Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16921 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 16921 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9894/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME – ricorrenti – contro
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL TURISMO, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE e DEL MERITO, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di Bologna, n. 370/2020, depositata il 9.10.2020, NUMERO_DOCUMENTO;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO che ha insistito per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO per i ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
1. I ricorrenti, dipendenti del RAGIONE_SOCIALE, del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, hanno agito nei confronti dei predetti, oltre che RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, per sentir accertare il loro diritto alla stipula del contratto collettivo ed a percepire le correlate differenze stipendiali per il periodo 20102015 in cui vi era stato il blocco RAGIONE_SOCIALEa contrattazione disposto per legge e comunque per il periodo dal 30.7.2015 al 31.12.2015, ovverosia quello immediatamente successivo alla declaratoria di illegittimità costituzionale sopravvenuta di quel blocco ad esito di Corte Costituzionale 23 luglio 2015, n. 178.
I ricorrenti insistevano altresì per la proposizione di incidente di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALEa normativa di bilancio per il 2016, in quanto essa, dopo il venir meno del blocco RAGIONE_SOCIALEa contrattazione, aveva fissato risorse idonee al solo incremento RAGIONE_SOCIALEa c.d. indennità di vacanza contrattuale, senza disporre copertura per il periodo del 2015 successivo alla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale e comunque non realizzando alcun serio ristoro nei riguardi dei dipendenti pubblici, in contrasto con la tutela del diritto di proprietà e con il diritto costituzionale ad una retribuzione equa e sufficiente.
Secondo quanto si desume dal ricorso per cassazione essi sollecitavano altresì il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea per la verifica in ordine alla compatibilità RAGIONE_SOCIALEa disciplina nazionale con il complesso RAGIONE_SOCIALE norme eurounitarie ed internazionali.
Tutto ciò in ragione RAGIONE_SOCIALEa domanda risarcitoria, anche secondo il regime del c.d. danno eurounitario, rispetto alle aspettative di tutela retributiva sul piano RAGIONE_SOCIALEa contrattazione collettiva.
La Corte d’Appello di Bologna, rigettando il gravame contro la sentenza del Tribunale di Ravenna, ha ritenuto che, essendo stata ripristinata la possibilità di procedere alla contrattazione, il vulnus censurato dalla Corte Costituzionale fosse venuto meno, non sussistendo tutela per i ‘risultati’ cui la contrattazione stessa era pervenuta o avrebbe potuto pervenire e comunque, per il pregresso, avendo la Corte Costituzionale sancito la salvezza degli effetti economici verificatisi.
L’art. 36 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione non contemplava del resto un diritto all’incremento annuale RAGIONE_SOCIALEa retribuzione, ma solo la rispondenza di essa a criteri di adeguatezza e sufficienza, profili rispetto ai quali, in una valutazione globale, gli argomenti addotti dai ricorrenti affermava la Corte distrettuale -non convincevano « RAGIONE_SOCIALEa lamentata insufficienza …. rispetto ai criteri di cui sopra ».
Infine -concludeva la Corte l’aspettativa cui facevano riferimento i ricorrenti era da riconnettere anch’essa all’adeguatezza RAGIONE_SOCIALEa retribuzione come tale e non ad un suo necessario incremento.
I lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, cui i Ministeri e la RAGIONE_SOCIALE hanno opposto difese con controricorso.
Il Pubblico RAGIONE_SOCIALE ha depositato note scritte con le quali ha insistito per il rigetto del ricorso, confermando tale richiesta in udienza.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
È in atti memoria dei ricorrenti.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Il primo motivo di ricorso per cassazione denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 111 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione, nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., con nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza (art. 360 n. 4 c.p.c.) motivazione assente, perplessa, contraddittoria ed incomprensibile.
I ricorrenti lamentano che la Corte territoriale, nell’escludere un loro diritto alla stipula di nuovi contratti collettivi anche al fine di assicurare l’adeguatezza ex art. 36 Cost. RAGIONE_SOCIALEa retribuzione e nel limitarsi ad affermare che gli argomenti addotti non sarebbero stati convincenti, non avrebbe spiegato il perché di tali conclusioni né motivato rispetto alle deduzioni con cui era stato evidenziato come i trattamenti economici fossero tornati ai livelli anteriori al 2009, con erosione del potere di acquisto rispetto al tasso di inflazione reale ed azzeramento degli effetti economici dei precedenti contratti collettivi.
