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Benefici vittime mafia: parentela non esclude diritti

Una donna, madre di una vittima innocente di mafia, si è vista negare i benefici economici previsti dalla legge a causa di legami di parentela con persone aventi precedenti penali. Il Tribunale di Napoli ha accolto il suo ricorso, stabilendo che la richiesta di ‘estraneità ad ambienti delinquenziali’ è soddisfatta se la persona dimostra di aver interrotto ogni rapporto con tali familiari, soprattutto da lungo tempo e per gravi motivi. La decisione annulla il provvedimento di diniego del Ministero e ne impone una nuova valutazione, valorizzando la dissociazione effettiva rispetto ai meri legami formali.

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Pubblicato il 21 gennaio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Benefici vittime mafia: la parentela con pregiudicati non è una colpa automatica

Ottenere i benefici per le vittime di mafia può trasformarsi in un percorso a ostacoli se nel proprio albero genealogico figurano persone con precedenti penali. Una recente sentenza del Tribunale di Napoli ha però chiarito un principio fondamentale: un legame di parentela, soprattutto se reciso da tempo, non può costituire un impedimento automatico al riconoscimento dei propri diritti. Il caso analizza la situazione di una madre, il cui figlio è stato vittima innocente di un agguato, che si è vista negare i sussidi a causa del passato del suo ex marito e dei familiari di quest’ultimo.

I fatti di causa

La vicenda ha origine dalla tragica morte di un giovane, ucciso in un attentato di stampo camorristico nel 2010. La madre, riconosciuta come familiare di una vittima innocente di mafia, presenta nel 2011 un’istanza al Ministero dell’Interno per ottenere i benefici economici previsti dalla legge. A sorpresa, dopo oltre dieci anni, nel 2022 il Ministero notifica un decreto di rigetto, negando alla donna l’accesso ai fondi.

I motivi del rigetto e i benefici vittime mafia

Il diniego del Ministero si basava su due argomenti principali:
1. La mancanza di totale estraneità ad ambienti delinquenziali: secondo l’Amministrazione, la presenza di numerosi familiari con precedenti penali (rapina, spaccio, evasione) creava un “contesto familiare” di “illegalità diffusa” che rendeva la richiedente non completamente estranea a tali ambienti, come richiesto dalla normativa.
2. Il rapporto di affinità con soggetti sottoposti a misure di prevenzione: la legge all’epoca vigente escludeva dai benefici chi fosse parente o affine entro il quarto grado di soggetti destinatari di misure di prevenzione. Nel caso specifico, i nipoti dell’ex marito della donna rientravano in questa categoria.

La difesa della ricorrente si è concentrata nel dimostrare di aver interrotto ogni rapporto con l’ex coniuge e la sua famiglia sin dal 1983, a seguito di una denuncia per gravissimi reati commessi dall’uomo ai danni della loro stessa figlia.

L’intervento decisivo della Corte Costituzionale

Durante il processo, un evento ha cambiato le carte in tavola. Con la sentenza n. 122/2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma che escludeva dai benefici i parenti e gli affini entro il quarto grado. Questa decisione ha reso di colpo inefficace il secondo e più stringente motivo di rigetto del Ministero, lasciando in piedi solo la prima argomentazione, più generica e interpretabile.

Le motivazioni della decisione

Il Tribunale di Napoli, una volta archiviato il motivo ostativo dichiarato incostituzionale, ha analizzato nel merito la presunta “vicinanza” della donna ad ambienti criminali. La conclusione è stata netta: il Ministero ha sbagliato.
Il giudice ha ritenuto ampiamente provata e del tutto verosimile l’interruzione totale dei rapporti tra la donna, il suo ex marito e la famiglia di lui a partire dal 1983. La gravità dei fatti che hanno portato a tale rottura (la denuncia per abusi sulla figlia) è stata considerata un elemento chiave per attestare la credibilità e la definitività di tale dissociazione. L’Amministrazione, d’altro canto, non aveva mai contestato specificamente questa circostanza, limitandosi a un’applicazione automatica della norma.
Inoltre, le altre segnalazioni a carico di altri familiari sono state giudicate inidonee a sostenere la tesi del Ministero. Si trattava di episodi molto datati (risalenti al 1979 e 1991) e di modesta entità, per i quali l’amministrazione non aveva nemmeno documentato un effettivo rapporto di frequentazione tra i condannati e la ricorrente.
Il Tribunale ha quindi stabilito che la donna, alla data dell’omicidio del figlio, si era già “ampiamente dissociata o comunque estraniata dagli ambienti e dai rapporti delinquenziali” legati al suo matrimonio, soddisfacendo così il requisito soggettivo richiesto dalla legge.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante vittoria per la giustizia sostanziale rispetto a quella formale. Il Tribunale ha accolto integralmente la domanda della ricorrente, accertando l’illegittimità del decreto di rigetto del Ministero. Ha dichiarato la sussistenza dei requisiti soggettivi in capo alla donna e ha obbligato l’Amministrazione a procedere a una nuova valutazione dell’istanza del 2011, tenendo conto dei principi affermati in giudizio. Questo significa che non si può essere penalizzati per colpe altrui, soprattutto quando si è dimostrato con i fatti di aver tagliato ogni ponte con un passato criminale non proprio.

Può la parentela con persone con precedenti penali impedire di ottenere i benefici per le vittime di mafia?
Non automaticamente. La sentenza chiarisce che il requisito di “estraneità ad ambienti delinquenziali” va valutato caso per caso. Se il richiedente dimostra di aver interrotto in modo totale e definitivo ogni rapporto con i familiari pregiudicati, specialmente da lungo tempo, il solo legame di parentela non è sufficiente per negare il beneficio.

Cosa deve dimostrare chi richiede i benefici se ha familiari con precedenti?
Deve dimostrare, con prove concrete e circostanze credibili, di essersi già “dissociato o comunque estraniato” dagli ambienti e dai rapporti delinquenziali legati a quei familiari. Nel caso specifico, la denuncia presentata contro l’ex marito decenni prima e la conseguente rottura totale dei rapporti sono state considerate prove sufficienti di tale estraneità.

Qual è stato l’impatto della sentenza della Corte Costituzionale n. 122/2024 in questo caso?
È stato decisivo. La sentenza ha dichiarato incostituzionale la norma che escludeva automaticamente dai benefici i parenti e affini entro il quarto grado di soggetti con misure di prevenzione. Questo ha eliminato uno dei due motivi principali su cui si basava il rigetto del Ministero, costringendo il giudice a valutare nel merito la reale condizione di estraneità della richiedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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