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Blocco stipendiale: no aumenti per progressioni carriera

Una dirigente medico si è vista negare l’aumento di stipendio conseguente a una progressione di carriera, a causa del blocco stipendiale imposto alla pubblica amministrazione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che il blocco si applica a tutte le forme di progressione, anche quelle non automatiche basate su valutazione. Di conseguenza, durante il periodo di blocco, la progressione ha avuto solo effetti giuridici e non economici, escludendo il diritto alle differenze retributive e al risarcimento del danno per il ritardo nella valutazione.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Blocco Stipendiale e Progressione di Carriera: La Cassazione Conferma lo Stop agli Aumenti

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 18877 del 10 luglio 2024, affronta una questione cruciale per il pubblico impiego: l’applicabilità del blocco stipendiale, introdotto dal D.L. n. 78 del 2010, alle progressioni di carriera non automatiche. La Suprema Corte ha fornito una risposta netta, confermando che il congelamento degli stipendi si estende a tutte le forme di avanzamento, con importanti conseguenze per i dipendenti pubblici coinvolti.

I Fatti del Caso: Una Progressione Senza Aumento

Il caso riguarda una dirigente medico di un’Azienda Sanitaria Provinciale. Alla lavoratrice era stato conferito un incarico dirigenziale superiore, con decorrenza giuridica dal 1° gennaio 2011. Nonostante il nuovo e più elevato incarico, l’Azienda Sanitaria si era rifiutata di corrisponderle le relative indennità economiche superiori (indennità di esclusività e retribuzione di posizione).

La motivazione dell’Azienda risiedeva nell’applicazione del cosiddetto blocco stipendiale, una misura di contenimento della spesa pubblica che aveva sospeso temporaneamente qualsiasi incremento retributivo per i dipendenti pubblici.

Il Tribunale di primo grado aveva inizialmente dato ragione alla dirigente, riconoscendole il diritto a un risarcimento del danno per il ritardo con cui l’Azienda aveva effettuato la valutazione professionale necessaria alla progressione. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato completamente la decisione, rigettando la domanda. Secondo i giudici di secondo grado, il blocco stipendiale operava a prescindere, rendendo irrilevante il ritardo nella valutazione, poiché la dirigente non avrebbe comunque avuto diritto agli aumenti economici nel periodo contestato (2011-2014).

La Questione Giuridica e i Motivi del Ricorso

La dirigente ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basando le sue argomentazioni su tre punti principali:

1. Natura straordinaria dell’incarico: Sosteneva che il blocco stipendiale si applicasse solo agli aumenti ordinari e non al conferimento di un nuovo e diverso incarico, da considerarsi un evento straordinario.
2. Violazione del giudicato interno: Riteneva che la decisione del primo giudice sul diritto alla progressione, anche se solo a titolo risarcitorio, fosse diventata definitiva.
3. Danno da ritardo: Insisteva sul fatto che il ritardo dell’Azienda nella valutazione le avesse comunque causato un danno, per il quale chiedeva un risarcimento.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul blocco stipendiale

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la linea della Corte d’Appello. La motivazione dei giudici si fonda su un’interpretazione chiara e rigorosa della normativa sul blocco stipendiale.

Il punto centrale della decisione è l’articolo 9, comma 21, del D.L. n. 78 del 2010. La norma stabilisce che per gli anni 2011, 2012 e 2013, “le progressioni di carriera comunque denominate” hanno effetto “ai fini esclusivamente giuridici”.

La Corte, richiamando un suo precedente (Cass. n. 34724/2023), ha sottolineato che l’espressione “comunque denominate” è volutamente ampia e onnicomprensiva. Essa include non solo gli scatti automatici di anzianità, ma anche le progressioni verticali, ovvero i passaggi a categorie o aree funzionali più elevate che derivano da concorsi interni o valutazioni professionali. Queste progressioni, pur comportando una “novazione oggettiva” del rapporto di lavoro, ricadono pienamente nel perimetro del blocco.

Di conseguenza, anche se l’Azienda avesse effettuato la valutazione tempestivamente, la dirigente non avrebbe avuto diritto a percepire alcun aumento economico nel periodo coperto dal blocco. La progressione, in quegli anni, le garantiva solo un beneficio giuridico (ad esempio, la maturazione dell’anzianità nella nuova qualifica), ma non economico.

Sulla base di questa premessa, la Corte ha dichiarato inammissibili anche gli altri motivi di ricorso. Se non esisteva un diritto all’aumento economico, il ritardo nella valutazione non poteva aver causato un danno risarcibile. La questione del giudicato interno è stata ritenuta ininfluente, poiché la ratio decidendi della sentenza d’appello era fondata sull’applicazione diretta della norma sul blocco, un punto che assorbe ogni altra considerazione.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale molto chiaro: il blocco stipendiale ha avuto un’applicazione estesa e rigorosa, neutralizzando economicamente qualsiasi forma di avanzamento di carriera nel pubblico impiego per il periodo di sua vigenza.

Per i dipendenti pubblici, questo significa che una promozione ottenuta durante quegli anni, sebbene valida ai fini giuridici e per il futuro sviluppo professionale, non si è tradotta in un immediato beneficio economico. La sentenza riafferma la prevalenza delle norme di contenimento della spesa pubblica sulla contrattazione collettiva e sulle legittime aspettative di crescita retributiva dei lavoratori, anche a fronte di un accrescimento delle responsabilità e delle funzioni svolte.

Il blocco stipendiale previsto dal D.L. n. 78/2010 si applica solo agli scatti automatici di anzianità?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il blocco si applica a tutte le “progressioni di carriera comunque denominate”, includendo quindi anche quelle verticali basate su concorsi interni o valutazioni professionali che comportano l’inquadramento in aree o categorie più elevate.

Se un’amministrazione pubblica ritarda la valutazione per una progressione di carriera, il dipendente ha diritto al risarcimento del danno?
Secondo questa ordinanza, se il periodo in cui la progressione avrebbe dovuto avere effetto economico rientra nel “blocco stipendiale”, il ritardo nella valutazione non produce un danno risarcibile. Poiché il dipendente non avrebbe comunque avuto diritto all’aumento economico, il ritardo è considerato irrilevante da quel punto di vista.

Durante il periodo di blocco, una progressione di carriera è completamente inutile?
No, la progressione non è inutile. La legge specifica che in quegli anni (2011, 2012 e 2013) le progressioni hanno effetto “ai fini esclusivamente giuridici”. Ciò significa che l’anzianità nella nuova qualifica matura e la posizione è valida per futuri sviluppi di carriera, ma gli effetti economici (l’aumento di stipendio) sono stati sospesi fino alla fine del periodo di blocco.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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