Nessuna motivazione era stata altresì sviluppata rispetto alle pur dedotte violazioni RAGIONE_SOCIALEa Carta Sociale Europea, RAGIONE_SOCIALEa Convenzione per la salvaguardia dei diritti fondamentali e RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti RAGIONE_SOCIALE‘Uomo (di seguito, CEDU).
Il secondo motivo denuncia la violazione, errata e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 36 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione (art. 360 n. 3 c.p.c.).
Il motivo riprende la prima censura e, richiamata la precettività diretta RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 Cost. ed il ‘minimo costituzionale’ , da individuarsi rispetto al trattamento tabellare ed alla retribuzione base, con indennità di contingenza e tredicesima mensilità, fa riferimento ancora all’arretramento al di sotto del livello del 2009 RAGIONE_SOCIALE retribuzioni medie, alle spese inferiori per il pubblico impiego privatizzato del 2016 -pari a 12 miliardi in meno – rispetto alle spese del 2009 ed al riassorbimento, attraverso l’aumento del tasso reale di inflazione, degli incrementi attribuiti nell’ultima tornata contrattuale precedente al blocco.
Ciò richiamando dati provenienti dalla Ragioneria AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALEo Stato e riguardanti proprio gli emolumenti di base destinati a costituire il nucleo del c.d. minimo costituzionale.
Il tutto a fronte viceversa, rimarca ancora il motivo, del mantenimento, se non RAGIONE_SOCIALE‘incremento RAGIONE_SOCIALE retribuzioni di altro personale non contrattualizzato, come quello RAGIONE_SOCIALEa carriera prefettizia, diplomatica e del personale di magistratura.
Il terzo motivo adduce invece la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c. sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa denunciata -e non decisa -questione sul danno c.d. eurounitario.
Il quarto motivo, riprendendo nel merito il tema del danno eurounitario, assume che comunque vi sarebbe stata la violazione, errata o falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) RAGIONE_SOCIALEa parte I, p. 2 e 6 RAGIONE_SOCIALEa Carta sociale europea, ratificata con legge n. 30 del 1999, nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 28 RAGIONE_SOCIALEa Carta dei diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALEa U.E., RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 del protocollo addizionale alla CEDU sottoscritto a Parigi il 20.3.1952 e degli artt. 10 e 117 Cost.
Il motivo evidenzia come il diritto ad eque condizioni di lavoro determinate attraverso la contrattazione collettiva sia riconosciuto da numerose disposizioni di diritto europeo e internazionale.
Esso in proposito richiama quanto previsto dalla parte I, punti 2 e 6, RAGIONE_SOCIALEa Carta Sociale Europea e dall’art. 1 del protocollo addizionale alla CEDU, sotto il profilo del divieto di privazione RAGIONE_SOCIALEa proprietà, riguardante, a certe condizioni, più in generale i diritti patrimoniali, tra cui i crediti e le legittime aspettative.
Su tali basi e in disparte i profili pubblicistici, lo Stato italiano, bloccando per sei anni la contrattazione collettiva e la dinamica RAGIONE_SOCIALE retribuzioni e non apprestando risorse per il periodo dal 30 luglio al 31 dicembre 2015, aveva violato -secondo i ricorrenti tali principi e diritti, consentendo la regressione dei trattamenti retributivi reali.
Veniva quindi riproposta la questione di legittimità costituzionale sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 Cost. e del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., sul presupposto che, pur dopo i sei anni di blocco RAGIONE_SOCIALEa dinamica salariale e gli effetti di regresso reale RAGIONE_SOCIALE
retribuzioni, non fosse stato consentito alcun serio recupero rispetto al vulnus arrecato al c.d. ‘minimo costituzionale’, sicché erano scrutinabili sotto i profili dedotti le norme di cui all’art. 1, co. 466 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 208 del 2015 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, co. 365 e 366 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 232 del 2016, che avevano realizzato stanziamenti, anche tenuto conto del risultato netto finale nelle buste paga dei dipendenti, inidonei rispetto ai fini da perseguire.
