ha diritto all’integrale risarcimento del danno destinato ad assicurare la totale soddisfazione del diritto del dipendente, indebitamente pretermesso dalla prestazione lavorativa per l’inadempimento del datore di RAGIONE_SOCIALE.
28. Il principio di diritto applicabile al caso di specie è, quindi, quello relativo all’ipotesi in cui, ove il datore di RAGIONE_SOCIALE rifiuti di assumere il lavoratore che aveva l’obbligo di assumere, sorge a suo carico una responsabilità contrattuale (e non già precontrattuale) a contenuto risarcitorio che, secondo il generale disposto dell’art. 1223 cod. civ., deve comprendere sia il danno emergente che il lucro cessante, da commisurarsi quanto meno a tutte le retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito in caso di assunzione e per l’intero periodo dell’inadempimento dell’obbligo
di assunzione, salva la prova – della quale è onerato il datore di RAGIONE_SOCIALE inadempiente – di eventuali fatti limitativi della sua responsabilità ai sensi degli artt. 1223 e 1227 cod. civ.
Ciò in un contesto in cui si era in presenza di un cambio appalto, ove il lavoratore aveva diritto ad essere assunto a parità di termini, condizioni e prestazioni contrattuali dal nuovo appaltatore.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione in favore del Difensore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del Difensore della controricorrente che si è dichiarata antistataria. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 febbraio 2024