Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13994 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13994 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9236-2020 proposto da:
NOME RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1456/2019 della CORTE D’APPELLO di NOME, depositata il 12/09/2019 R.G.N. 250/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Oggetto
Altre ipotesi rapporto
privato
R.G.N. 9236/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/02/2024
CC
Con la sentenza depositata il 12.9.2019 la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede che, in accoglimento della domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, di cui era dipendente dall’1.6.2009 con contratto di lavoro part-time successivamente trasformato a tempo pieno dall’1.6.2014, aveva accertato il diritto del lavoratore a vedersi riconosciuta, ai fini del calcolo delle ferie annualmente spettanti, l’anzianità di servizio dalla data di assunzione con conseguente diritto all’incremento delle stesse, ai sensi e per gli effetti dell’art. 29 del CCNL di categoria; il diritto a fruire di 25 giorni di ferie annuali con decorrenza 1.6.2017; l’illegittimità dell’applicazione, in relazione ai criteri di calcolo delle ferie spettanti al ricorrente, dell’art. 3 del CCNL di categoria; aveva poi condannato la società a reintegrare il monte ferie spettante al ricorrente in misura di 2,91 giorni per l’anno 2017 e a riconoscere allo stesso un incremento di 0,41666 giorni di ferie mensili con decorrenza 1.1.2018.
La Corte distrettuale ha rilevato, richiamando un proprio precedente giurisprudenziale, che: a) nell’interpretare la disposizione della contrattazione collettiva doveva tenersi presente che l’istituto delle ferie era di rango costituzionale e traeva la sua regolamentazione nella legge potendo la contrattazione collettiva solo prevedere trattamenti in melius per il lavoratore; b) il D.lgs. n. 61/00 vietava ogni discriminazione tra lavoratore full time e part time per cui, per entrambi, l’aumento dei giorni di ferie era dato dall’aumento dell’anzianità di servizio; c) anche il contratto collettivo non operava alcuna distinzione, ai fini dell’anzianità necessaria per l’aumento dei giorni di ferie, tra lavoratori a tempo pieno e part time ; d) se si fosse aderito alla tesi della società, il lavoratore rimasto con rapporto part time avrebbe maturato più ferie rispetto a quello il cui rapporto fosse stato tramutato in full time ; e) analoga interpretazione era stata effettuata, in sede di legittimità, per il calcolo dell’anzianità contributiva.
Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso il lavoratore.
Il controricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cc, in relazione agli artt. 3, 29, 32 e 63 del CCNL 29 luglio 2016 per il personale dipendente da società e consorzi RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Premesso che era stata formulata istanza ex art. 425 cpc per assumere informazioni dalle associazioni sindacali firmatarie del CCNL sulla questione oggetto del giudizio, la società sostiene che la Corte territoriale era incorsa nella violazione dei canoni esegetici, di cui alle menzionate disposizioni, perché non aveva tenuto conto che il computo delle ferie era da correlarsi alla avvenuta trasformazione del rapporto di lavoro: in particolare, secondo la tesi della società che evidenziava anche un precedente contrario nella stessa materia del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE (sentenza 28 novembre 2018 n. 2772), occorreva avere riguardo non solo all’art. 29 comma 18 del CCNL, in virtù del quale il computo delle ferie, per i lavoratori part time , era testualmente da riferire alla prestazione minima da calcolarsi ad ore e non a giorni, come per i lavoratori full time , ma anche all’art. 3 commi 10 e 11 nonché all’art. 63 del menzionato CCNL dal cui combinato disposto emergeva una disciplina particolare per i lavoratori il cui rapporto si era trasformato da tempo parziale a tempo pieno, con ogni conseguenza sul calcolo delle ferie spettanti.
Con il secondo motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la nullità della sentenza ex art. 132 e 118 disp att. cpc, nonché dell’art. 111 Cost., per essere stata motivata la pronuncia impugnata con esclusivo riferimento ad un precedente dello stesso giudice senza alcun riferimento alle allegazioni difensive di essa società.
Con il terzo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla
circostanza che le ferie si computavano ad ore, per i lavoratori part time , e a giorni per quelli a tempo pieno.
Preliminarmente, per ragioni di pregiudizialità logicogiuridica, deve essere esaminato il secondo motivo con cui si chiede la nullità del gravato provvedimento.