Il tutto anche in relazione agli artt. 10 e 117 Cost., con riferimento alle citate norme RAGIONE_SOCIALEa Carta dei diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALE‘Unione, RAGIONE_SOCIALEa CEDU e RAGIONE_SOCIALEa Carta sociale europea come parametri interposti. Sempre sul piano RAGIONE_SOCIALE legittimità costituzionale i ricorrenti evidenziano infine come le esigenze finanziarie non sfuggano al sindacato perché esse non possono assumere, secondo la Consulta, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile dei diritti protetti dalla Costituzione, così come analoga posizione era sostenuta dalla Corte Europea dei Diritti RAGIONE_SOCIALE‘Uomo rispetto ai diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALEa CEDU.
Infine, veniva richiamato anche il principio di libertà sindacale di cui all’art. 39 Cost.
I ricorrenti, da altro punto di vista, hanno insistito per la proposizione di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
Ciò sul presupposto che l’ordinamento eurounitario assicura il rispetto dei principi generali RAGIONE_SOCIALEa CEDU e che va altresì garantito quanto derivante dalla Carta dei diritti fondamentale RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea e dalla Carta Sociale Europea, il tutto in relazione sia alla violazione RAGIONE_SOCIALE‘aspettativa, tutelata in ambito CEDU come componente dei diritti patrimoniali del singolo, a che attraverso la contrattazione collettiva si determini la giusta retribuzione corrispondente alle prestazioni rese nel rapporto di lavoro ed in relazione altresì al diritto a condizioni di lavoro eque, violate dall’attribuzione di trattamenti inidonei a ristorare i lavoratori,
stante l’essere i loro salari reali regrediti a livelli precedenti al 2009.
I motivi vanno esaminati congiuntamente, data la loro connessione, secondo l’ordine logico -giuridico dei temi coinvolti.
Preliminarmente, vanno riepilogati alcuni tratti essenziali RAGIONE_SOCIALEa contrattazione collettiva nel pubblico impiego privatizzato.
5.1 Può tralasciarsi il tema RAGIONE_SOCIALEa contrattazione integrativa.
Quest’ultima è infatti condizionata dal realizzarsi RAGIONE_SOCIALEa contrattazione nazionale, cui essa è per legge subordinata (art. 40, co. 3-bis del d. lgs. n. 165 del 2001) e dunque i vincoli e blocchi che riguardano la contrattazione nazionale sono destinati a riverberarsi sulla contrattazione integrativa.
Non potendosi, nell’ambito integrativo, prevedere incrementi che non si fondino su previsioni dei CCNL, il blocco economico di questi ultimi è in sé ragione di interferenza con la contrattazione di secondo livello, che dunque non rileva di per sé rispetto alle questioni agitate in questa causa e non a caso le parti non affrontano questa ulteriore tematica.
5.2 Esaminando invece il tema RAGIONE_SOCIALEa contrattazione nazionale, va rilevato come essa si svolga secondo una sequenza rigida, definita dalle norme, che prevede l’individuazione RAGIONE_SOCIALE risorse disponibili (art. 48, co. 1 e 2, del d. lgs. n. 165 del 2001), la stipula degli accordi tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (art. 47 d. lgs. n., 165 del 2001) e quindi la verifica RAGIONE_SOCIALEa coerenza di essi rispetto agli stanziamenti (sempre art. 47, co. 5 ss.).
Già da ciò è chiara la diversità esistente rispetto alla contrattazione di diritto privato, in sé non assoggettata a vincoli finanziari di legge e quindi più aperta agli effetti dei concreti rapporti di forza di volta in volta destinati a manifestarsi nella relazione tra le parti collettive.
La contrattazione nell’impiego pubblico, da questo punto di vista, si caratterizza per una logica essenzialmente distributiva RAGIONE_SOCIALE risorse destinate a ciascun settore.
Le capacità di orientare l’allocazione di risorse verso la contrattazione non si muove dunque all’interno di essa, ma sul diverso e logicamente antecedente piano RAGIONE_SOCIALE‘attività di politica sindacale e del lavoro o se del caso attraverso anche lo sciopero o altre forme di protesta.
