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Blocco retributivo società partecipate: illegittimo

La Corte di Cassazione ha stabilito che una società a totale partecipazione pubblica non può negare ai propri dipendenti gli aumenti salariali previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore, invocando le norme sul contenimento della spesa pubblica. La Corte ha chiarito che, sebbene le società partecipate debbano perseguire obiettivi di riduzione dei costi, tale obiettivo va raggiunto attraverso la contrattazione di secondo livello e non con un blocco retributivo unilaterale. I rapporti di lavoro in queste società restano disciplinati dal diritto privato.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Blocco Retributivo nelle Società Partecipate: La Cassazione Mette un Punto Fermo

Una società controllata da un ente pubblico può sottrarsi agli aumenti di stipendio previsti da un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) privato? La questione del blocco retributivo società partecipate è stata al centro di un’importante sentenza della Corte di Cassazione, che ha fornito chiarimenti decisivi sulla natura dei rapporti di lavoro in queste particolari realtà aziendali. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: le norme sul contenimento della spesa pubblica non possono giustificare un’automatica disapplicazione dei contratti collettivi di diritto privato.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di una dipendente di una società interamente controllata da un’importante amministrazione comunale. La lavoratrice lamentava il mancato pagamento delle differenze retributive derivanti dal rinnovo del CCNL del settore Commercio/Terziario per il periodo 2015-2019.

La società datrice di lavoro si era opposta alla richiesta, sostenendo di essere vincolata, in qualità di ente a partecipazione pubblica, alle normative sul contenimento della spesa e, di conseguenza, al blocco degli stipendi imposto al settore pubblico. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla lavoratrice, condannando la società al pagamento delle somme dovute. L’azienda ha quindi presentato ricorso in Cassazione per contestare la decisione.

L’Analisi della Corte e il blocco retributivo società partecipate

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le sentenze dei gradi precedenti. I giudici hanno ricostruito l’evoluzione normativa che disciplina il personale delle società a controllo pubblico, sottolineando un punto cruciale: questi rapporti di lavoro sono regolati dal codice civile e dalle leggi sul lavoro privato, non dalle norme sull’impiego pubblico.

La partecipazione pubblica, secondo la Corte, non altera la natura privatistica della società e del rapporto di lavoro dei suoi dipendenti. Sebbene la legge (in particolare il D.Lgs. 175/2016, noto come Testo Unico sulle società partecipate) imponga a queste aziende di perseguire obiettivi di contenimento dei costi, indica anche lo strumento specifico per farlo: la contrattazione di secondo livello.

La Contrattazione di Secondo Livello come Strumento Privilegiato

La normativa prevede che gli obiettivi di risparmio fissati dall’ente pubblico controllante debbano essere recepiti, ove possibile, attraverso accordi sindacali a livello aziendale. Questo significa che la società non può unilateralmente decidere di bloccare gli aumenti previsti dal CCNL, ma deve avviare un negoziato con le rappresentanze sindacali per trovare soluzioni condivise che consentano di ridurre i costi, ad esempio per evitare interventi più drastici sul personale. L’espressione “ove possibile” indica che l’accordo non è scontato, ma la via maestra da percorrere è quella del dialogo sindacale, non dell’imposizione unilaterale.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che le leggi sul blocco retributivo società partecipate, nate per il settore delle pubbliche amministrazioni, non possono essere estese in via analogica ai dipendenti di società di diritto privato, seppur a controllo pubblico. La disciplina per queste ultime è specifica e autonoma.

I giudici hanno chiarito che l’ordinamento ha scelto di affidare la gestione di alcuni servizi a strumenti societari privatistici proprio per garantire flessibilità e operatività diverse da quelle della pubblica amministrazione. Imporre rigidamente le regole del pubblico impiego snaturerebbe questa scelta.

Inoltre, la Corte ha specificato che il richiamo fatto dalla Corte d’Appello alla sentenza della Corte Costituzionale n. 178/2015 era errato, poiché quella pronuncia riguardava il blocco della contrattazione nel pubblico impiego, un contesto normativo e giuridico completamente diverso. Per i dipendenti delle società partecipate, il cui rapporto è regolato da un CCNL privato, valgono le regole di quel contratto fino a quando non vengano modificate da un accordo di secondo livello.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza per i lavoratori delle società a partecipazione pubblica:
1. Natura Privatistica del Rapporto: Il loro rapporto di lavoro è e rimane di diritto privato, regolato dal CCNL di settore.
2. No al Blocco Automatico: Le norme sul contenimento della spesa pubblica non comportano un automatico e unilaterale blocco degli aumenti retributivi previsti dai contratti collettivi.
3. Ruolo Centrale della Negoziazione: Le società che devono contenere i costi del personale sono tenute a percorrere la via della contrattazione di secondo livello, cercando un accordo con i sindacati.

In assenza di un accordo aziendale che deroghi al CCNL, la società è obbligata a corrispondere gli aumenti contrattuali previsti, garantendo così i diritti economici dei propri dipendenti.

Una società a partecipazione pubblica può rifiutarsi di applicare gli aumenti previsti dal CCNL invocando il blocco della spesa pubblica?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il rapporto di lavoro in queste società è di natura privatistica. La società non può unilateralmente disapplicare gli aumenti del CCNL, ma deve rispettare il contratto di lavoro.

Qual è lo strumento previsto dalla legge per contenere i costi del personale nelle società a controllo pubblico?
Lo strumento principale è la contrattazione collettiva di secondo livello (o aziendale). La legge prevede che gli obiettivi di contenimento dei costi, fissati dall’ente pubblico controllante, siano recepiti attraverso accordi sindacali specifici a livello aziendale.

La normativa sul blocco retributivo per la Pubblica Amministrazione si applica direttamente ai dipendenti delle società partecipate con contratto di diritto privato?
No. La Corte ha chiarito che la disciplina del blocco retributivo è specifica per il personale delle pubbliche amministrazioni (regolato dal D.Lgs. 165/2001) e non può essere estesa automaticamente ai dipendenti delle società partecipate, il cui rapporto è regolato dal codice civile e dai contratti collettivi privati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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