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Buono pasto turni notturni: la Cassazione conferma

Una azienda sanitaria ha impugnato una decisione della Corte d’Appello che riconosceva a un suo dipendente il diritto al buono pasto per i turni notturni. Sosteneva che gli accordi aziendali escludessero tale beneficio. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il diritto al buono pasto è intrinsecamente legato alla durata della prestazione lavorativa: se questa supera le sei ore, il lavoratore ha diritto a una pausa e, di conseguenza, al buono pasto, indipendentemente dall’orario del turno.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Buono Pasto nei Turni Notturni: La Cassazione Conferma il Diritto

Il diritto al buono pasto per i lavoratori turnisti, specialmente per coloro che operano in orario notturno, è spesso oggetto di dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 24267 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che il diritto al buono pasto non dipende dalla collocazione oraria del turno, ma dalla sua durata. Se si superano le sei ore di lavoro, il diritto sorge automaticamente, consolidando un importante principio a tutela del benessere dei lavoratori.

I Fatti del Caso: La Controversia sul Buono Pasto Notturno

La vicenda ha origine dalla richiesta di un infermiere, dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale, di vedersi riconosciuto il diritto a usufruire del servizio mensa, o in alternativa del buono pasto, anche per i turni di lavoro svolti in fascia notturna (dalle 20:00 alle 8:00) in un periodo compreso tra il 2002 e il 2008.

La Corte d’Appello aveva dato ragione al lavoratore, riconoscendo il suo diritto. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, non si è arresa e ha presentato ricorso in Cassazione. La tesi dell’azienda si basava sull’interpretazione di un accordo aziendale che, a suo dire, escludeva i turnisti notturni dal beneficio. Secondo il datore di lavoro, la “particolare articolazione dell’orario di lavoro” menzionata dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) delegava alla contrattazione aziendale la definizione dei destinatari del buono pasto, permettendo quindi di escludere chi lavorava di notte.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Buono Pasto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’Azienda Sanitaria, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello e condannando l’azienda al pagamento delle spese legali. Gli Ermellini hanno smontato la tesi del datore di lavoro, ribadendo un principio già consolidato in giurisprudenza: il diritto al pasto è legato non all’orario, ma alla durata del lavoro.

Le Motivazioni: Orario di Lavoro e Diritto alla Pausa

La Corte ha fondato la sua decisione su un’interpretazione chiara e sistematica delle norme. Il punto centrale è l’articolo 8 del D.Lgs. 66/2003, che stabilisce il diritto del lavoratore a un intervallo per la pausa qualora l’orario di lavoro giornaliero superi le sei ore. Questa pausa ha lo scopo di permettere il recupero delle energie psicofisiche e la consumazione del pasto.

La Cassazione ha chiarito che il buono pasto non è un elemento della retribuzione, ma una prestazione di carattere assistenziale. La sua funzione è quella di conciliare le esigenze del servizio con quelle del dipendente, garantendogli il benessere fisico necessario a proseguire l’attività lavorativa. Di conseguenza, il diritto sorge ogni volta che la modalità dell’orario di lavoro impone una pausa. Un turno continuativo di dodici ore, come quello dalle 20:00 alle 8:00, rientra pienamente in questa casistica, generando l’esigenza di una pausa e, con essa, il diritto al servizio mensa o al buono sostitutivo.

I giudici hanno specificato che il CCNL, parlando di “particolare articolazione dell’orario”, si riferisce proprio a quelle modalità orarie che, superando le sei ore, generano il bisogno della pausa. Non è una delega in bianco alla contrattazione aziendale per escludere categorie di lavoratori, ma un rinvio per organizzare le modalità di fruizione del beneficio. Qualsiasi accordo aziendale che limiti questo diritto in contrasto con la normativa di rango superiore è da considerarsi illegittimo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Lavoratori Turnisti

Questa ordinanza rafforza la tutela dei lavoratori turnisti, in particolare quelli del settore sanitario. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. Universalità del Diritto: Il diritto al buono pasto è legato alla durata della prestazione (superiore a sei ore) e non all’orario (diurno o notturno).
2. Prevalenza della Legge sul Contratto Aziendale: Un contratto aziendale non può negare un diritto che discende direttamente dalla legge e dal CCNL.
3. Finalità Assistenziale: Il buono pasto è uno strumento per garantire il benessere del lavoratore, un principio che non può essere derogato in base alla fascia oraria in cui si lavora.

I datori di lavoro, pubblici e privati, devono quindi assicurare il riconoscimento di questo diritto a tutti i dipendenti il cui orario di lavoro giornaliero ecceda la soglia delle sei ore, organizzando le pause e fornendo i relativi buoni pasto senza discriminazioni basate sull’orario del turno.

Il diritto al buono pasto dipende dall’orario in cui si svolge il turno di lavoro (es. diurno o notturno)?
No. La Corte ha stabilito che il diritto è legato alla durata della prestazione lavorativa, non alla sua collocazione oraria. Se l’orario giornaliero supera le sei ore, il diritto al buono pasto sorge indipendentemente dal fatto che il turno sia diurno o notturno.

Un accordo aziendale può escludere il diritto al buono pasto per i turni notturni?
No. Secondo la sentenza, il diritto alla pausa e al conseguente buono pasto, derivante da una prestazione lavorativa superiore alle sei ore, è previsto dalla normativa nazionale (D.Lgs. 66/2003) e dal CCNL. Pertanto, non può essere limitato o escluso da un accordo aziendale di livello inferiore.

Qual è la condizione principale per avere diritto al buono pasto?
La condizione principale è che l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore. Questo fa sorgere il diritto a un intervallo per la pausa, che a sua volta giustifica l’erogazione del buono pasto o del servizio mensa come misura di carattere assistenziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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