5.3 Non va peraltro sottaciuto che la contrattazione, una volta definito l’intero iter sopra sommariamente riepilogato, assume autonomia di effetti.
Essa diviene infatti obbligatoria per la P.A., ed in tal senso la Corte Costituzionale ha ritenuto che il sistema non determini alcuna frizione con le regole costituzionali che disciplinano l’efficacia erga omnes dei contratti collettivi (art. 39, co. 4 Cost.), in quanto l’applicazione di tale contrattazione deriva piuttosto dalla cogenza di essa imposta per legge alla P.RAGIONE_SOCIALE., con l’obbligo consequenziale di darvi attuazione e trasfonderla in contratti individuali obbligatori anche per il lavoratore e destinati ad assicurare parità di trattamento (Corte Costituzionale 16 ottobre 1997, n. 309), in una logica chiaramente indirizzata lungo le direttrici di legalità di cui all’art. 97 Cost., cui dovrebbero poi conseguire gli effetti di imparzialità e buon andamento.
Ma l’autonomia di effetti si esprime altresì , una volta concluso l’ iter per la valida sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali, attraverso il tendenziale affrancarsi dei diritti riconosciuti, o che da essa derivano, dalle coperture finanziarie, la cui osservanza opera invece ex ante sul piano procedurale.
5.4 Non vi è dubbio che la disciplina preveda correttivi sul piano finanziario anche ex post .
Tali sono le clausole di sospensione totale o parziale del contratto (art. 48, co. 3, del d. lgs. n. 165 del 2001) che la normativa
consente di apporre e tali sono gli interventi di ripristino finanziario conseguenti al riconoscimento giudiziale di certi diritti (art. 61, co. 2, del d. lgs. n. 165 del 2001).
Si tratta però di interventi rimediali che -seppure consentiti e potenzialmente tali da neutralizzare in qualche misura i diritti riconosciuti dal CCNL – operano comunque ex nunc e devono misurarsi con il concomitante principio per cui è la garanzia dei diritti incomprimibili -ivi compreso quello alla parità di trattamento e divieto di discriminazione (Cass. 27 ottobre 2023, n. 29961) – a poter « incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione » (Corte Cost. sentenza n. 275 del 2016) e, pertanto, sono « le scelte allocative di bilancio proposte dal Governo e fatte proprie dal Parlamento », a vedere « naturalmente ridotto tale perimetro di discrezionalità dalla garanzia RAGIONE_SOCIALE spese costituzionalmente necessarie » e non viceversa (Corte Cost. sentenze n. 62 del 2020, n. 275 e n. 10 del 2016), essendo consolidato anche per le Corti europee centrali il principio per cui le ragioni di bilancio e di contenimento RAGIONE_SOCIALEa spesa, per quanto costituiscano uno scopo legittimo, non rispondono ai principi di proporzionalità nel momento in cui la loro applicazione determina la lesione di diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALE persone (vedi, Corte EDU, 7 giugno 2011, COGNOME e altri contro Italia; Corte EDU, 28 ottobre 1999, COGNOME, COGNOME, COGNOME contro Francia; nonché Corte di Giustizia 11 novembre 2014, COGNOME, punto 41; Corte di Giustizia 24 febbraio 1994, COGNOME).
5.5. Le caratteristiche appena evidenziate RAGIONE_SOCIALEa contrattazione in ambito di pubblico impiego escludono che abbiano rilievo i ragionamenti propri del tema RAGIONE_SOCIALEa retribuzione sufficiente nel settore del lavoro privato, in quanto qui la P.A. è tenuta ad applicare i CCNL, che dunque non operano come parametro di raffronto per retribuzioni inferiori in ipotesi riconosciute nella sua
autonomia dal datore di lavoro (v. ad es. Cass. 13 ottobre 1987 n. 7563).
