Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5667 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L   Num. 5667  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30646/2018 R.G. proposto da:
NOME  COGNOME ,  elettivamente  domiciliato  in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio  RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ,  quale successore ex lege RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art . 21 del D.L. 201 del  6/12/11  convertito  in  Legge  n.  214/2011,  in  persona  del  legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO
Oggetto: Pubblico impiego -Conferimento incarico dirigenziale ex art. 19, comma 6, D. Lgs. n.  165/2002  –  T.F.S. -Base di calcolo -Retribuzione di inquadramento
R.G.N. 30646/2018
Ud. 20/02/2024 CC
INDIRIZZO,  presso  l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1422/2018 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera  di consiglio del giorno 20/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1422/2018 depositata il 7 giugno 2018, la Corte d’appello di R o ma, nella regolare costituzione RAGIONE_SOCIALE‘appellata RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ha respinto  l’appello  proposto  da  NOME  COGNOME  avverso  la sentenza del Tribunale di Roma n. 3419/2014.
NOME COGNOME, già dipendente RAGIONE_SOCIALEa Corte dei Conti con qualifica di Coordinatore di Area III Fascia F5, in quiescenza dal 29 novembre 2010, aveva adito il Tribunale di Roma riferendo in fatto: di avere ricevuto, in data 29 settembre 2008, incarico di Dirigente di II fascia ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6, D. Lgs. n. 165/2001, venendo collocato in aspettativa senza assegni; di avere mantenuto l’incarico sino al collocamento in quiescenza e di essersi visto liquidare il TFS dall’allora RAGIONE_SOCIALE, ex art. 38, d.P.R. n. 1032/1973, sulla base RAGIONE_SOCIALE‘ultima retribuzione percepita prima del collocamento in aspettativa.
Deducendo di avere invece diritto al computo del TFS sulla scorta RAGIONE_SOCIALEo stipendio percepito nella qualità di Dirigente di II fascia, aveva chiesto  la  condanna  di  RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE -gestione ex RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE -al  pagamento RAGIONE_SOCIALE‘importo di € 101.402,88, a titolo di liquidazione TFS, detratti gli acconti percepiti.
Costituitasi regolarmente la convenuta, il Tribunale di Roma aveva definito il giudizio dichiarando la nullità RAGIONE_SOCIALEa domanda.
 Proposto  appello  da  parte  di  NOME  COGNOME,  la  Corte d’appello  di  Roma  ha  ritenuto  fondata  la  doglianza  con  la  quale l’appellante impugnava la declaratoria di nullità RAGIONE_SOCIALEa domanda, ma, esaminata quest’ultima nel merito, l’ha respinta.
Ha infatti osservato la Corte capitolina che, vertendo la controversia sull’indennità di buonuscita e non sul trattamento pensionistico, a dover trovare applicazione era l’art. 3, d.P.R. n. 1032/1973 e non l’art. 19, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001, ratione temporis vigente , in quanto tale ultima previsione, da un lato, era riferibile ai soli dirigenti di ruolo – e non al personale privo di tale qualifica ma al quale fosse affidato incarico dirigenziale e, dall’altro lato, nel richiamare l’art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 1032/1973, rinviava al diverso trattamento di quiescenza e non all’indennità di buonuscita.
Ha  affermato  la  Corte  che  all’odierno  ricorrente  doveva  invece trovare applicazione la diversa previsione di cui all’art. 19, comma 6, D. Lgs. n. 165/2001, la quale, pur non dettando una disciplina per il trattamento di quiescenza o per il trattamento di fine servizio, fissa, semmai,  una  separazione  tra  il  rapporto  di  pubblico  impiego  ed  il temporaneo incarico di funzione dirigenziale.
La Corte ha invece escluso che potesse applicarsi l’art. 19, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001 come integrato dall’art. 1, comma 32, D.L. n. 138/2011 (conv. con L. n. 148/2011), in quanto norma sopravvenuta alla  cessazione  del  rapporto  di  lavoro RAGIONE_SOCIALE‘appellante  e  comunque riferita ai soli dirigenti di ruolo.
Per la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Roma ricorre ora NOME COGNOME.
Resiste con controricorso l’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, quale successore ex lege RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, commi 2 e 6, D. Lgs. n. 165/2001.
Il  ricorrente  richiama  il  disposto  di  cui  all’art.  19,  D.  Lgs.  n. 165/2001 come modificato dall’art. 1, comma 32, D.L. n. 138/2011, argomentando  che  lo  stretto  nesso  esistente  tra  il  collocamento  in aspettativa  del  funzionario  e  l’attribuzione  RAGIONE_SOCIALE‘incaric o  dirigenziale comporta la necessità di equiparare l’incarico conferito al funzionario a quello di dirigente di ruolo, potendosi assimilare la fattispecie in rilievo a quella di cui al comma 4 RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 19.
