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Base imponibile contributiva: esclusi utili da S.r.l.

La Cassazione ha stabilito che la base imponibile contributiva per i lavoratori autonomi non include gli utili derivanti dalla mera partecipazione in una S.r.l. dove non si svolge attività lavorativa. Tali redditi, qualificati come redditi di capitale e non d’impresa, sono esclusi dal calcolo dei contributi INPS, confermando la distinzione tra reddito da lavoro e reddito da mero investimento.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Base imponibile contributiva: la Cassazione esclude gli utili da S.r.l. senza attività lavorativa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per molti lavoratori autonomi e imprenditori: quali redditi concorrono a formare la base imponibile contributiva? Nello specifico, la Corte ha chiarito se gli utili derivanti dalla mera partecipazione in una società a responsabilità limitata (S.r.l.), senza alcuna prestazione lavorativa, debbano essere inclusi nel calcolo dei contributi previdenziali. La risposta è stata un netto no, stabilendo un importante principio di distinzione tra reddito da lavoro e reddito da capitale.

I Fatti di Causa

Il caso vedeva contrapposti l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e due fratelli, soci di una società in nome collettivo e iscritti alla Gestione Artigiani. Oltre alla loro attività lavorativa nella società di persone, i due erano anche soci di una S.r.l., dalla quale percepivano utili senza però svolgere alcuna attività lavorativa al suo interno. L’INPS sosteneva che anche questi utili dovessero rientrare nella base imponibile per il calcolo dei contributi, in quanto parte della totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini fiscali. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione ai due artigiani, escludendo tali utili dal computo. L’INPS ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica e la Base Imponibile Contributiva

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’art. 3-bis del D.L. n. 384/1992. Secondo l’INPS, questa norma imponeva di considerare la “totalità dei redditi d’impresa” ai fini del calcolo dei contributi, a prescindere dalla loro origine specifica. Di conseguenza, anche gli utili da una partecipazione puramente finanziaria in una S.r.l. dovevano essere assoggettati a contribuzione.

La difesa dei contribuenti, invece, si basava su un principio fondamentale: l’obbligo contributivo è strettamente legato all’esercizio di un’attività lavorativa. I redditi derivanti da un mero investimento di capitale, senza apporto di lavoro, non dovrebbero generare un obbligo previdenziale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’INPS, confermando le sentenze dei gradi precedenti e consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro. I giudici hanno sottolineato il principio di armonizzazione e parallelismo tra la disciplina fiscale e quella previdenziale. Per definire la base imponibile contributiva, è necessario fare riferimento alle norme fiscali, in particolare al Testo Unico delle Imposte sui Redditi (d.P.R. n. 917/1986).

Secondo il Testo Unico, gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, in assenza di una prestazione lavorativa, non sono classificati come “redditi d’impresa”, bensì come “redditi di capitale”. Questa distinzione è decisiva. La Cassazione ha affermato che solo i redditi derivanti da un’attività imprenditoriale, cioè quelli che presuppongono un’attività lavorativa, possono costituire la base per il calcolo dei contributi.

L’obbligo assicurativo, infatti, sorge per tutelare il lavoratore dai bisogni futuri (come la pensione), in conformità con l’art. 38 della Costituzione. Tale tutela è riservata a chi lavora, non a chi si limita a investire il proprio capitale a scopo di utile. Includere i redditi da capitale significherebbe snaturare la funzione stessa del sistema previdenziale, che è fondato sul lavoro.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Viene stabilito con chiarezza che un lavoratore autonomo, iscritto a una gestione previdenziale, deve versare i contributi sulla totalità dei redditi che derivano dalla sua attività lavorativa (definiti come redditi d’impresa), ma non sui redditi che provengono da investimenti passivi in società di capitali. Questa pronuncia offre certezza giuridica agli imprenditori e ai soci di capitale, tracciando un confine netto tra il reddito prodotto dal lavoro e quello generato dal capitale. Si tratta di una tutela fondamentale che impedisce un’estensione impropria dell’obbligo contributivo a forme di guadagno che non sono direttamente collegate alla prestazione lavorativa.

Gli utili derivanti dalla partecipazione in una S.r.l. rientrano sempre nella base imponibile per i contributi INPS?
No. Secondo la Cassazione, rientrano solo se il socio svolge anche un’attività lavorativa abituale e prevalente all’interno della società. Se la partecipazione è un mero investimento di capitale, gli utili sono considerati “redditi di capitale” e sono esclusi dal calcolo dei contributi.

Qual è il principio chiave utilizzato dalla Corte per giungere a questa conclusione?
Il principio fondamentale è quello dell’armonizzazione tra la disciplina fiscale e quella previdenziale. La Corte stabilisce che la qualificazione del reddito ai fini fiscali (reddito di capitale vs. reddito d’impresa) è determinante per stabilire se esso debba essere incluso o meno nella base imponibile contributiva.

Questa distinzione si applica anche ai soci di società di persone (es. S.n.c.)?
No, la situazione è diversa. Nelle società di persone, l’elemento personale e il legame tra i soci sono considerati intrinsecamente legati all’attività produttiva. La giurisprudenza, anche costituzionale, ha riconosciuto che in questi casi il reddito percepito ha natura di reddito d’impresa e deve essere assoggettato a contribuzione, a differenza di quanto accade per i meri soci di capitale in una S.r.l.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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