Esso è infondato.
In sede di legittimità è stato affermato (Cass. n. 3367/2011) che non incorre nella violazione degli artt. 111 Cost., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 132 cod. proc. civ. la motivazione della sentenza che, richiamando testualmente un precedente del medesimo ufficio reso su una questione analoga, dopo aver esaminato specificamente le singole censure proposte dall’appellante, concluda nel senso che le argomentazioni della sentenza richiamata “rispondono a tutti i motivi d’impugnazione dedotti dagli appellanti”.
Invero, la motivazione della sentenza “per relationem” è ammissibile, atteso che l’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nel testo novellato dalla legge n. 69 del 2009, consente di rendere i motivi della decisione attraverso una succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento ai precedenti conformi. In particolare, è consentita la motivazione della sentenza mediante rinvio ad un precedente del medesimo ufficio, sempre che, al fine di rendere comunque possibile ed agevole il controllo della motivazione, si dia conto dell’identità contenutistica della situazione di fatto e di diritto tra il caso deciso dal precedente e quello oggetto di decisione (Cass. n. 8053/2012).
Nella fattispecie, sono stati esplicitati gli elementi di fatto e di diritto posti a base della decisione che hanno preso in considerazione tutte le censure sollevate dalla società mediante il richiamo ad altro provvedimento della stessa Corte territoriale che aveva valutato la medesima fattispecie oggetto del presente giudizio; altra questione è la correttezza e la condivisibilità delle statuizioni adottate.
Il primo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per la loro interferenza, sono invece fondati.
Le clausole contrattuali da prendere in considerazione, per la soluzione della questione giuridica che viene sottoposta in questa sede, sono: a) l’art. 29 del CCNL del 29 luglio 2016 per il personale dipendente da società e consorzi RAGIONE_SOCIALE, che testualmente recita: ‘1. Il lavoratore ha diritto, per ogni anno solare, ad un periodo di riposo retribuito pari a: -20 giorni lavorativi per anzianità di servizio fino ad 8 anni; -25 giorni lavorativi per anzianità di servizio da oltre 8 anni a 15 anni, -30 giorni lavorativi per anzianità di servizio oltre i 15 anni. Personale a tempo parziale 18. Allo scopo di garantire parità di condizioni rispetto al lavoratore a tempo pieno, il personale a tempo parziale ha diritto, per ogni anno solare, ad un periodo retribuito di ferie pari a 1/12 della sua prestazione minima annua solare per anzianità di servizio fino a 8 anni. Tale periodo viene aumentato del 25% della prestazione minima annua per anzianità di servizio di oltre 8 anni e fino a 15 anni e del 50% della stessa per anzianità di servizio oltre i 15 anni…’; b) l’art. 3 comma 10 : ‘Il rapporto di lavoro del personale a tempo parziale è regolato dalle disposizioni del presente contratto per il personale a tempo pieno, salvo le esclusioni e le modifiche specificate in calce agli articoli interessati, in applicazione dei principi di non discriminazione, chiarendo le parti che le clausole del contratto, compatibilmente con le particolari caratteristiche del rapporto proporzionale alla durata della prestazione e alla conseguente misura della retribuzione’; c) l’art. 3 comma 11 : ‘In caso di passaggio da tempo parziale a tempo pieno ai fini dell’applicazione di tutti gli istituti contrattuali i periodi di servizio prestati a tempo parziale vengono computati nella misura del 60%. Tale misura è elevata al 70% quando la durata mensile, o rapportata a mese, della prestazione di cui al precedente punto 3 risulti superiore a 80 ore. La fruizione di mese viene computata come mese intero…’.
Va precisato che, sul piano processuale, la violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è stata parificata a quella delle norme di diritto; da ciò discende che le clausole del contratto collettivo devono essere interpretate in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 cc e ss.) che
costituiscono un criterio interpretativo diretto e non più un canone esterno per verificare l’esattezza e la congruità della motivazione, senza che vi sia più la necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate né di indicare come il giudice di merito si sia discostato da canoni legali assunti come violati (Cass. 15934/2020; Cass. n. 5533/2016).
Inoltre, è stato affermato, sempre in sede di legittimità, che in tema di interpretazione del contratto collettivo, il senso letterale delle espressioni e la ratio del precetto contrattuale che costituiscono i canoni fondamentali sui quali si deve basare il procedimento ermeneutico, non sono ordinati secondo un criterio di priorità, ma devono essere ugualmente apprezzati dal giudice nella ricostruzione del significato dell’atto negoziale (Cass. n. 2996/2023; Cass. n. 30141/2022).
Per la interpretazione della contrattazione collettiva, quindi, trovano applicazione i criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c., sicché, seguendo un percorso circolare, occorrerà tener conto, in modo equi-ordinato, di tutti i canoni previsti dal legislatore, sia di quelli tradizionalmente definiti soggettivi che di quelli oggettivi, confrontando il significato desumibile dall’utilizzo del criterio letterale con quello promanante dall’intero atto negoziale e dal comportamento complessivo delle parti, coordinando tra loro le singole clausole alla ricerca di un significato coerente con tutte le regole interpretative innanzi dette (Cass. n. 30141/2022).
Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale è giunta alla conclusione che l’art. 3 comma 11 del CCNL citato, che regola le ipotesi di passaggio del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno, trovi applicazione in tutte quelle diverse ipotesi in cui rileva la effettiva durata della prestazione lavorative e, quindi, sostanzialmente ai fini retributivi.
La medesima Corte richiama, poi, a conforto della propria statuizione, i principi affermati in sede di legittimità in tema di anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data
di acquisizione del diritto alla pensione, secondo i quali devono essere presi in considerazione anche i periodi non lavorati.
Orbene, in primo luogo, deve essere rimarcato che i principi, riguardanti la materia previdenziale, nel caso di specie non sono pertinenti alla questione in esame.
In secondo luogo, va evidenziata l’inesattezza della interpretazione, in astratto, operata dalla Corte distrettuale degli artt. 3 comma 11 e 29 del CCNL citato da cui ha desunto la conclusione che la prima disposizione si riferirebbe sostanzialmente ai soli fini retributivi.
Infatti, tale esegesi, da un lato, non è conforme al profilo letterale della norma contrattuale collettiva (art. 3 comma 11) che disciplina proprio il caso del passaggio del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno ai fini dell’applicazione di ‘tutti gli istituti contrattuali’ e, pertanto, anche per il calcolo dei giorni di ferie; dall’altro, la interpretazione dei giudici di seconde cure è errata quanto all’aspetto logico-sistematico, perché la gravata sentenza, allorquando richiama una conclusione paradossale per sostenere il proprio assunto, -secondo la quale il lavoratore da sempre a tempo parziale potrebbe maturare, aderendo alla posizione della società, più ferie con il passare del tempo rispetto a quello passato dal part time al full time – non tiene conto che, per i lavoratori da sempre part-time , il comma 18 dell’art. 29 prevede un particolare computo sulla determinazione dei giorni di ferie e che solo successivamente alla trasformazione a tempo pieno il calcolo viene computato a giorni e del passato si deve avere, appunto, riguardo alla disciplina di cui all’art. 3 co. 11.
In altri termini, quindi, la Corte territoriale doveva (e dovrà) tenere presente, ai fini del calcolo dei giorni di ferie per il personale, il cui rapporto di lavoro si sia trasformato da part-time a full-time, della previsione dell’art. 3 comma 11 del CCNL citato e valutare, se del caso, eventuali profili discriminatori avendo riguardo, come termine di riferimento, al comma 18 dell’art. 29, onde verificare effettivamente se vi sia logicità, razionalità e non disparità, per il calcolo del monte ore ferie, tra lavoratori da sempre part-time, lavoratori che sono passati da rapporto part-time a
rapporto full-time e lavoratori da sempre full-time, in ossequio al principio, fatto proprio e adottato dalle parti sociali nella contrattazione collettiva de qua , in virtù del quale il numero dei giorni di ferie che si maturano deve essere rapportato alla durata della prestazione di servizio effettivamente svolta e alla anzianità di servizio posseduta.
La gravata sentenza deve essere, quindi, cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame tenendo conto dei citati principi di diritto ed effettuando i relativi accertamenti di fatto che si renderanno necessari, e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo, rigettato il secondo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 febbraio 2024