Contesta  il  ricorrente  che  nella  specie  si  verta  in  una  ipotesi  di reggenza di fatto, e quindi di svolgimento di mansioni superiori ex art. 52, D. Lgs. n. 165/2001, in quanto l’incarico viene conferito sulla base di una verifica RAGIONE_SOCIALEa sussistenza di requisiti professionali specifici.
Conclude, quindi, il ricorrente che dal quadro normativo dovrebbe evincersi una equiparazione tra il personale con qualifica di dirigente ed il personale incaricato di funzioni dirigenziali, dovendosi, conseguentemente, riferire l’art. 19, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001 ad entrambe le figure.
Argomenta  ulteriormente  che,  dal  tenore  letterale  RAGIONE_SOCIALE‘art.  1, comma 32, D.L. n. 138/2011, dovrebbe evincersi, a contrario , che, per gli  incarichi  conferiti  prima  RAGIONE_SOCIALE‘entrata  in  vigore  RAGIONE_SOCIALEo  stesso  D.L.
138/2011, il calcolo del trattamento di fine servizio dovrebbe essere invece  determinato  sulla  base  RAGIONE_SOCIALE‘ultima  retribuzione  percepita  in relazione all’incarico svolto.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l ‘omesso esame di fatti decisivi, per avere la Corte territoriale omesso di valutare la circostanza RAGIONE_SOCIALEa risposta fornita dalla Corte dei Conti all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in relazione alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità di buonuscita del ricorrente, in quanto in tale risposta era stata evidenziata l’applicazione in casi analoghi del regime ora invocato dal ricorrente, da ciò derivando una disparità di trattamento applicato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE all’od ierno ricorrente rispetto al trattamento applicato ad altri interessati.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il motivo viene sostanzialmente ad imperniarsi su due argomentazioni:
il  conferimento  di  funzioni  dirigenziali ex art.  19,  D.  Lgs. 165/2001 sarebbe equiparabile alla dirigenza di ruolo ai fini RAGIONE_SOCIALE‘applicazione del trattamento RAGIONE_SOCIALE‘indennità di buonuscita;
II) il regime intertemporale dettato da ll’art. 1, comma 32, D.L. n. 138/2011 che integra l’art. 19, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001 ( ‘La disposizione del presente comma si applica agli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto nonché agli incarichi aventi comunque decorrenza successiva al 1° ottobre 2011.’ ), starebbe a dimostrare che in relazione agli incarichi conferiti prima del 1° ottobre 2011 e di durata inferiore ai tre anni -quale quello del ricorrente – non operano le limitazioni poste dall ‘ultimo periodo del citato art. 19, comma 2.
Il primo argomento appare privo di concreto riscontro a livello normativo, in quanto si basa sul mero meccanismo alla base RAGIONE_SOCIALE‘attribuzione RAGIONE_SOCIALEe funzioni dirigenziali omettendo di considerare che detto meccanismo, tuttavia, resta privo di concorsualità ed improntato alla transitorietà RAGIONE_SOCIALE‘incarico proprio in virtù del disposto di cui all’art. 19, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001, ben potendosi richiamare sul punto i precedenti di questa Corte (ed in primo luogo Cass. Sez. U, Sentenza n. 10413 del 14/05/2014) che hanno rimarcato la natura ‘ connotata da temporaneità ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ipotesi di conferimento di incarico dirigenziale, finalizzato ad operare la temporanea copertura di una vacanza, senza che tale ipotesi possa in alcun modo essere assimilata a quella RAGIONE_SOCIALEa dirigenza di ruolo ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità di buonuscita .
Ciò in quanto -come osservato dalle stesse Sezioni Unite richiamando Cass. Sez. L, Sentenza n. 16506 del 2013 -‘ rapportare la liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘indennità di buonuscita alla retribuzione da ultimo percepita in forza RAGIONE_SOCIALEe mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea, anziché alla retribuzione RAGIONE_SOCIALE‘ultima qualifica rivestita, è una soluzione che si traduce in un sostanziale aggiramento del disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, di fatto realizzando lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento nelle forme previste dalla citata normativa ‘ .
Anche il secondo argomento risulta superato e smentito dalle più recenti pronunce di questa Corte (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 17204 del 15/06/2023; Cass. Sez. L, Ordinanza n. 22014 del 03/09/2019), peraltro  adottate  in  continuità  con  decisioni  ancora  anteriori  (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10413 del 14/05/2014 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 16506 del 2013).
