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Blocco stipendi PA: non si applica al privato

Una lavoratrice di un Comune, assunta con contratto di diritto privato del settore edile, si è vista negare gli aumenti contrattuali a causa delle norme sul blocco stipendi pubblico impiego. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo che il blocco della contrattazione collettiva previsto per il settore pubblico (art. 9, c. 17, D.L. 78/2010) non si applica ai rapporti di lavoro regolati da CCNL privati, anche se il datore di lavoro è un ente pubblico. La Corte ha distinto tale blocco da quello, più generale e temporalmente limitato, relativo al trattamento economico individuale.

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Pubblicato il 23 agosto 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Blocco stipendi pubblico impiego: quando non si applica ai contratti privati

L’applicazione del blocco stipendi pubblico impiego a lavoratori di enti pubblici assunti con contratti di diritto privato è una questione complessa che la Corte di Cassazione ha recentemente chiarito. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno stabilito un principio fondamentale: le norme che hanno sospeso la contrattazione collettiva nel settore pubblico non possono essere estese automaticamente ai rapporti di lavoro disciplinati da CCNL del settore privato, anche quando il datore di lavoro è un Comune. Analizziamo la vicenda per comprendere le motivazioni di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice, dipendente di un Comune e assegnata a un servizio di manutenzione edile, aveva intentato una causa per ottenere il pagamento di differenze retributive maturate tra il 2015 e il 2016. Il suo rapporto di lavoro era regolato da un contratto a tempo indeterminato di diritto privato, con applicazione del CCNL per i dipendenti delle imprese edili.

Nonostante i rinnovi del CCNL nazionale e la stipula di un contratto integrativo provinciale, il Comune aveva riconosciuto gli aumenti contrattuali solo fino al 2010. Per gli anni successivi, l’ente aveva opposto il cosiddetto blocco stipendi pubblico impiego, introdotto dal D.L. n. 78/2010 come misura di contenimento della spesa pubblica. La lavoratrice, forte anche di una pronuncia della Corte Costituzionale (sent. n. 178/2015) che aveva dichiarato illegittima la sospensione della contrattazione collettiva pubblica, riteneva di avere diritto agli aumenti previsti dal suo CCNL di settore.

La Decisione nei Primi Gradi di Giudizio

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la domanda della lavoratrice. I giudici di merito avevano ritenuto che, essendo il Comune un’amministrazione pubblica, le norme sul contenimento della spesa del personale si applicassero a tutti i suoi dipendenti, a prescindere dalla natura pubblica o privata del contratto di lavoro. Secondo questa interpretazione, il blocco retributivo prevaleva sulle disposizioni del CCNL privato.

Blocco Stipendi Pubblico Impiego e Contratti Privati: Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato le decisioni precedenti, accogliendo il ricorso della lavoratrice. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su una distinzione cruciale tra due diverse norme contenute nell’art. 9 del D.L. n. 78/2010:

1. Congelamento del trattamento economico individuale (comma 1): Questa norma prevedeva che, per il triennio 2011-2013 (poi esteso al 2014), il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle pubbliche amministrazioni non potesse superare quello del 2010. La Corte ha riconosciuto che questa disposizione ha un’applicazione ampia e si estende anche ai rapporti di diritto privato, poiché fa riferimento a tutti gli enti inseriti nel conto economico consolidato della P.A. redatto dall’ISTAT.

2. Sospensione della contrattazione collettiva (comma 17): Questa disposizione, invece, bloccava le procedure contrattuali e negoziali per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego. La Corte ha evidenziato come il testo di questa norma faccia esplicito e unico riferimento al personale disciplinato dal D.Lgs. n. 165/2001, ovvero ai dipendenti pubblici “contrattualizzati”.

La Corte territoriale, secondo la Cassazione, ha commesso l’errore di applicare al caso di specie la logica del comma 17, che però non era pertinente. Il rapporto di lavoro della ricorrente era disciplinato dal CCNL Edilizia, un contratto di diritto privato la cui dinamica non era soggetta al blocco imposto alla contrattazione pubblica.

Inoltre, il periodo per cui la lavoratrice chiedeva le differenze (2015-2016) era successivo alla scadenza del congelamento del trattamento economico individuale previsto dal comma 1. Di conseguenza, non sussisteva alcun impedimento normativo che vietasse al Comune di riconoscere gli aumenti derivanti dal rinnovo del CCNL privato applicato al rapporto di lavoro.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello con rinvio, incaricando la Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, di riesaminare il caso alla luce dei principi enunciati. La decisione afferma un principio di grande rilevanza: le normative di contenimento della spesa pubblica devono essere interpretate restrittivamente. Il blocco stipendi pubblico impiego che ha riguardato la contrattazione collettiva si applica esclusivamente ai rapporti regolati dal diritto pubblico (D.Lgs. 165/2001) e non può essere esteso ai dipendenti di enti pubblici il cui rapporto è disciplinato da un CCNL del settore privato.

Il blocco degli stipendi per il pubblico impiego si applica anche ai dipendenti di un ente pubblico con contratto di diritto privato?
Dipende dalla specifica norma. Il blocco del trattamento economico individuale (art. 9, c. 1, D.L. 78/2010) si applicava a tutti i dipendenti della P.A., inclusi quelli con contratto privato, ma solo per il periodo 2011-2014. Invece, il blocco della contrattazione collettiva (art. 9, c. 17) si applicava solo al personale del pubblico impiego disciplinato dal D.Lgs. 165/2001, escludendo quindi i contratti di diritto privato.

Qual è la differenza tra il blocco del trattamento retributivo (art. 9, c. 1) e il blocco della contrattazione collettiva (art. 9, c. 17) del D.L. 78/2010?
Il primo (c. 1) congelava l’ammontare massimo della retribuzione individuale di ciascun dipendente a quello percepito nel 2010. Il secondo (c. 17) sospendeva le procedure per il rinnovo dei contratti collettivi del settore pubblico, impedendo la negoziazione di nuovi aumenti a livello nazionale.

Perché la Corte di Cassazione ha dato ragione alla lavoratrice?
Perché la sua richiesta di adeguamento salariale si basava su un CCNL del settore privato (Edilizia), la cui contrattazione non era soggetta al blocco previsto dall’art. 9, comma 17, D.L. 78/2010. Inoltre, il periodo richiesto (2015-2016) era successivo alla scadenza del blocco del trattamento economico individuale previsto dal comma 1 dello stesso articolo. Pertanto, non vi era alcun ostacolo legale al riconoscimento degli aumenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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