Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8021 Anno 2019
2018
4181
Civile Ord. Sez. L Num. 8021 Anno 2019
Presidente: COGNOMENOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2019
ORDINANZA
sul ricorso 22091-2015 proposto da: da :
CASSA NAZIONALE GLYPH ZA ASSISTENZA DI GLYPH PREVIDEN GLYPH DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME del presso che la
– rico rente r
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 770/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/03/2015 R.G.N. 371/2012.
Rilevato che
la Corte d’appello di Venezia (sentenza del 21.3.2015) ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Padova che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME volta all’accertamento del diritto alla riliquidazione della pensione di anzianità sulla base del principio del pro rata previsto dall’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995;
ha spiegato la Corte che nel caso in esame l’appellato aveva maturato il diritto alla pensione con decorrenza dall’1.12.2006 a seguito di domanda presentata il 17.10.2006 e, pertanto, la stessa doveva essere liquidata secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva l’applicazione rigorosa del principio del pro rata, risultando irrilevanti tanto la modifica apportata alla suddetta norma dalla legge n. 296 del 2006, quanto l’interpretazione datane dall’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013;
per la cassazione della sentenza ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali con tre motivi, cui resiste NOME NOME con controricorso, illustrato da memorie;
Considerato che
col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, come modificato dall’art. 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006, in relazione alla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 488, della legge n. 147 del 2013, contestando la decisione della Corte di merito di escludere l’applicazione di quest’ultima norma alle pensioni, come quella di specie, liquidate in epoca antecedente al 2007, sulla base della considerazione che i nuovi criteri di calcolo concernevano solo le liquidazioni pensionistiche eseguite a decorrere dal 2007; invece, secondo la ricorrente, la suddetta norma di interpretazione autentica aveva previsto la sanatoria in via retroattiva delle delibere adottate dalle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria che non avevano applicato rigorosamente il principio del pro rata, conservandone, pertanto, la piena legittimità ed efficacia;
col secondo motivo, dedotto per violazione dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995, la ricorrente contesta la decisione della Corte territoriale nella parte in cui h ritenuto che il trattamento pensionistico in esame doveva essere liquidato solo in base al più favorevole criterio di calcolo di cui al previgente Regolamento di esecuzione del 1997; assume, invece, la ricorrente che il trattamento pensionistico del Mason era stato correttamente liquidato, in coerenza con quanto previsto dall’art. 1, quarto
comma, del Regolamento di esecuzione in vigore dal 1° gennaio 2004, sulla base dei criteri di calcolo di cui all’art. 50 dello stesso Regolamento;
col terzo motivo la ricorrente contesta la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 nella parte in cui ha ritenuto inapplicabile nella fattispecie il coefficiente della neutralizzazione introdot con le delibere del 7.6.2003 e del 20.12.2003;
osserva la Corte che i primi due motivi, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati;
invero, con la sentenza n. 18136 del 16.9.2015 le Sezioni Unite di questa Corte hanno fissato i seguenti principi: “A) Nel regime dettato dalla I. 8.08.95 n. 335, art. 1, c. 12 (di riforma del sistem pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche apportare dalla I. 27.12.06 n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 1, c. 763, alla disposizione dell’art. 3, c 12 della legge di riforma, e quindi con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate prima del 1° gennaio 2007, la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata – il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzati ex d.lgs. 30. n. 509, quale è la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio d determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti – ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dal normativa regolamentare degli enti suddetti. Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (delibere 22.06.02, 7.06.03 e 20.12.03), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera – per il cal della quota A dei trattamenti pensionistici liquidati fino al 31 dicembre 2006 – i principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio d calcolo della pensione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
B) Invece per i trattamenti pensionistici maturati a partire dal 1° gennaio 2007 trova applicazione il medesimo art. 3, comma 12, della I. n. 335 del 1995, ma nella formulazione introdotta dal citato L. n. 296 del 2006, art. 1, c. 763, che prevede che
gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge n. 296 del 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione dell disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla I. 27.12.13 n. 147, art. 1, c. 488 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 10 gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (delibere 22.06.02, 7.06.03 e 20.11.03);
trattandosi nella fattispecie di pensione liquidata in favore di NOME NOME a decorrere dall’1.12.2006, bene ha fatto la Corte di merito ad applicare il principio del pro rata nei termini in cui lo stesso è stato enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza sopra citata, per cui l’impugnata decisione non merita le censure mosse coi primi due motivi di doglianza;
è, invece, fondato il terzo motivo;
si tratta, in particolare, di stabilire se i coefficienti di neutralizzazione restino anch soggetti alla disciplina del pro rata, quale prevista dall’art. 3, comma 12, L. 335/1995 (nel testo qui applicabile ed anteriore alle citate modifiche) o se restino estranei ad essa, posto che tali coefficienti, senza incidere sulla quota contributiva della pensione di anzianità, riducono progressivamente la misura della quota retributiva di essa, in ragione dell’età dell’interessato, andandosi da un massimo di riduzione del 45,9% per l’età di 57 anni, ad un minimo di riduzione del 7,3% per chi andasse in pensione con 64 anni di età;
