Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21310 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21310 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19926/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME, con domicilio digitale PEC EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME, con domicilio digitale PEC EMAIL
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3049/2023 depositata il 01/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Napoli ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, avverso la decisione del Tribunale di S. Maria Capua Vetere che ha rigettato la domanda proposta dallo stesso volta ad accertare il proprio diritto, quale infermiera professionale, ad usufruire del servizio mensa, nella modalità alternativa del ticket mensa, ogniqualvolta avessero prestato attività lavorativa dalle ore 20.00 alle ore 8.00, per il periodo 20012008.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso DE COGNOME affidato ad un motivo di censura, illustrato da memoria.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che la Corte d’Appello ha articolato il ragionamento decisorio nei seguenti punti: il dPR n. 270 del 1987 ha assicurato il diritto alla mensa ovvero, in mancanza del relativo servizio, alle corrispondenti modalità sostitutive, in relazione alla particolare articolazione dell’orario; analoga previsione è contenuta nel CCNI RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 2001 (art.29); la non univocità del testo e la non esaustività dello stesso, come evidenziato dall’ARAN, nonché in sede di verbale sindacale (riunione per l’interpretazione autentica dell’art. 29 cit., dove non si addiveniva però all’unanime necessario consenso ex art. 49 del d.lgs. n. 165 del 2001), fanno ritenere che sussiste il diritto per ‘coloro che si trovano in particolari condizioni lavorative’ a ricevere il buono pasto, ma l’art.
29 del CCNI del 2001 non consente ex sé di stabilire quali siano le particolari articolazioni dell’orario di lavoro che vengono in rilievo;
le particolari articolazioni dell’orario di lavoro devono essere specificate a livello aziendale.
Tanto premesso la Corte d’Appello ha rigettato la domanda atteso che l’accordo sindacale – verbale OO.SS 13 dicembre 1996 stabiliva che ‘nelle more dell’espletamento della apposita gara per la mensa, si erogano dei buoni ticket a tutti i lavoratori presenti in servizio nella fascia oraria dalle 12,30 alle 14,30 (…)’.
Solo con l’accordo del 16 dicembre 2008 si riconosceva il diritto anche al personale impiegato nel turno notturno dal 1° gennaio 2009.
Né poteva attribuirsi valore retributivo al buono pasto.
Argomenti a favore del lavoratore non potevano trarsi dall’art. 8 del d.lgs. 66 del 2003.
Tanto premesso può passarsi ad esaminare il motivo di ricorso, con il quale è dedotta la violazione art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 348/1983, dell’art. 33 del d.p.r. n. 270/1987, dell’art. 1362 c.c., nonché dell’art. 29 del CCNI comparto sanità del 20.9.2001 (integrativo del ccnl 7 aprile 1999), dei verbali di riunione sindacale del 13.12.1996 e del 16.12.2008, nonché sulla particolare articolazione dell’orario di lavoro.
2.1. Il ricorrente ripercorre il quadro normativo e contrattuale in cui si inserisce la vicenda in esame.
Assume quindi che il contratto nazionale integrativo del 2001 ha disciplinato la materia disapplicando le disposizioni di cui ai precedenti d.P.R., limitandosi a dichiarare il diritto alla mensa, nei giorni di effettiva presenza al lavoro e in relazione alla particolare articolazione dell’orario.
In sintesi deduce che:
la previsione, nel verbale del 13.12.1996, di un ticket mensa per il turno diurno si giustificava in ragione della circostanza che il servizio mensa sarebbe stato attivato solo nelle ore diurne;
non vi sarebbe stata alcuna volontà di negare il ticket mensa per coloro che svolgevano il turno notturno;
la circostanza che nel verbale del 13.12.1996 non si fosse fatto riferimento al ticket mensa per il turno notturno deriva dalla ragione che -come detto -la RAGIONE_SOCIALE aveva inteso chiarire che nelle more dell’attivazione del servizio mensa mattutino, ai lavoratori sarebbe stato riconosciuto il ticket mensa; per il turno notturno, invece, non essendo in previsione l’attivazione del servizio mensa, era ovvio che ai lavoratori spettasse il ticket.
A sostegno della censura deduce inoltre:
se il verbale del 13.12.1996 avesse escluso il ticket mensa in relazione al turno notturno, sarebbe stato nullo per violazione di norma imperativa (art. 33, d.p.r. n. 270/1987);
se anche il verbale del 13.12.1996 avesse voluto escludere il ticket mensa in relazione al turno notturno (nel qual caso sarebbe illegittimo ed invalido per contrarietà a norma imperativa),
successivamente era intervenuto il RAGIONE_SOCIALE che, all’art. 29, ha ribadito espressamente il diritto al ticket mensa anche per i turni notturni;
con propria nota del 4 marzo 2009 -senza che fosse intervenuta alcuna nuova circostanza -la RAGIONE_SOCIALE ha confermato ed invitato tutte le proprie strutture e responsabili ‘a voler provvedere agli adempimenti necessari per l’attribuzione dei buoni pasto ai dipendenti che effettuano turni notturni (h. 20.00/8.00) con decorrenza 1/01/2009’;
con propria nota 3808/P del 10.4.2001, la RAGIONE_SOCIALE ha confermato che hanno diritto al ticket mensa i lavoratori che prestano almeno 6 ore giornaliere complessive di lavoro: ‘Alla luce di numerose direttive e circolari emanate al riguardo per il personale del pubblico impiego, il diritto alla mensa, derivante dall’art. 33 del
D.P.R. 270/87, ancora vigente in quanto non disapplicato dai contratti intervenuti successivamente, riguarda tutti i dipendenti che effettuano almeno 6 ore complessive di lavoro effettivo;
laddove non venisse riconosciuto il ticket mensa in relazione al turno notturno, si realizzerebbe una ingiustificata e discriminatoria differenziazione.
3. Il motivo è fondato e va accolto.
La questione controversa riguarda l’individuazione della «particolare articolazione dell’orario» ai fini dell’attribuzione del diritto alla mensa ai dipendenti presenti in servizio, prevista nell’art. 29, comma 2 (‘Hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, ivi compresi quelli che prestano la propria attività in posizione di
comando, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare articolazione dell’orario’) del RAGIONE_SOCIALE integrativo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 2001.
4.1. Tale questione ha già costituito oggetto di esame da parte di questa Corte con la sentenza n. 5547 del 2021, che ha affermato che il cui il diritto alla mensa ex articolo 29, comma 2, CCNI 2001, è legato al diritto alla pausa, a prescindere dal tempo (notturno) della prestazione lavorativa.
In particolare, con la citata sentenza si è evidenziato:
la fruizione del pasto -ed il connesso diritto alla mensa o al buono pasto che non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale -è prevista nell’ambito di un intervallo non lavorato;
la «particolare articolazione dell’orario di lavoro» è quella collegata alla fruizione di un intervallo di lavoro;
ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. 8 aprile 2003 nr. 66, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto; le modalità e la durata della pausa sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro e, in difetto di disciplina collettiva, la durata non è inferiore a dieci minuti e la collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo;
il diritto alla mensa si lega ad una obbligatoria sosta lavorativa ma le parti sociali non hanno espresso alcuna volontà che l’attività
lavorativa che si collega la pausa sia prestata «nelle fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto»;
una eventuale volontà delle parti sociali in tal senso avrebbe dovuto essere chiaramente espressa, con l’indicazione di fasce orarie di lavoro che danno diritto alla mensa, fasce che non sono, invece, previste.
La successiva giurisprudenza di legittima ha confermato i principi già affermati da Cass., n. 5547 del 2021.
In particolare, Cass. n. 15629 del 2021, n. 32113 del 2022, n. 9206 del 2023, 25622 del 2023 hanno richiamato Cass. n. 5547 del 2021 e il principio dalla stessa affermato dandovi continuità: «In tema di pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell’ambito dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa quando l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato».
Da ultimo, Cass. n. 25622 del 2023 ha ripercorso la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, condividendola.
Peraltro, questa Corte con la sentenza n. 15614 del 2015 ha rigettato il ricorso proposto avverso sentenza della Corte d’Appello di Napoli che, in analoga fattispecie, con valutazione di merito non
adeguatamente censurata, ha considerato i verbali del 13 dicembre 1996 e del 16 dicembre 2008 come ‘indici di comportamenti delle parti sociali deponenti nel senso di ritenere che un turno continuativo di dodici ore, svolto dalle 20.00 alle 8.00, integrasse quella “particolare articolazione dell’orario” di cui al citato art. 29 del CCNI’.
4.2. Pertanto, ferma la disponibilità delle risorse (in ragione del richiamo di cui al comma 1 dell’art. 29 cit.), che tuttavia nella specie non viene in rilievo, l’Azienda non poteva restringere il campo degli aventi diritto a buono mensa rispetto alle stesse previsioni di cui alla clausola contrattuale in esame (art. 29 CCNI) ed alla ‘particolare articolazione dell’orario’ come interpretata da questa Corte nei termini sopra indicati.
Alla stregua dei condivisibili principi giurisprudenziali precedentemente richiamati e dandovi continuità il ricorso deve essere accolto, atteso che la decisione della Corte di Appello di Roma si è discostata dagli stessi nel momento in cui ha ritenuto che il riferimento alle ‘particolari condizioni di lavoro’, di cui all’art. 29 del CCNI del comparto RAGIONE_SOCIALE del 20 settembre 2001, consentisse di escludere il riconoscimento del diritto all’erogazione sostitutiva dei buoni pasto laddove il lavoratore deve trattenersi al lavoro in orario non solo antimeridiano ma anche pomeridiano o notturno e l’orario di lavoro venga a prolungarsi in modo incompatibile con l’ordinaria fruizione del pasto.
La sentenza di appello va cassata e decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti, va accertato il diritto del ricorrente alla fruizione di buoni pasto per il turno notturno (come per altri turni) superiore alle sei ore nel periodo considerato e la
RAGIONE_SOCIALE va condannata a pagare la somma di euro 1.808,94 con la maggior somma tra interessi e rivalutazione.
6. Le spese di giudizio sono compensate con riguardo ai gradi di giudizio di merito e seguono la soccombenza della RAGIONE_SOCIALE con riguardo alle spese del presente giudizio di legittimità e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accerta il diritto del ricorrente alla fruizione di buoni pasto per il turno notturno (come per altri turni) superiore alle sei ore nel periodo considerato e condanna la RAGIONE_SOCIALE a pagare la somma di euro 1.808,94 con la maggior somma tra interessi e rivalutazione.
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito del giudizio.
Condanna la resistente RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida nella somma di euro 1000,00 per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione a favore dell’AVV_NOTAIO.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro