Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10659 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10659 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9796-2023 proposto da:
R.G.N. 9796/2023
Cron. Rep. Ud. 05/02/2025 CC
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 282/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/03/2023 R.G.N. 1355/2022;
Oggetto
Cambio appalto -non accettazione della riassunzione alle dipendenze del subentrante trasferimento dei lavoratori inapplicabilità della procedura per i licenziamenti collettivi
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
l a Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede di rigetto delle domande proposte dai lavoratori in epigrafe (e altri originari litisconsorti) dirette all’impugnativa dei licenziamenti loro intimati per ragioni disciplinari (assenza ingiustificata dal lavoro), successivamente al trasferimento disposto nei loro confronti dalla società RAGIONE_SOCIALE a Padova, con applicazione in via gradata delle tutele di cui agli artt. 2 ss. d. lgs. n. 23/2015;
la Corte territoriale osservava, in particolare, che:
-i lavoratori (inquadrati nel livello 5S CCNL per le imprese operanti nel settore della distribuzione, del recapito e dei servizi postali CNA) erano stati trasferiti a Padova a seguito della perdita dell’appalto del sito di Settimo Milanese ove erano impiegati, non avendo accettato di passare alle dipendenze della subentrante RAGIONE_SOCIALE, quale unica soluzione per mantenere i posti di lavoro;
-non era fondata l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. a fronte della mancata osservanza da parte del datore di lavoro della legge n. 223/1991, in quanto tale normativa non è applicabile ai casi di cambio appalto con ‘ subentro di un nuovo appaltatore nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative ‘, ai sensi dell’art. 7, comma 4-bis, D.L. n. 248/2007, e trattandosi di licenziamenti ontologicamente disciplinari;
-la contestazione e l’impugnazione del disposto trasferimento presso la sede di destinazione precludeva il riconoscimento in favore dei lavoratori delle indennità di licenziamento e di preavviso previste dall’art. 48 CCNL applicato al rapporto per ‘ il lavoratore che non accetti il trasferimento’;
per la cassazione della predetta sentenza hanno proposto ricorso i lavoratori in epigrafe sulla base di tre motivi, cui ha resistito la società con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.), parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’ art. 1, paragrafo 1, comma 1, lett. a), Direttiva 98/59 CE, degli artt. 4 o 23 legge n. 223/1991, 7, comma 4-bis, d.l. n. 248/2007 (conv. in legge n. 31/2008), così come da interpretarsi alla luce del principio di diritto enunciato nella sentenza della Corte Europea di Giustizia 11 novembre 2015, C422/14; si sostiene che la Corte d’Appello ha errato nel non aver ritenuto che i trasferimenti e i licenz iamenti dovessero essere disposti nell’ambito di una procedura di consultazione sindacale, dovendo i trasferimenti, in quanto integranti ‘ provvedimenti datoriali unilaterali ‘ comportanti una ‘ sostanziale modifica peggiorativa degli elementi essenziali dei contratti di lavoro dei lavoratori interessati ‘ , e i successivi licenziamenti, essere disposti nell’ambito e all’esito alla procedura di consultazione sindacale di cui agli artt. 4 e 24 legge n. 223/1991 e, visto il mancato esperimento di tale procedura, essere ritenuti illegittimi;
con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 118 disp. att.
c.p.c., per incoerenza (sotto il profilo dell’irriducibile contraddittorietà e della manifesta illogicità e apparenza della motivazione), per avere la Corte d’Appello dapprima accertato e affermato che i ricorrenti non erano stati riassunti dalla società subentrante nel cambio di appalto, e in seguito ritenuto non applicabile la procedura di consultazione sindacale di cui agli artt. 4 e 24, l. 223/1991 ai sensi dell’art. 7, comma 4 -bis del D.L. n. 248 del 2007, che invece presuppone, ai fini dell’ esclusione di tale procedura, l’intervenuta riassunzione dei lavoratori interessati da parte dell’impresa subentrante (nel caso di specie non avvenuta);
con il terzo motivo deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione o falsa applicazione dell’art.48 CCNL per le imprese operanti nel settore della distribuzione, del recapito e dei servizi postali CNA e dell’art. 1362 c.c.: sostiene che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere che i lavoratori non avessero diritto alle indennità di licenziamento e di preavviso;
i primi due motivi, da trattare congiuntamente per connessione, in quanto riguardanti la lettura della vicenda complessiva e la corrispondente sussunzione normativa, non sono fondati;
occorre prendere le mosse dalla sentenza della CGUE citata da parte ricorrente (cd. sentenza COGNOME) che statuisce, nel dispositivo, che: ‘ 2) Al fine di accertare l’esistenza di un «licenziamento collettivo», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, che comporta l’applicazione della direttiva stessa, la condizione, prevista nel secondo comma di tale disposizione, che «i licenziamenti siano almeno cinque» dev’essere interpretata nel senso che essa non riguarda le cessazioni di contratti di lavoro assimilate a un licenziamento, bensì esclusivamente i
licenziamenti in senso stretto. 3) La direttiva 98/59 deve essere interpretata nel senso che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, ad una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso rientra nella nozione di «licenziamento» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della medesima direttiva ‘; precisamente (§46) si dichiara che, ‘ al fine di accertare l’esi stenza di un «licenziamento collettivo», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, che comporta l’applicazione della direttiva stessa, la condizione, prevista nel secondo comma di tale disposizione, che «i licenziamenti siano almeno cinque» dev’essere interpretata nel senso che essa non riguarda le cessazioni di contratti di lavoro assimilate a un licenziamento, bensì esclusivamente i licenziamenti in senso strett o’;
la lettura della vicenda complessiva operata dalla Corte d’Appello (ossia essersi trattato, nel caso concreto, non di licenziamento collettivo, ma di cambio appalto, trasferimento giustificato, licenziamento ontologicamente disciplinare) è coerente con la nozione di licenziamento collettivo espressa dalla Corte di Giustizia UE, nozione indubbiamente non restrittiva, ma nemmeno riguardante tutte le ipotesi di recesso datoriale plurimo;
la lettura di parte ricorrente, nel senso dell’inclusione della vicenda nella nozione di licenziamento in senso stretto a partire dal trasferimento per cambio appalto, non è condivisibile perché non tiene conto della sequenza logica e giuridica dei fatti accertati;
detta sequenza va letta nella sua integralità: cambio appalto -mancata accettazione da parte dei lavoratori di
riassunzione nell’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative – trasferimento (sorretto da ragioni organizzative derivanti dalla cessazione dell’appalto) -licenziamento disciplinare (per assenza ingiustificata, non potendo essere nella specie validamente opposta eccezione di inadempimento rispetto al trasferimento legittimo);
si tratta di una sequenza diversa dal licenziamento collettivo, perché in essa si inserisce il trasferimento, ritenuto nel merito sorretto da motivi verificati ai sensi de ll’art. 2103 c.c.;
10. la Corte di Milano ha applicato la norma speciale di cui all’art. 7, comma 4 -bis, D.L. n. 248/2007, che esclude l’applicabilità della normativa sui licenziamenti collettivi, stabilendo che: ‘ Nelle more della completa attuazione della normativa in materia di tutela dei lavoratori impiegati in imprese che svolgono attività di servizi in appalto e al fine di favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in materia di licenziamenti collettivi, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative “;
peraltro, tale richiamo normativo è stato qualificato come ulteriore ragione argomentativa rispetto ai motivi di appello, mantenendo comunque ferma e ribadendosi la ricostruzione
operata in primo grado (idonea di per sé sola a sorreggere al decisione di rigetto delle domande azionate), nel senso che non si è trattato di licenziamento collettivo (o ipotesi assimilabile), ma di trasferimento (quantunque plurimo) per ragioni legittime ai sensi dell’art. 2103 c.c., con conseguente eccezione di inadempimento inefficace e sussistenza di giusta causa di licenziamento, e conseguente infondatezza, pertanto, della pretesa applicazione della procedura prevista dalla legge per i licenziamenti collettivi;
12. per ragioni derivate da quelle ora espresse consegue l’infondatezza anche del terzo motivo di ricorso;
la norma contrattuale collettiva invocata (art. 48, comma 2, CCNL applicato al rapporto) prevede il diritto all’indennità di licenziamento e al preavviso per il lavoratore che non accetti il trasferimento;
14. nell’ambito della sopraindicata sequenza, la norma contrattuale invocata, da leggersi in collegamento con il cambio appalto, presuppone la non accettazione del trasferimento, in funzione anche dissuasiva di possibile successivo licenziamento, nel perimetro di cessazione del rapporto in qualche modo concordata; nel caso di specie, invece, il trasferimento è stato giudizialmente contestato come inefficace per fondare il successivo licenziamento, venendo così meno i presupposti per l’applicabilità della norma collettiva, come ritenuto nel doppio grado di merito;
15. le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, sono regolate secondo il regime della soccombenza e si distraggono in favore del procuratore che si è dichiarato anticipatario;
16. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 6. 3 00 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore anticipatrio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘ Adunanza camerale del 5 febbraio 2025.