i coefficienti in questione sono stati introdotti con la Delibera del 7 giugno 2003 (po assorbita da analoghe previsioni delle successive Delibere del 2003 e del 2004) contestualmente alla previsione della possibilità, dapprima esclusa, che la pensione di anzianità venisse cumulata con lo svolgimento di altre attività, ivi compresa la prosecuzione di quella propria del ragioniere e la modificazione trova fondamento nel potere attribuito alle Casse privatizzate dall’art. 44, comma 7, L. 289/2002. Secondo tale norma, «gli enti previdenziali privatizzati possono applicare le disposizioni di cui a presente articolo (ovverosia le disposizioni che consentono la cumulabilità tra pensione
di anzianità e redditi da lavoro nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima) nel rispetto dei principi di autonomia previsti dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dall’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto n. 335»;
si tratta, dunque, di una previsione di legge, fisiologica nel sistema di relazioni tr legge e potere regolamentare della Cassa, di favore per l’omogeneizzazione dei sistemi pensionistici, sotto il profilo della generalizzazione della compatibilità t pensione di anzianità e prosecuzione dell’attività lavorativa ed in qualche misura anche doverosa, sulla base di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la pronunzia del 7 novembre 2002, n. 437. Invero, con tale decisione si è dichiarata l’illegittimità costituzionale della normativa sulla Cassa dei Ragionieri che prevedeva l’incompatibilità della corresponsione della pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi professionali o elenchi di lavoratori autonomi diversi dall’albo dei ragionieri e peri commerciali e si era fondata la decisione sulla lesione del diritto al lavoro (art. 4 Cost. che ne derivava, sicché, stante l’evidente comunanza di presupposti, era in re ipsa desumere l’illegittimità anche del divieto di compatibilità tra la pensione di anzianità e la prosecuzione dell’attività di ragioniere secondo una dinamica che, poi, pur se in riferimento alle analoghe previsioni di altra cassa professionale, ha trovato conferma nella pronunzia della Corte Costituzionale del 7 aprile 2006, n. 137;
ciò posto, si osserva che l’art. 3, comma 12, della L. 335/1995, nel testo che qui interessa, prevedeva l’introduzione ex lege di un arco temporale (pari a quindici anni) per i calcoli necessari ad assicurare gli equilibri di bilancio già più genericamente richiesti dall’art. 2, comma 2 L. 509/194 «In esito alle risultanze» e in attuazione di quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, cit.; aggiunge il secondo periodo della norma: «sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio d determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti»;
è chiara, dunque, la riconduzione dei poteri rideterminativi sopra detti («ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico») all’ambito di quanto necessario (v. l’inciso «in esito alle risultanze», evidentemente da riferire all emergenze dell’orizzonte attuariale che veniva imposto dalla stessa norma) per adeguare i trattamenti pensionistici pregressi alle rigorose esigenze di previsione finanziaria cui si indirizzavano le gestioni privatizzate ed il principio di cui sopra è st declinato dagli arresti delle Sezioni Unite già sopra citati, nel senso che, rispetto al vicenda di evoluzione delle pensioni – per ragioni di garanzia di quell’equilibrio
finanziario – da un calcolo retributivo ad un calcolo contributivo, dovevano conservarsi, per le quote di pensione imputabili al periodo di attività anteriore alle modifiche del sistema, le redditualità che erano rilevanti secondo le pregresse discipline proprie del calcolo retributivo;
pertanto, va confermato l’orientamento già espresso con le sentenze del 21 agosto 2018 n. 20877 e n. 23597 del 2018, secondo cui, sinteticamente, l’applicazione del cd. coefficiente di neutralizzazione sull’anzianità maturata dopo la delibera della Cassa del 7 giugno 2003 non viola il principio del “pro rata” garantito dall’art. 3, comma 12, della I. n. 335 del 1995, in quanto non comporta prelievi forzosi, massimali o eliminazioni di diritti quesiti del pensionato, costituendo, invece, una misura d graduazione della prestazione con scopo dissuasivo e con finalità di garantire il mantenimento di equilibri finanziari, la cui applicazione è rimessa alla scelta dell’assicurato di optare per la pensione di anzianità, giovandosi, peraltro, della possibilità di mantenere l’iscrizione nell’albo e di proseguire l’attività professionale;
in definitiva, rigettati i primi due motivi ed accolto il terzo, l’impugnata sentenza cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione la quale, fermo ogni altro criterio di calcolo già applicato dalla sentenza impugnata nel calcolare la pensione, si atterrà al principio per cui «la previsione, di cui alle delibere della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali del 7 giugno 2003 e 20 dicembre 2003 e del Regolamento in vigore dal 1 gennaio 2004, di un coefficiente di abbattimento (c.d. coefficiente di neutralizzazione), progressivamente calante in ragione del crescere dell’età, per la quota retributiva delle pensioni di anzianità erogate dalla medesima Cassa di Previdenza, non è soggetta al principio del pro rata quale sancito dall’art. 3, co. 12, L. 335/1995 (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 763, della I. n. 296 del 2006) ed è legittima, risultando tale coefficiente introdotto con modalità non irragionevoli nell’ambito della modifica del sistema di accesso alla predetta pensione, reso contestualmente compatibile con la prosecuzione, nonostante il pensionamento, della medesima professione»;
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi due motivi, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 dicembre 2018
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