Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31952 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31952 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14494-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2392/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/11/2020 R.G.N. 1717/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
ENPALS
R.G.N. 14494/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME – lavoratore dello spettacolo titolare di trattamento di quiescenza a carico della gestione cd. ex ENPALS – di riliquidazione della quota B e del supplemento di pensione con decorrenza rispettivamente dal 1.1.2007 e 1.2.2012 utilizzando quale base di calcolo la media ‘effettiva’ delle migliori retribuzioni in luogo di quella ‘ridotta’ utilizzata. La Corte di merito pur ritenuta infondata l’eccezione di decadenza, già rigettata dal Tribunale, con riguardo alla riliquidazione della quota B della pensione, l’ha accolta con riferimento al supplemento di pensione riconosciuto a decorrere dal 1.1.2012. Preso atto della data del deposito del ricorso giudiziario il 16.5.2016 ha ritenuto che la parte fosse decaduta dal potere di chiedere i ratei del supplemento anteriormente a tale data. Ha rigettato invece l’eccezione di prescrizione reiterata dall’Istituto e, nel merito, ha ritenuto che il massimale pensionabile di cui all’art . 12, comma 7 del d.P.R. n. 1420 del 1971, modificato dall’art.1, co mma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997, non fosse applicabile alla Quota B di pensione sul rilievo che la specifica disciplina dei trattamenti ex ENPALS non conteneva alcun riferimento espresso a tale limite.
Per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS con due motivi , ulteriormente illustrati da memoria, ai quali resiste con tempestivo controricorso NOME COGNOME A ll’Adunanza il Collegio si è riservato il termine di 60 giorni per il deposito dell’ordinanza (art. 380 bis 1, secondo comma cod.proc.civ.).
RITENUTO CHE
Con il primo motivo di ricorso è denunciata, ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, come novellato dall’art. 38 comma 1
lettera d) n. 1 del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111.
3.1. Ad avviso dell’Istituto ricorrente erroneamente la sentenza ha ritenuto non applicabile la decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d) d.l. n. 98 del 2011. Sostiene che la norma introduttiva della decadenza incide anche sulle pensioni aventi decorrenza anteriore alla data della sua entrata in vigore (6 luglio 2011), con decorrenza in tal caso del triennio dalla suddetta data, in applicazione del meccanismo generale di cui all’art. 252 disp.att. c.p.c.. Rileva, inoltre, che l’atto che impedisce la decadenza dall’azione giudiziaria deve essere individuato nella proposizione dell’azione giudiziaria e non già della domanda amministrativa, e sottolinea che la decadenza introdotta dall’art. 38 citato è decadenza dall’azione giudiziaria che avrebbe potuto essere impedita solo dalla proposizione della medesima. Deduce che, nel caso in esame, la domanda giudiziaria era stata proposta con ricorso depositato il 16 maggio 2016 e dunque ben oltre il triennio computato dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del d.l. n. 98 del 2011.
Con il secondo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 1420 del 31.12.1971 e dell’art. 4 d.lgs. n. 182 del 30.04.1977. L’istituto previdenziale ricostruisce le norme in materia, affermando che con l’art. 4 citato è stato stabilito che l’aliquota di rendimento del 2% trova applicazione solo fino a una determinata soglia retributiva, e che il tetto pensionabile annuo, per i lavoratori dello spettacolo viene trasformato in tetto pensionabile giornaliero (per 312) e che la maggiore aliquota di rendimento si applica solo fino a questa soglia. Sostiene che per la parte eccedente, pur ricompresa entro il massimale, devono essere applicate le aliquote decrescenti di cui all’art. 12 del
d.lgs. n. 503 del 1992 e che – a differenza di quanto avviene per le quote di retribuzione pensionabile eccedenti il massimale AGO le quali rilevano tutte nel calcolo del trattamento – non sussistendo la previsione di un tetto pensionabile, le quote eccedenti il massimale (Quota B) delle pensioni ENPALS non rilevano in nessun modo per il calcolo della pensione, come si evince dalla stessa lettera dell’art. 1, co.8 del d.lgs. n.182 del 1997, il quale non contiene una specifica previsione in tal senso. Sottolinea che anzi il successivo comma 10 appare smentire l’avviso della Corte territoriale, affermando che ‘Ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile non si prendono in considerazione, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite di lire 315.000. A decorrere dal 1° gennaio 1998 il predetto limite è rivalutato annualmente sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come calcolato dall’ISTAT’ . 5. Il primo motivo di ricorso è fondato.
5.1. Con riferimento all’applicabilità del termine di decadenza di cui all’art. 47, come modificato dall’art. 38 citato, va qui ribadito il principio ormai affermatosi (a partire da Cass. n.7756 del 2016 e Cass. n. 29754 del 2019) secondo cui, in applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.15352 del 2015 – relativa all’applicazione del termine di decadenza introdotto dal legislatore del 1997 con la legge n. 238 (in materia di emotrasfusioni) solo a decorrere dall’entrata in vigore della legge stessa -il termine di decadenza introdotto dall’art. 38 comma 1 lett. d) n. 1) del d.l. n. 98 del 2011, convertito in 1. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova
applicazione anche con riguardo a prestazioni gi à̀ liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione (6 luglio 2011).
5.1. La giurisprudenza successiva (Cass. n. 2020 del 28416 e tutte le pronunce successive), ha ritenuto che l’arresto delle Sezioni Unite appena richiamato contenesse l’affermazione di un principio valido anche nell’interpretazione della decadenza introdotta dall’art. 38 del d.l. n. 98 del 2011.
5.2. In particolare, al pari della fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte, ivi si poneva un problema di diritto transitorio attinente alla determinazione dell’incidenza di una legge sopravvenuta che introduca ex novo un termine di decadenza su una situazione ancora pendente; con la citata pronuncia, premesso che la previsione di un termine di decadenza da parte del legislatore certamente non può avere effetto retroattivo e cioè non può far considerare maturato, in tutto o in parte, un termine facendolo decorrere prima dell’entrata in vigore della legge che l’abbia istituito, si è affermato, che ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
5.3. Tale soluzione realizza il “bilanciamento di due contrapposte esigenze e cioè, da un lato, quella di garantire l’efficacia del fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, e, dall’altro, quella di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte a lui non imputabile (Cass. n. 13355 del 2014).
5.5. Tale bilanciamento deve tener conto della natura dell’interesse del privato da salvaguardare, che ha per oggetto
non già una situazione definita – non potendosi configurare, nel caso di specie, un diritto a conservare un termine prescrizionale -bensì un semplice affidamento a fruire del termine prescrizionale per far valere il proprio diritto, affidamento che deve essere tutelato in modo ragionevole ed equilibrato secondo i parametri da tempo precisati dalla Corte costituzionale (cfr. anche Cass. N. 24555 del 2023 e 17348 del 2023).
Il secondo motivo è ugualmente fondato.
6.1. Questa Corte ha recentemente affrontato la tematica, affermando il principio di diritto per il quale ‘In tema di pensioni di anzianit à̀ in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo decreto legislativo, dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS’ ( cfr. Cass. n. 36056 del 2022 e anche Cass. 15651 del 2023).
In conclusione, per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà ai principi esposti e che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024