In tali pronunce -la cui motivazione è qui richiamata ex art. 118 disp. att. c.p.c. -è stato, in primo luogo, affermato il principio generale per cui in tema di trattamento di fine servizio (t.f.s.) per i pubblici dipendenti, nella base di calcolo RAGIONE_SOCIALE‘indennità va considerato lo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per il temporaneo esercizio RAGIONE_SOCIALEe superiori mansioni di dirigente affidate al dipendente al di fuori RAGIONE_SOCIALEa previsione di cui all’art. 52, comma 2, del d. lgs n. 165 del 2001, attesa la intrinseca precarietà RAGIONE_SOCIALE‘incarico che, se non impedisce il riconoscimento di quanto dovuto a titolo retributivo corrente per il lavoro svolto dal dipendente medesimo, comporta che non sia integrata la fattispecie, denotata da rigorosa tassatività, propria del t.f.s.
In secondo luogo, le suddette pronunce si sono già espresse in ordine alla valenza interpretativa assunta dalla modifica apportata da ll’art. 1, comma 32, D.L. n. 138/2011 al l’art. 1 9, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001, osservando testualmente che ‘ la previsione del triennio ha un diverso scopo, che è quello di evitare che un incarico effettivo e formalmente attribuito di dirigenza a persona la cui vita lavorativa residua sia inferiore al triennio possa avere incidenza ai fini del calcolo del t.f.s. (e RAGIONE_SOCIALEa base pensionabile), in modo da evitare che l’attribuzione possa finire per valorizzare trattamenti goduti soltanto in limine RAGIONE_SOCIALEa vita lavorativa stessa ‘ .
Finalità RAGIONE_SOCIALEa previsione di cui all’art. 19, comma 2, ultimo periodo, D. Lgs. 165/2001, quindi, non è quella di dettare (solo per il futuro) un regime più restrittivo che invece lascerebbe aperta la possibilità di applicare alle fattispecie anteriori un criterio di calcolo del t.f.s. ancorato alla remunerazione RAGIONE_SOCIALE‘incarico dirigenziale conferito come sostiene il ricorrente -ma invece proprio di ribadire il principio opposto, in connessione con la regola di cui al precedente terzo periodo che
stabilisce che ‘l a durata RAGIONE_SOCIALE‘incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo RAGIONE_SOCIALE‘interessato ‘ .
Proprio da tale ultima disposizione, infatti, scaturisce l’esigenza di evitare che la temporaneità e precarietà RAGIONE_SOCIALE‘incarico resa ancor più marcata dalla durata infratriennale -consenta nondimeno di valutare l’ultima remunerazione percepita ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione del t.f.s. , agganciando quest’ultima ad un trattamento economico che viene a remunerare il temporaneo conferimento di funzioni superiori ma che non è invece corrispondente all’effettivo inquadramento.
Come già affermato da questa Corte, quindi, vanno ribaditi i principi affermati dalla Corte Costituzionale e da questa stessa Corte, per cui, se è possibile che per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro sia temporaneamente adibito a mansioni proprie di una qualifica superiore in particolare nel caso di vacanza di posto in organico e se per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto ad un trattamento retributivo che sia compensativo RAGIONE_SOCIALE‘esercizio temporaneo RAGIONE_SOCIALEe mansioni corrispondenti alla qualifica superiore, tuttavia detto trattamento retributivo non necessariamente deve essere di misura tale da elevare lo “stipendio” RAGIONE_SOCIALEa qualifica di appartenenza all’esatto trattamento economico corrispondente alla qualifica superiore cui sono riferibili le mansioni svolte, essendo sufficiente che vi sia un compenso aggiuntivo rispetto alla retribuzione RAGIONE_SOCIALEa qualifica di appartenenza.
Da ciò consegue che l’intrinseca temporaneità RAGIONE_SOCIALE‘incarico dirigenziale, affidato al dipendente sprovvisto RAGIONE_SOCIALEa qualifica di dirigente, comporta che l’incremento di trattamento economico rispetto a quello corrispondente alla qualifica di appartenenza risulta concettualmente isolabile e non appartiene alla nozione di “stipendio” che  è  invece  il  trattamento  economico  tabellarmente  riferibile  alla
qualifica di appartenenza, con esclusione di altri emolumenti, seppur erogati con continuità e a scadenza fissa, ove non rientranti nell’elencazione di cui all’art. 38, d.P.R. n. 1032/1973, che individua le altre indennità, indicate tassativamente, da computare anch’esse, al pari RAGIONE_SOCIALEo “stipendio”, in tale base di calcolo.
