Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24262 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17017-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso LA SEDE LEGALE DELL’RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME;
– RAGIONE_SOCIALE –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1811/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/05/2023 R.G.N. 11/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/07/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/07/2024
CC
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RILEVATO
che, con sentenza del 4 maggio 2023 , la Corte d’ Appello di Roma, in parziale riforma della decisione di rigetto resa dal Tribunale di Roma, accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’accertamento del diritto degli istanti, dipendente della predetta RAGIONE_SOCIALE con mansioni di infermiere e rientrante nel personale turnista, ad usufruire del servizio mensa, nella modalità alternativa del buono pasto, anche in occasione dello svolgimento del turno di lavoro notturno ed al risarcimento del danno per il mancato godimento della pausa di 30 minuti per la fruizione del pasto serale con condanna al pagamento delle somme come quantificate;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto il riconoscimento del diritto alla mensa, come previsto dall’art. 29 CCNL comparto Sanità del 20 settembre 2000, correlato al diritto ad un intervallo non lavorato sancito dall’art. 8 d.lgs. n. 66/2003 in relazione all’essere il lavoratore tenuto all’osservanza di un orario di lavoro giornaliero avente una durata di almeno sei ore, di modo che alla fruizione della pausa di lavoro corrisponde in ogni caso, e così anche ove il servizio sia prestato durante il turno notturno, il diritto alla mensa o al buono pasto ed al recupero psicofisico di 30 minuti;
che per la cassazione di tale decisione ricorre l’RAGIONE_SOCIALE, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resistono, con controricorso, gli originari istanti;
che l’RAGIONE_SOCIALE ha poi depositato memoria;
CONSIDERATO
che , con il primo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c.
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nel testo di cui al d.l. n. 83/2015, invoca il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per essere il deposito del ricorso in appello intervenuto oltre il termine semestrale previsto dall’invocata norma, circostanza che assume non aver erroneamente la Corte territoriale rilevato;
che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., l’RAGIONE_SOCIALE imputa alla Corte territoriale l’omessa rilevazione dell’irregola rità della notifica del ricorso in appello e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di discussione della causa, intervenuta oltre il termine di dieci giorni previsto dall’invocata norma;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento agli artt. 29 CCNL comparto Sanità del 20 settembre 2000 e 11, 12 e 13 contratto integrativo aziendale, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE imputa alla Corte territoriale il travisamento della disciplina del regolamento aziendale attuativa della norma contrattuale invocata che garantisce, nelle modalità ivi contemplate, la fruizione del diritto alla mensa anche ai lavoratori impegnati nel turno notturno;
che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 8 e 14 d.lgs. n. 66/2003 e del contratto integrativo aziendale è prospettata in relazione ancora una volta allo scostamento dell’accertamento di fatto operato dalla Cort e territoriale rispetto alla disciplina vigente in ambito aziendale con riguardo alla pausa pranzo ed al recupero psicofisico pari a 30 minuti rispetto ad un orario eccedente le sei ore;
che il primo motivo si rivela inammissibile per difetto di autosufficienza, non fornendo l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alcun elemento in fatto idoneo a dar conto della validità della sollevata eccezione di tardività del ricorso in appello, non trovando la data di asserito deposito dello stesso (27.4.2021
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anziché 2.7.2021) corrispondenza in atti, né plausibilità in relazione alla motivazione addotta di aver l’appellante erroneamente considerato la sospensione dei termini feriali; che, di contro, infondato risulta il secondo motivo, prevedendo la stesso art. 435 c.p.c. la regolarità della notifica del ricorso in appello e del pedissequo decreto di fissazione della relativa udienza ove effettuata entro i venticinque giorni precedenti la data dell’udienza;
che ancora inammissibili devono ritenersi il terzo ed il quarto motivo di ricorso risolvendosi le censure, formalmente prospettate sotto il profilo del vizio di violazione di legge, nella mera confutazione dell’accertamento in fatto operato dalla Corte territoriale circa l’inadempimento degli obblighi contrattuali relativi alla fruizione della mensa o del buono pasto e del riposo psicofisico oltre le sei ore di prestazione, accertamento che, rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice del merito, non è sindacabile in questa sede se non nei limiti di cui al nuovo art. 360 n. 5, qui neppure invocato che il ricorso va dunque rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso condanna parte RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione