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Buoni pasto enti locali: obbligo o discrezionalità?

Un dipendente comunale ha citato in giudizio l’ente per il mancato pagamento dei buoni pasto. Dopo una vittoria in primo grado, la Corte d’Appello ha respinto la domanda. Il caso è giunto in Cassazione, che ha ritenuto la questione di fondamentale importanza per l’interpretazione del contratto collettivo nazionale. Pertanto, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per definire se l’erogazione dei buoni pasto enti locali sia un obbligo o una facoltà discrezionale dell’amministrazione.

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Pubblicato il 22 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Buoni Pasto Enti Locali: un Diritto del Lavoratore o una Scelta dell’Amministrazione?

La questione dei buoni pasto enti locali rappresenta un tema caldo nel diritto del lavoro pubblico, che contrappone le legittime aspettative dei dipendenti alle esigenze di bilancio delle amministrazioni. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito, sospendendo il giudizio su un caso specifico per portarlo all’attenzione di una pubblica udienza, data la sua importanza cruciale per l’interpretazione della legge.

I Fatti di Causa

Un dipendente di un Comune del Sud Italia aveva richiesto il risarcimento del danno per la mancata erogazione di 444 buoni pasto, accumulati in un arco temporale di circa cinque anni. Inizialmente, il tribunale di primo grado aveva dato ragione al lavoratore. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, respingendo la domanda. Secondo i giudici di secondo grado, l’erogazione dei buoni pasto non è un obbligo automatico, ma una facoltà dell’ente subordinata a una valutazione discrezionale delle proprie risorse organizzative e finanziarie. Il lavoratore, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica sui Buoni Pasto Enti Locali

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione degli articoli 45 e 46 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto Regioni e Autonomie locali. L’articolo 45 afferma che gli enti “possono” istituire mense di servizio o, in alternativa, attribuire buoni pasto, compatibilmente con le risorse disponibili. Il dipendente sostiene che, una volta verificate le condizioni previste dal contratto (come un certo tipo di orario di lavoro), quel “possono” si trasforma in un “devono”, creando un vero e proprio diritto soggettivo al buono pasto. Al contrario, l’ente locale sostiene che la parola “possono” confermi la natura puramente discrezionale della scelta, legata a una ponderata valutazione di costi e benefici.

Le Motivazioni dell’Ordinanza della Cassazione

La Corte di Cassazione, con questa ordinanza interlocutoria, non ha deciso chi ha ragione e chi ha torto. Ha invece riconosciuto che la questione ha una “rilevanza nomofilattica”, ovvero è così importante da richiedere una pronuncia chiara e definitiva che possa servire da guida per tutti i casi simili futuri.

I giudici hanno osservato che interpretare se l’erogazione dei buoni pasto sia un obbligo o una facoltà discrezionale ha implicazioni significative per migliaia di lavoratori pubblici e per le finanze di tutti gli enti locali. Una decisione affrettata o non sufficientemente ponderata potrebbe creare incertezza e contenziosi. Per questo motivo, la Corte ha ritenuto necessario un esame più approfondito in una pubblica udienza, dove le parti e il Pubblico Ministero potranno discutere ampiamente la questione prima che venga emessa una sentenza definitiva.

Le Conclusioni: l’Importanza della Decisione Futura

La scelta della Cassazione di rinviare la decisione sottolinea la delicatezza del bilanciamento tra i diritti dei lavoratori e la sostenibilità finanziaria della Pubblica Amministrazione. La futura sentenza, che scaturirà dalla pubblica udienza, è destinata a diventare un punto di riferimento fondamentale. Essa chiarirà in modo definitivo se, in assenza di un servizio mensa, il dipendente pubblico che soddisfa i requisiti di orario abbia un diritto incondizionato a ricevere i buoni pasto enti locali, o se l’ente conservi sempre un margine di discrezionalità legato alle proprie disponibilità di bilancio. L’esito di questo giudizio avrà un impatto diretto e concreto sulle politiche del personale e sulla gestione delle risorse in tutti i Comuni d’Italia.

Qual è la questione legale principale affrontata dalla Corte di Cassazione?
La questione centrale è se, secondo il CCNL di riferimento, l’erogazione dei buoni pasto da parte degli enti locali sia un obbligo per l’amministrazione quando non è presente un servizio mensa e sussistono determinate condizioni di orario, oppure se rimanga una scelta discrezionale legata alla valutazione delle risorse organizzative e finanziarie disponibili.

Perché la Corte di Cassazione non ha emesso una sentenza definitiva?
La Corte non ha deciso nel merito perché ha ritenuto la questione di “rilevanza nomofilattica”, cioè di tale importanza per l’uniforme interpretazione della legge da richiedere un esame più approfondito. Ha quindi rinviato il caso a una pubblica udienza per una discussione più ampia e una decisione più ponderata che possa fungere da principio guida per futuri casi simili.

Quale articolo del CCNL è al centro del dibattito?
Il dibattito si concentra sull’interpretazione degli articoli 45 e 46 del CCNL Comparto Regioni e Autonomie locali del 14.9.2000. In particolare, il contendere è sul significato del verbo “possono” utilizzato nell’art. 45, per stabilire se configuri una mera facoltà o un obbligo condizionato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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