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Benefici vittime criminalità: stop all’esclusione

La Corte di Cassazione, recependo una sentenza della Corte Costituzionale, ha annullato la sospensione dei benefici vittime criminalità erogati alla madre di una persona deceduta. La decisione si fonda sull’incostituzionalità della norma che prevedeva un’esclusione automatica dal beneficio in presenza di parenti con procedimenti penali per mafia. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata non più su automatismi, ma su un accertamento concreto dell’estraneità del beneficiario ad ambienti delinquenziali.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Benefici Vittime Criminalità: la Parentela non è più un Ostacolo Automatico

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22053 del 2025, ha segnato una svolta fondamentale in materia di benefici vittime criminalità. Accogliendo un ricorso e cassando una decisione della Corte d’Appello, i giudici supremi hanno stabilito che i legami di parentela con persone coinvolte in procedimenti penali non possono più costituire un motivo di esclusione automatica da queste importanti elargizioni statali. La decisione si allinea a un precedente e decisivo intervento della Corte Costituzionale.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla sospensione, a partire dal marzo 2015, dei benefici economici concessi alla madre di un uomo ucciso dalla criminalità organizzata. Tali benefici erano stati riconosciuti con una sentenza definitiva. Tuttavia, il Ministero dell’Interno aveva disposto la sospensione a seguito di verifiche successive che avevano rivelato l’esistenza di procedimenti penali, anche per associazione di stampo mafioso, a carico di un altro figlio della donna. Secondo l’amministrazione, questa circostanza rappresentava una “condizione ostativa assoluta” al mantenimento delle prestazioni, in base alla normativa allora vigente.

La Decisione della Corte d’Appello e l’Importanza dei benefici vittime criminalità

La Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva confermato la decisione di primo grado, rigettando la domanda della beneficiaria. I giudici di merito avevano ritenuto applicabile l’articolo 2-quinquies del D.L. n. 151/2008, che prevedeva l’esclusione dai benefici per chi risultasse parente o affine entro il quarto grado di soggetti sottoposti a misure di prevenzione o a procedimenti penali per reati di mafia. Secondo la Corte territoriale, la presenza del figlio con precedenti penali integrava di per sé una causa di esclusione, indipendentemente da qualsiasi valutazione concreta sull’effettiva estraneità della madre agli ambienti delinquenziali.
Contro questa decisione, l’erede della donna ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di legge e sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente applicato una normativa che creava un automatismo ingiusto.

L’Impatto della Sentenza della Corte Costituzionale

Il punto di svolta del caso è rappresentato dall’intervento della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 122 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una parte fondamentale del citato articolo 2-quinquies. La Consulta ha stabilito che la presunzione assoluta di “indegnità” basata sul semplice legame di parentela («parente o affine entro il quarto grado») è irragionevole e sproporzionata. Tale automatismo, infatti, non tiene conto della possibile dissociazione del beneficiario dal contesto familiare criminale e finisce per punire persone meritevoli, violando il principio di ragionevolezza e il diritto di difesa. Questo intervento legislativo, definito ius superveniens, ha modificato radicalmente il quadro normativo di riferimento per i benefici vittime criminalità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proprio alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale. I giudici supremi hanno evidenziato come la decisione della Corte d’Appello si basasse su quell’automatismo normativo che è stato dichiarato incostituzionale. L’esclusione dal beneficio non può più derivare dalla mera esistenza di un rapporto di parentela con persone coinvolte in attività criminali.

La Cassazione ha chiarito che, sebbene permanga la necessità di un giudizio sulla “meritevolezza” del beneficiario e sulla sua effettiva estraneità alle logiche criminali, tale valutazione deve essere condotta in concreto, caso per caso. Non è più possibile applicare una presunzione assoluta che escluda a priori il diritto. Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata cassata e il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per un nuovo esame.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante affermazione di principio: la valutazione per la concessione dei benefici vittime criminalità deve basarsi sulla condotta e sulla posizione personale del richiedente, non su una “colpa di famiglia”. Viene meno un automatismo che rischiava di penalizzare ingiustamente persone che, pur avendo legami familiari con contesti criminali, ne sono completamente estranee o se ne sono dissociate. La nuova valutazione dovrà accertare nel merito la sussistenza delle condizioni per il mantenimento del beneficio, senza più poter fare leva sulla presunzione assoluta cancellata dalla Corte Costituzionale.

Avere un parente con procedimenti penali esclude automaticamente dai benefici per le vittime di criminalità?
No. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 122 del 2024, recepita dalla Cassazione, l’esclusione non è più automatica. Il semplice legame di parentela o affinità entro il quarto grado con soggetti coinvolti in procedimenti penali per mafia non costituisce più, di per sé, una causa ostativa assoluta.

Cosa ha stabilito la Corte Costituzionale riguardo ai legami di parentela?
La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la parte della norma (art. 2-quinquies, comma 1, lettera a, del D.L. n. 151/2008) che introduceva una presunzione assoluta di indegnità basata sulla parentela. Ha ritenuto tale presunzione irragionevole e sproporzionata, poiché non permetteva di dimostrare l’effettiva estraneità del beneficiario ai contesti criminali.

Dopo questa sentenza, come verrà valutato il diritto a mantenere i benefici?
Il diritto al mantenimento dei benefici dovrà essere valutato attraverso un accertamento concreto e specifico caso per caso. Il giudice dovrà verificare l’effettiva estraneità del beneficiario ad ambienti e rapporti delinquenziali, senza poter applicare alcun automatismo basato esclusivamente sui legami familiari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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