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Cambio appalto licenziamento: non è collettivo

Un gruppo di lavoratori, in seguito a un cambio di appalto, ha rifiutato la riassunzione con la nuova azienda e il successivo trasferimento disposto dal datore di lavoro originario. Di conseguenza, sono stati licenziati per motivi disciplinari. Hanno impugnato il licenziamento sostenendo che si trattasse di un licenziamento collettivo mascherato, ma la Corte di Cassazione ha respinto la loro tesi. La Corte ha chiarito che nel caso di cambio appalto licenziamento, la procedura per i licenziamenti collettivi non si applica se il subentrante offre la riassunzione a parità di condizioni. Il trasferimento è stato considerato legittimo e i licenziamenti validi in quanto disciplinari.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Cambio Appalto Licenziamento: Quando non si applica la procedura collettiva

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 10659 del 2025, offre un importante chiarimento sulla distinzione tra licenziamento disciplinare e licenziamento collettivo nel contesto di un cambio appalto licenziamento. La vicenda analizza il caso di alcuni lavoratori che, a seguito della perdita di un appalto da parte del loro datore di lavoro, hanno rifiutato sia la riassunzione presso la nuova azienda appaltatrice sia il successivo trasferimento disposto dalla loro azienda, venendo infine licenziati per assenza ingiustificata.

I Fatti del Caso: dal Cambio Appalto al Licenziamento

La controversia nasce dalla decisione di un gruppo di lavoratori, impiegati nel settore della logistica, di non accettare il passaggio alle dipendenze della società subentrante in un cambio di appalto. Questa era stata presentata come l’unica opzione per mantenere il posto di lavoro nella sede originaria.

Di fronte al loro rifiuto, la società datrice di lavoro originaria, avendo perso l’appalto e non avendo più necessità della loro prestazione in quella sede, ha disposto il loro trasferimento in un’altra città. I lavoratori hanno contestato il trasferimento e non si sono presentati nella nuova sede di lavoro. Tale assenza, ritenuta ingiustificata dall’azienda, ha portato al loro licenziamento per motivi disciplinari.

I lavoratori hanno impugnato i licenziamenti, sostenendo che l’intera operazione (trasferimento e successivi licenziamenti) mascherasse in realtà un licenziamento collettivo, attuato senza seguire la procedura di consultazione sindacale prevista dalla Legge n. 223/1991.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei lavoratori, confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno stabilito che la sequenza degli eventi non configurava un licenziamento collettivo, bensì una serie di atti legittimi da parte del datore di lavoro.

La Sequenza Logica degli Eventi

La Suprema Corte ha ricostruito la catena degli eventi come segue:
1. Cambio di appalto: L’azienda originaria perde l’appalto.
2. Mancata riassunzione: I lavoratori non accettano di essere riassunti dalla nuova azienda appaltatrice a parità di condizioni.
3. Trasferimento: Il datore di lavoro originario, per ragioni organizzative legate alla cessazione dell’appalto, dispone legittimamente il loro trasferimento in un’altra sede.
4. Licenziamento disciplinare: I lavoratori, non presentandosi al lavoro nella nuova sede, commettono un’assenza ingiustificata, che costituisce giusta causa per il licenziamento disciplinare.

Questa sequenza, secondo la Corte, è intrinsecamente diversa da quella di un licenziamento collettivo, che origina da una decisione unilaterale del datore di lavoro di ridurre il personale per motivi economici od organizzativi.

Le Motivazioni: perché non si tratta di un cambio appalto licenziamento collettivo

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri principali: l’inapplicabilità della normativa sui licenziamenti collettivi e la legittimità del trasferimento.

L’Inapplicabilità della Procedura per i Licenziamenti Collettivi

Il punto cruciale della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 7, comma 4-bis, del D.L. n. 248/2007. Questa norma speciale esclude espressamente l’applicazione della procedura per i licenziamenti collettivi (prevista dalla Legge 223/1991) nei casi di cambio appalto in cui il personale viene riassunto dal nuovo appaltatore a parità di condizioni economiche e normative. Poiché nel caso di specie era stata offerta ai lavoratori tale possibilità, la successiva catena di eventi non poteva essere ricondotta alla fattispecie del licenziamento collettivo.

La Corte ha inoltre sottolineato che, secondo la giurisprudenza europea (sentenza Pujante Rivera), la nozione di “licenziamento collettivo” si riferisce a licenziamenti in senso stretto e non a tutte le forme di cessazione del rapporto di lavoro.

La Legittimità del Trasferimento e del Licenziamento Disciplinare

Il trasferimento è stato ritenuto legittimo in quanto sorretto da comprovate ragioni organizzative (la cessazione dell’appalto), ai sensi dell’art. 2103 c.c. Di conseguenza, i lavoratori non potevano validamente opporre un’eccezione di inadempimento per giustificare la loro assenza. Il loro rifiuto di recarsi nella nuova sede di lavoro ha quindi configurato un’assenza ingiustificata, che ha legittimamente portato al licenziamento per motivi disciplinari.

Infine, la Corte ha negato ai lavoratori il diritto all’indennità di licenziamento e al preavviso, previste dal CCNL per chi non accetta il trasferimento, poiché essi non si erano limitati a non accettarlo, ma lo avevano contestato giudizialmente come inefficace, venendo così meno i presupposti per l’applicazione di tale tutela contrattuale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale nella gestione delle crisi aziendali derivanti da un cambio appalto licenziamento. Stabilisce che se il nuovo appaltatore offre la continuità lavorativa alle stesse condizioni, la tutela contro i licenziamenti collettivi viene meno. I lavoratori che rifiutano tale opportunità e il successivo trasferimento legittimo da parte del datore originario si espongono al rischio di un licenziamento per giusta causa, perdendo le tutele economiche previste in caso di recesso concordato.

Quando avviene un cambio appalto, il datore di lavoro originario è obbligato a seguire la procedura per i licenziamenti collettivi se i lavoratori non vengono riassunti dal nuovo appaltatore?
No, la normativa speciale (art. 7, comma 4-bis, D.L. n. 248/2007) esclude l’applicazione della procedura per i licenziamenti collettivi quando, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, è prevista l’acquisizione del personale a parità di condizioni economiche e normative.

Un trasferimento disposto dal datore di lavoro dopo un cambio appalto è legittimo se i dipendenti rifiutano di passare al nuovo appaltatore?
Sì. La Corte ha ritenuto che il trasferimento, sorretto da ragioni organizzative derivanti dalla cessazione dell’appalto, fosse legittimo. Il rifiuto del trasferimento non era giustificato, in quanto il datore di lavoro non era venuto meno ai suoi obblighi.

Un lavoratore ha diritto all’indennità di licenziamento e al preavviso se contesta giudizialmente il trasferimento e viene poi licenziato per assenza ingiustificata?
No. Secondo la Corte, il diritto a tali indennità, previsto dal CCNL in caso di non accettazione del trasferimento, non sussiste quando il lavoratore contesta l’efficacia del trasferimento stesso. In questo caso, il licenziamento è stato considerato di natura disciplinare per assenza ingiustificata, venendo meno i presupposti per l’applicazione della norma collettiva sull’indennità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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