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Base imponibile contributiva: esclusi i redditi srl

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7272/2025, ha stabilito un principio fondamentale per i lavoratori autonomi. La base imponibile contributiva non comprende gli utili derivanti dalla mera partecipazione a una società di capitali (srl) in cui non si svolge attività lavorativa. Questi redditi, qualificati come ‘redditi di capitale’ e non ‘redditi di impresa’, sono quindi esclusi dal calcolo dei contributi previdenziali dovuti alla gestione commercianti. La decisione conferma l’orientamento consolidato, distinguendo nettamente la posizione del socio lavoratore da quella del socio mero investitore.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Base Imponibile Contributiva: la Cassazione Esclude gli Utili da SRL Senza Lavoro

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni previdenziali: la base imponibile contributiva su cui calcolare i versamenti non include i redditi derivanti dalla semplice partecipazione a una società di capitali. Questa pronuncia chiarisce definitivamente che solo i redditi d’impresa, e non quelli di capitale, rilevano ai fini previdenziali, a meno che il socio non presti anche attività lavorativa nella società.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’opposizione di una lavoratrice autonoma, iscritta alla gestione commercianti, contro un avviso di addebito emesso dall’ente previdenziale. L’ente aveva calcolato i contributi dovuti per gli anni dal 2009 al 2012 includendo nella base imponibile non solo il reddito derivante dalla sua attività principale, ma anche gli utili percepiti dalla sua partecipazione in una società a responsabilità limitata (srl), nella quale la contribuente era socia di mero capitale, senza svolgere alcuna attività lavorativa.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla lavoratrice, sostenendo che gli utili da partecipazione in una società di capitali costituiscono redditi di capitale e non redditi d’impresa, e come tali non devono essere inclusi nel calcolo dei contributi. L’ente previdenziale, non condividendo questa interpretazione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Questione della Base Imponibile Contributiva

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 3-bis della legge n. 438/1992. Questa norma stabilisce che, a partire dal 1993, i contributi per i lavoratori autonomi sono rapportati alla ‘totalità dei redditi d’impresa’ dichiarati ai fini IRPEF. L’ente previdenziale sosteneva un’interpretazione estensiva, volta a includere ogni forma di reddito che potesse essere collegata a un’attività d’impresa, anche se percepita come socio di capitale.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa visione, richiamando la necessità di fare riferimento alla disciplina fiscale per definire cosa si intenda per ‘reddito d’impresa’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su una chiara distinzione, operata dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. n. 917/1986):

1. Redditi d’Impresa (art. 55): Sono quelli che derivano dall’esercizio effettivo di attività imprenditoriali.
2. Redditi di Capitale (art. 44): Includono gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società soggette a IRES (come le srl), quando tale partecipazione non è connessa a una prestazione lavorativa.

Poiché la normativa previdenziale fa esplicito riferimento alla ‘totalità dei redditi d’impresa’, e dato che gli utili da partecipazione passiva in una srl sono fiscalmente qualificati come redditi di capitale, questi ultimi non possono concorrere a formare la base imponibile contributiva. La Corte ha sottolineato che la norma ha ampliato la base di calcolo a tutti i redditi d’impresa del contribuente, ma non l’ha estesa ad altre categorie di reddito, come quelli di capitale.

La Cassazione ha inoltre richiamato la sentenza n. 354/2001 della Corte Costituzionale, che aveva già evidenziato la differenza fondamentale tra i soci di società di persone (dove il reddito della società è imputato direttamente ai soci come reddito da partecipazione) e i soci di società di capitali (dove la società è un soggetto fiscale autonomo e il socio percepisce utili qualificati come redditi di capitale).

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale ormai stabile e offre una certezza fondamentale per i lavoratori autonomi. In sintesi, il principio affermato è il seguente: un lavoratore autonomo, iscritto a una gestione previdenziale, che sia anche socio di una società di capitali senza prestarvi attività lavorativa, deve versare i contributi solo sui redditi derivanti dalla propria attività lavorativa autonoma (redditi d’impresa).

Gli utili percepiti dalla società di capitali, essendo redditi di capitale, sono esclusi dalla base imponibile contributiva. Questa esclusione vale finché la partecipazione rimane un mero investimento finanziario e non si trasforma in una fonte di reddito derivante da un’attività lavorativa svolta all’interno della stessa società. Questa pronuncia protegge i contribuenti da un’interpretazione estensiva della normativa che avrebbe comportato un ingiustificato aumento dell’onere contributivo.

I contributi previdenziali per un commerciante si calcolano anche sugli utili derivanti da una partecipazione in una srl?
No, se il commerciante è un socio di mero capitale e non svolge alcuna attività lavorativa all’interno della srl. L’ordinanza chiarisce che tali utili sono ‘redditi di capitale’ e non ‘redditi d’impresa’, pertanto sono esclusi dalla base imponibile per il calcolo dei contributi.

Qual è la differenza tra redditi d’impresa e redditi di capitale ai fini contributivi?
I redditi d’impresa derivano dall’esercizio di un’attività commerciale e costituiscono la base per il calcolo dei contributi previdenziali del lavoratore autonomo. I redditi di capitale, come gli utili da partecipazione in una società di capitali senza prestazione lavorativa, derivano dal mero investimento e, secondo la Corte, non rientrano in tale base di calcolo.

Perché la disciplina è diversa per i soci di società di persone rispetto a quelli di società di capitali?
Nelle società di persone, il reddito prodotto dalla società è fiscalmente imputato direttamente ai soci in proporzione alla loro quota, ed è considerato reddito da partecipazione assimilabile a quello d’impresa. Nelle società di capitali (come le srl), la società è un soggetto fiscale distinto; il socio percepisce eventuali utili sotto forma di dividendi, che sono qualificati come redditi di capitale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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