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Buoni pasto: diritto per turni oltre le sei ore

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto ai buoni pasto per un gruppo di infermieri turnisti il cui orario di lavoro superava le sei ore. La Corte ha stabilito che l’impossibilità di fruire della pausa mensa per esigenze di servizio non elimina il diritto al beneficio, ma lo converte nel diritto a ricevere il buono pasto come prestazione sostitutiva. Il diritto è legato alla durata della prestazione lavorativa e non può essere limitato da regolamenti aziendali che escludono i turnisti.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Buoni Pasto: Diritto Esteso ai Turnisti per Turni Superiori alle 6 Ore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di buoni pasto per i lavoratori del settore pubblico, con particolare riferimento al personale sanitario turnista. La decisione chiarisce che il diritto a beneficiare del servizio mensa o, in alternativa, del buono pasto, è strettamente legato alla durata dell’orario di lavoro e non può essere negato a chi, per esigenze di servizio, non può effettuare una pausa.

Il Contesto: La Controversia sui Buoni Pasto per il Personale Sanitario

La vicenda ha origine dall’azione legale intrapresa da un gruppo di infermieri professionali turnisti contro un’Azienda Sanitaria Provinciale. I lavoratori chiedevano il riconoscimento del diritto a fruire del servizio mensa o dei buoni pasto, un beneficio che un regolamento interno limitava al solo personale non turnista con rientro pomeridiano. La loro richiesta si basava su un presupposto semplice: anche i loro turni di lavoro superavano la soglia delle sei ore giornaliere, condizione prevista dalla normativa per la maturazione del diritto.

La Corte d’Appello aveva dato ragione ai lavoratori, riformando la sentenza di primo grado e condannando l’Azienda al pagamento delle somme dovute. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, ha deciso di impugnare la decisione presentando ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Diritto ai Buoni Pasto

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno consolidato l’orientamento secondo cui il diritto alla pausa e al pasto scatta ogni qualvolta la prestazione lavorativa giornaliera superi le sei ore.

Il punto cruciale della decisione risiede nel non differenziare tra lavoratori turnisti e non. La Corte ha ritenuto errata la tesi dell’Azienda, che distingueva tra dipendenti in turno continuativo (senza possibilità di pausa) e dipendenti che potevano interrompere il lavoro. Secondo la Cassazione, questa distinzione è irrilevante ai fini del diritto al buono pasto.

Le Motivazioni Giuridiche della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione su un’interpretazione combinata delle norme contrattuali e legislative. In particolare, ha fatto riferimento all’articolo 29 del CCNL Comparto Sanità del 2001 e all’articolo 8 del D.Lgs. 66/2003. Da queste norme emerge che il diritto al pasto è collegato a un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, che a sua volta dà diritto a un intervallo non lavorato.

Il ragionamento della Corte è lineare: l’impossibilità di fruire del servizio mensa a causa della particolare strutturazione dell’orario di lavoro (come nel caso dei turni che richiedono continuità della prestazione) non fa venir meno il diritto. Al contrario, proprio in questi casi sorge il diritto alla modalità sostitutiva, ovvero il buono pasto. Questo beneficio, infatti, ha carattere assistenziale ed è volto a garantire il benessere fisico del lavoratore, conciliando le esigenze del servizio con quelle quotidiane del dipendente.

In sostanza, il buono pasto non è un compenso per la mancata pausa, ma un’alternativa garantita al lavoratore quando l’organizzazione del lavoro non gli permette di usufruire del pasto in altro modo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, stabilisce in modo inequivocabile che tutti i lavoratori la cui giornata lavorativa supera le sei ore hanno diritto al servizio mensa o ai buoni pasto, indipendentemente dalla tipologia di orario (turnista o giornaliero).

Le aziende, soprattutto nel settore pubblico e sanitario, non possono più negare questo diritto sulla base di regolamenti interni restrittivi che discriminano i lavoratori turnisti. L’impossibilità di effettuare la pausa pranzo non è una causa di esclusione dal beneficio, ma la condizione che ne legittima l’erogazione in forma sostitutiva. Questa pronuncia rafforza la tutela dei lavoratori, garantendo un trattamento equo e riconoscendo il valore del loro benessere come elemento essenziale per la prosecuzione dell’attività lavorativa.

A un lavoratore turnista spetta il buono pasto se il suo turno supera le sei ore?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto al buono pasto sorge per qualsiasi turno lavorativo che superi le sei ore, a prescindere dal fatto che il lavoratore sia turnista o meno.

Cosa succede se il lavoratore non può fare la pausa pranzo per esigenze di servizio?
Secondo la sentenza, l’impossibilità di fruire della pausa mensa a causa delle esigenze di servizio (come la continuità dell’assistenza) non elimina il diritto, ma lo trasforma nel diritto a ricevere il buono pasto come modalità sostitutiva.

Il diritto al buono pasto dipende da un regolamento aziendale?
No, il diritto deriva principalmente dalla contrattazione collettiva (CCNL) e dalla legge. Un regolamento aziendale non può limitare questo diritto escludendo categorie di lavoratori, come i turnisti, se la loro prestazione lavorativa supera le sei ore giornaliere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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