6. Il quadro appena delineato consente di chiarire l’ambito entro cui si inserisce Corte Costituzionale 23 luglio 2015, n. 178 con la quale è stata da un lato rigettata la questione di legittimità RAGIONE_SOCIALE norme sul blocco degli incrementi RAGIONE_SOCIALE risorse tra il 2011 ed il 2014/2015 e si è ritenuta invece l’illegittimità costituzionale del protrarsi del blocco RAGIONE_SOCIALEa contrattazione oltre il 30 luglio 2015, per violazione RAGIONE_SOCIALEa libertà sindacale e quindi RAGIONE_SOCIALE‘art. 39, co. 1, Cost.
Prendendo quindi in considerazione il tema RAGIONE_SOCIALEa libertà sindacale, quest’ultima comprende certamente vari livelli e connotazioni, tra cui il diritto di organizzarsi e partecipare o meno alle organizzazioni, il diritto di esercitare le prerogative che la legge assicura ai RAGIONE_SOCIALE ed ai lavoratori in ambito sindacale, il diritto di sciopero e, per quanto qui interessa, il diritto di svolgere la contrattazione collettiva destinata a regolare i rapporti di lavoro sul piano economico e giuridico.
Per quanto qui rileva, è indubbio che il vincolo alle risorse prestabilite sia certamente importante, ma anche la possibilità di intervenire sul piano distributivo esprime un modo di esercizio RAGIONE_SOCIALE prerogative contrattuali del sindacato, così come è per la partecipazione, attraverso gli accordi, alla realizzazione di quell’effetto di autonomia dei diritti che consegue alla definizione RAGIONE_SOCIALEa contrattazione e di cui si è detto.
Ciò spiega il perché, nonostante il condizionamento rispetto alle risorse, la Corte Costituzionale nella pronuncia sopra citata abbia ritenuto che dovesse cessare il blocco RAGIONE_SOCIALEa contrattazione e quindi la libertà sindacale, sub specie di diritto al negoziato, pur nei margini in cui essa si esprime anche nel pubblico impiego privatizzato, dovesse tornare ad essere esercitata.
Ma ciò consente di comprendere anche il senso RAGIONE_SOCIALEa declaratoria di illegittimità costituzionale, la quale non sta a significare che da
allora in poi vi fosse un qualche diritto al recupero di trattamenti perduti o a miglioramenti retributivi.
Lo sblocco è invece finalizzato a realizzare un nuovo innesco -dopo la parentesi emergenziale – al sistema di determinazione dei trattamenti economici nel pubblico impiego privatizzato, secondo la sequela stanziamento -contrattazione – controllo di coerenza contabile – stipula del contratto collettivo obbligatorio per la P.A., di cui si è detto.
Non a caso, con chiarezza, la Corte Costituzionale precisa che la ripresa RAGIONE_SOCIALE‘attività negoziale era da tenere « disgiunta da ogni vincolo di risultato ».
Su queste basi possono affrontarsi le questioni prospettate in causa.
Iniziando dal tema del diritto al negoziato collettivo, è insito nella stessa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale -che ha accolto la questione, argomentando anche sulle fonti internazionali cui fanno riferimenti i ricorrenti, con effetto dal momento in cui il blocco RAGIONE_SOCIALEa contrattazione si manifestava come strutturale e non per il periodo precedente – che si possa avere una limitazione, se vi siano ragioni contingenti che lo giustifichino.
8.1 D’altra parte, anche l’ampia rassegna RAGIONE_SOCIALE fonti internazionali sviluppata dalla Corte Europea dei Diritti RAGIONE_SOCIALE‘Uomo 12 novembre 2008, NOME COGNOME , evidenza l’esistenza di circoscritti, ma comunque possibili limiti alla contrattazione.
8.2 In proposito, il riconoscimento dei diritti ad opera RAGIONE_SOCIALEa Carta Sociale Europa (qui, il diritto di negoziazione collettiva di cui al punto 6 RAGIONE_SOCIALEa Parte I) è pur sempre soggetto al limite generale di cui all’articolo ‘G’ RAGIONE_SOCIALEa parte V, secondo cui « i diritti ed i principi enunciati nella parte I, quando saranno effettivamente attuati, e l’esercizio effettivo di tali diritti e principi come previsto nella parte II, non potranno essere oggetto di restrizioni o di limitazioni non specificate nelle parti I e II ad eccezione di quelle stabilite dalla
legge e che sono necessarie, in una società democratica, per garantire il rispetto dei diritti e RAGIONE_SOCIALE libertà altrui o per proteggere l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la salute pubblica o il buon costume ».
