Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14242 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14242 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11151-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4186/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/11/2022 R.G.N. 2319/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che :
La Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello di RAGIONE_SOCIALE, confermando la sentenza di primo
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/03/2024
CC
grado, che aveva riconosciuto il diritto di NOME COGNOME al computo, nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto, delle somme percepite a titolo di MBO (management by objective) negli anni dal 2007 al 2012.
La Corte territoriale, richiamando un proprio precedente specifico, ha confermato la statuizione di primo grado in base all’accertamento dell’essere l’emolumento in questione di natura non occasionale, in quanto ‘previsto quale parte variabile della retribuzione e collegato, sia pure in via non esclusiva, al raggiungimento di obiettivi assegnati dall’azienda ed a fattori comunque inerenti la prestazione lavorativa (la permanenza in servizio e la non violazione del codice etico)’. Ha escluso che la circostanza dell’essere il sistema retributivo incentivante MBO condizionato alla decisione aziendale, libera e insindacabile, di ammettere il lavoratore al relativo programma, facesse venir meno la natura non occasionale delle somme a tale titolo erogate.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo. NOME COGNOME ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 2120 c.c. per non avere la Corte di merito tratto le dovute conseguenze dal rilievo che il raggiungimento, da parte del dipendente, degli obiettivi individuali costituisse condizione utile ma non sufficiente per l’erogazione della voce MBO; che lo stesso era subordinato alla realizzazione di ulteriori elementi concorrenti, quali il conseguimento degli
obiettivi globali del Gruppo, la previa approvazione del bilancio dell’esercizio di competenza, la sussistenza del rapporto di lavoro al 31 dicembre dell’anno di riferimento e l’assenza di violazioni del codice etico; con la conseguenza che, essendo la realizzazione di tali elementi concorrenti eventuale, imprevedibile ed incerta, i compensi legati al sistema MBO risultavano sporadici ed occasionali, tali dovendosi intendere quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e fortuite, e quindi non computabili ai fini del TFR.
Il motivo di ricorso non è fondato.
Come affermato da questa Corte, ‘il secondo comma dell’art. 2120 cod. civ. vigente, nel definire la nozione di retribuzione, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, non richiede, a differenza del vecchio testo della norma codicistica, la ripetitività regolare e continua e la frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, disponendo che questi ultimi vanno esclusi dal suddetto calcolo solo in quanto sporadici ed occasionali, per tali dovendosi intendere solo quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e fortuite, e dovendosi all’opposto computare ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto gli emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro’ (Cass. n. 15080 del 2008; nello stesso senso v. Cass. n. 7488 del 2000; n. 12411 del 2002; n. 11448 del 2004; n. 9252 del 2008; n. 16591 del 2014; n. 29440 del 2017).
Difatti, l’art. 2120 c.c., nel testo modificato dalla legge n. 297 del 1982, ha accolto un criterio omnicomprensivo del calcolo
del trattamento di fine rapporto, che include nella relativa base di computo “tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del
rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese” (comma 2). L’espressione è così ampia da includere qualsiasi compenso corrisposto al dipendente per un titolo connesso al rapporto di lavoro, anche se privo del “carattere continuativo” precedentemente richiesto dal vecchio testo dell’art. 2121 c.c. per l’indennità di anzianità. Ne restano esclusi, quindi, soltanto quegli emolumenti erogati per situazioni straordinarie ed imprevedibili, tali da far ragionevolmente presumere che non possa ripetersi con frequenza l’occasione della prestazione lavorativa. Si tratta di una dizione certamente idonea a comprendere compensi relativi a prestazioni che presentino carattere di ricorrenza nel tempo, anche se variabili nella cadenza temporale e nella quantità. Al fine dell’inclusione nella base di calcolo del t.f.r., diversamente da quanto accade per altri istituti retributivi indiretti per i quali non vige un principio legale di onnicomprensività della retribuzione, è sufficiente che nel corso del rapporto i compensi siano erogati con frequenza e con carattere di corrispettività rispetto alle prestazioni rese, in modo tale da escluderne la corresponsione “a titolo occasionale” (così Cass. n. 18680 del 2014).
Da tali principi discende che anche l’emolumento il quale, astrattamente, presenti il carattere dell’incertezza, siccome collegato alle modalità di espletamento della prestazione lavorativa e alla relativa valutazione da parte datoriale, come nel caso di obiettivi aziendali da raggiungere, non per questo assume connotati di ‘occasionalità’ ove risulti, in base ad una verifica da eseguire necessariamente ex post, la sua avvenuta erogazione ai dipendenti per un tempo significativo. 10. In adesione a tali principi di diritto, la Corte d’appello ha ritenuto integrato il requisito di ‘non occasionalità’ della retribuzione incentivante in quanto corrisposta al dipendente
per sei anni consecutivi e legata, sia pure in modo non esclusivo, al raggiungimento degli obiettivi assegnati dall’azienda, alla permanenza in servizio e alla mancata violazione del codice etico, ad elementi cioè che, essendo rigorosamente collegati allo svolgimento del rapporto di lavoro, anche se non alla effettiva prestazione lavorativa, in nessun modo potevano considerarsi connotati da aleatorietà e imprevedibilità.
Né può ragionevolmente fondarsi il carattere occasionale dell’emolumento in parola sul rilievo che l’ammissione del dipendente al sistema incentivante dipendesse da decisioni aziendali, posto che queste ultime devono presumersi svolte in conformità a canoni di correttezza e buona fede e prive di qualsiasi effetto discriminatorio e non determinate da fattori del tutto eventuali, imprevedibili e fortuiti.
Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 26 marzo 2024