In  conclusione,  l’intervento  modificativo  apportato  all’art.  19, comma 2, D. Lgs. 165/2001 dal D.L. n. 138/2011 non può assumere alcuna valenza interpretativa riflessa sul regime previgente in tema di determinazione  del  t.f.s.  nell’ipotesi  di  c onferimento  temporaneo  di incarico dirigenziale ai sensi del medesimo art. 19, se non nel senso di ribadire quanto era già comunque desumibile dal dato normativo.
Né  a  differenti  conclusioni  può  indurre  la  circostanza  che,  nello specifico,  l’incarico  dirigenziale  sia  stato  conferito ,  come evidenziato dalla Corte territoriale, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 19, comma 6.
Tale  ultima  disposizione,  che  comunque  richiama  il  comma  2, prevede  la possibilità che l’Amministrazione attribuisca incarichi dirigenziali, a tempo  determinato, a «persone di particolare e comprovata  qualificazione  professionale»,  non  rinvenibile  nei  propri ruoli dirigenziali.
Sono previsti anche in questo caso limiti stringenti che connotano il ricorso all’eccezionale procedura ex art. 19, comma 6, come ribadito dalla recente sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Cost. n. 84/2022.
Si  tratta  pur  sempre  di  affidamento  temporaneo  di  incarico dirigenziale  quale  eccezione  alla  modalità  di  reclutamento  fisiologica che resta quella di affidare l’incarico a coloro che abbiano superato il percorso  di  qualificazione  concorsuale  per  l’inserime nto  nel  ruolo dirigenziale.
Una diversa interpretazione – ed in particolare quella sostenuta dal ricorrente – verrebbe non solo a confliggere con il citato art. 38, d.P.R.
n. 1032/1973 , ma si tradurrebbe in uno snaturamento RAGIONE_SOCIALE‘essenziale carattere di temporaneità  e precarietà RAGIONE_SOCIALE‘incarico,  conducendo quest’ultimo ad una inammissibile assimilazione all’incarico di ruolo , entrando in conflitto con il principio generale dettato dall’art. 52, D. Lgs. n. 165/2001.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
Sebbene lo stesso non sia precluso dal disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c. – stante la divergenza tra le motivazioni del giudizio di primo grado e del giudizio di appello – lo stesso non rispetta il canone reiteratamente fissato da questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) nello stabilire che l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c., deve essere riferita ad un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo RAGIONE_SOCIALEa sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso RAGIONE_SOCIALEa controversia), con la conseguenza che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALEe previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6), e 369, secondo comma, n. 4), c.p.c., il ricorrente deve indicare: 1) il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso; 2) il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente; 3) il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti; 4) la sua “decisività”.
Parimenti, questa Corte ha chiarito, da un lato, che l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. non ricomprende questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma  normativo  a  quest’ultimo  profilo  (Cass.  Sez.  6 -1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), e, dall’altro lato, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di
per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 2 -Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018), e ciò in quanto le deduzioni aventi ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze istruttorie attengono alla mera sufficienza RAGIONE_SOCIALEa motivazione, e cioè ad un profilo non (più) deducibile come motivo di ricorso (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11863 del 15/05/2018).
Nella specie, la circostanza di cui si denuncia l’omesso esame, in primo luogo non risulta in concreto essere stata oggetto di discussione tra le parti, attese le carenze di formulazione del motivo; in secondo luogo, si riferisce ad un documento, e quindi in un profilo avente carattere meramente probatorio; in terzo luogo appare priva del carattere di ‘decisiv ità ‘, in quanto l’erronea applicazione di un diverso trattamento ad altre ipotesi non potrebbe certo valere a rendere legittimo il perpetuarsi RAGIONE_SOCIALE‘ap plicazione di un regime non corretto; in ultimo luogo si traduce, nelle deduzioni del ricorrente, in una mera argomentazione -peraltro basata su una generica disparità di trattamento -ponendosi quindi al di fuori RAGIONE_SOCIALE‘alveo RAGIONE_SOCIALE‘ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore RAGIONE_SOCIALEa pronuncia, va dato atto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13,  comma  1quater D.P.R. n. 115/02, RAGIONE_SOCIALEa “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  pari  a  quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se
dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza  in  concreto  del  contributo,  per  la  inesistenza  di  cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai  sensi  del  D.P.R.  30  maggio  2002,  n.  115,  art.  13  comma  1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 20 febbraio