Non diversamente, l’art. 28 RAGIONE_SOCIALEa Carta dei Diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea, riconosce il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, ma pur sempre in conformità non solo al diritto comunitario, ma anche alle « legislazioni e prassi nazionali ».
Su un piano internazionale ancora più ampio l’art. 7 RAGIONE_SOCIALEa Convenzione ILO sulle relazioni di lavoro (servizio pubblico) del 1978 riconosce l’adozione di misure per incoraggiare e promuovere il pieno sviluppo e l’utilizzazione di meccanismi di negoziazione RAGIONE_SOCIALE condizioni di lavoro tra le autorità pubbliche interessate che devono essere tuttavia « adeguate rispetto alle condizioni nazionali » e identica previsione è contenuta nell’art. 4 RAGIONE_SOCIALEa Convenzione OIL sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva del 1949.
In definitiva, da tutto ciò si trae l’evidenza che il diritto al negoziato collettivo deve pur sempre svolgersi secondo le regole di diritto interno che -senza vanificarne i contenuti essenziali ed imprescindibili ne governano l’esercizio, coordinandolo con le altre esigenze che l’ordinamento deve assicurare.
8.3 Il contemperamento regolativo che discende da tali fonti, come anche dall’assetto dei diversi valori costituzionali concorrenti (art. 39, co.1, art. 81; art. 97 Cost.) è stato già oggetto di ponderazione da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale nella sentenza n. 178 qui in esame, con richiamo anche alla ragionevolezza di fondo (art. 3 Cost.) ed al principio fondamentale solidaristico (art. 2 Cost.) e questa SRAGIONE_SOCIALE non può che rinviare a quanto così argomentato.
Va quindi riconosciuta la legittimità, in senso generale, di una regolazione RAGIONE_SOCIALEa contrattazione collettiva come quella che si è visto esistere per il pubblico impiego privatizzato, così come, più in
specifico, la temporanea sospensione di essa nelle fasi RAGIONE_SOCIALEa crisi finanziaria, ma non oltre quanto necessario rispetto ad essa, nei termini temporali sanciti dalla Consulta.
L’aspettativa al negoziato collettivo, su cui fanno leva i ricorrenti con richiamo alla disciplina CEDU ed al l’articolo 1 del Protocollo addizionale, è dunque tutelata nel diritto interno con riferimento alla contrattazione con la PRAGIONE_SOCIALEA. -per come essa è regolata secondo le specificità che la caratterizzano – ed essa non è stata vanificata dal periodo di blocco, ma solo temporaneamente neutralizzata in ragione di contingenti e concomitanti esigenze di ripristino degli equilibri finanziari, nell’interesse generale ed in ossequio a principi fondanti RAGIONE_SOCIALEa vita consociata, in una « dimensione », si cita ancora direttamente la pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale, connotata « in senso solidaristico » e con sacrificio « né irragionevole, né sproporzionato ».
8.4 Ciò -stante la pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale che naturalmente svolge la funzione anche di coordinamento tra il diritto interno e quello sovranazionale – esclude che si debba dare corso già da questo punto di vista ad incidenti interpretativi presso la Corte di Giustizia.
In parte autonomo è il tema RAGIONE_SOCIALEa retribuzione proporzionata e sufficiente.
Anche rispetto a tale profilo, tuttavia, risultano decisive le considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale.
La Consulta ha escluso che vi fosse stata violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 36 Cost., tenuto conto che dati ufficiali attestavano come la dinamica retributiva pubblica antecedente al blocco si attestasse su valori più sostenuti di quelli registrati nei settori privati RAGIONE_SOCIALE‘economia ed ha quindi ritenuto che mancassero elementi per affermare che la perdita di allineamento, evidentemente rispetto all’economia reale, conseguente al blocco, realizzasse quel significativo ed irragionevole scostamento che è necessario secondo la
giurisprudenza costituzionale per realizzare da questo punto di vista il vulnus costituzionalmente rilevante.
Ciò fino a concludere espressamente che l’infondatezza sotto tale profilo comporta all’infondatezza « di eventuali pretese risarcitorie o indennitarie » fondate sul periodo di blocco RAGIONE_SOCIALE risorse e RAGIONE_SOCIALEa contrattazione.
9.1 Esclusa ogni violazione fino a quel momento, per affermare l’inadeguatezza da allora è sterile l’insistenza dei ricorrenti sull’arretramento retributivo reale realizzatosi nel periodo di blocco, così come del tutto generico è il richiamo alle minori spese complessive per il pubblico impiego.
I pochi mesi residui del 2015 palesemente non possono giustificare il ribaltamento immediato del giudizio sviluppato dalla Consulta per quanto accaduto fino a quel momento ed è pacifico che vi siano stati finanziamenti con la legge di stabilità del 2016 (legge n. 208 del 2015) e del 2016 (legge n. 232/2017) destinati ad un pur limitato incremento RAGIONE_SOCIALE retribuzioni, così come anche nel periodo di blocco RAGIONE_SOCIALE risorse è stata sempre prevista, seppure in importi non incrementati, l’indennità di vacanza contrattuale (art. 1, co. 452, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013; art. 9, co. 17, del d.l. n. 78 del 2010), in sé destinata ad ammortizzare gli effetti sfavorevoli RAGIONE_SOCIALEa mancanza di contrattazione.
Vi è quindi stata ripresa, nelle sessioni contrattuali a venire, RAGIONE_SOCIALEa dinamica negoziale quale regolata dal legislatore.
9.2 È vero che la sentenza di appello risulta assai sintetica sul punto, non potendosi però essa ritenersi priva di motivazione.
Il cenno in essa contenuto alla necessità che l’adeguatezza e la sufficienza siano valutati sulla base del complessivo ammontare di tutte le componenti (v. pag. attraverso il richiamo in nota a Cass. 28 marzo 2000 n. 3749, ivi riportata in stralcio) ed alla salvezza degli effetti economici pregressi sancito dalla Corte Costituzionale, in una con l’essersi ritenuti non convincenti gli argomenti addotti
dai ricorrenti, che sono chiaramente gli stessi qui spesi, a muovere dalla denuncia RAGIONE_SOCIALE‘arretramento retributivo già ritenuto non decisivo dalla Corte Costituzionale, non consentono di riconoscere il determinarsi di un caso di inesistenza RAGIONE_SOCIALEa motivazione.
A fortiori non sorge questione di un lavoro addirittura ‘povero’, ovverosia quello in cui anche la contrattazione si pone al di sotto di livelli minimi di tollerabilità e di cui a Cass. 2 ottobre 2023, n. 27711.
Non sono poi rilevanti, a fronte RAGIONE_SOCIALE‘infondatezza in diritto, le denunce di vizi di omessa pronuncia (Cass., S.U., 2 febbraio 2017, n. 2731) o di difetto motivazionale (Cass. 1 marzo 2019, n. 6145) su questioni puramente giuridiche.
9.3 La Corte Costituzionale (punto 9.2) ha altresì già escluso che possano avere rilievo, stante la diversità RAGIONE_SOCIALE condizioni giuridiche, raffronti con le posizioni di altri lavoratori pubblici non soggetti al regime RAGIONE_SOCIALEa contrattazione.
9.4 Tutto ciò convince RAGIONE_SOCIALEa manifesta infondatezza RAGIONE_SOCIALEa questione di legittimità costituzionale ulteriormente proposta, in tutte le sue articolazioni, così come RAGIONE_SOCIALE‘inutilità anche da questo punto di vista del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, non potendosi ritenere che il punto 2, parte I RAGIONE_SOCIALEa Carta Sociale su cui fanno leva i ricorrenti e riguardante il diritto ad « eque condizioni di lavoro », oltre a non riguardare in modo diretto (v. il successivo art. 2, parte II) la misura RAGIONE_SOCIALEa retribuzione, abbia nella sostanza contenuti diversi da quelli che caratterizzano l’art. 36 Cost.
10. Il ricorso va dunque complessivamente rigettato e le spese del grado si regolano secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore dei controricorrenti RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione,
che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Sezione Lavoro