Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22258 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22258 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.10967/2022
Ud 01/07/2025 CC
ORDINANZA
sul ricorso 10967-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CASSANO ALLO COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1133/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 23/11/2021 R.G.N. 113/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa :
NOME COGNOME, geometra dipendente del Comune di Cassano allo Ionio, conveniva in giudizio l’Ente territoriale datore di lavoro innanzi al Tribunale di Castrovillari, in funzione di giudice del lavoro, assumeva di aver prestato lavoro straordinario a seguito degli eventi alluvionali del 2009 e del 2010 nelle frazioni di Sibari e di Doria, di avere ottenuto un pagamento solo parziale del dovuto e chiedeva accertarsi il proprio diritto alla corresponsione degli importi richiesti e la condanna del Comune al pagamento della somma di euro 4.435,62 oltre accessori. Il Comune di Cassano allo Ionio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso. Il Tribunale di Castrovillari, in funzione di giudice del lavoro, accoglieva parzialmente la domanda e condannava l’ente territoriale a corrispondere la somma di euro 2.507,62 oltre accessori.
Il Comune di Cassano allo Ionio proponeva appello avverso la sentenza. NOME COGNOME non si costituiva in giudizio. Con la sentenza n. 1133/2021 depositata il 23/11/2021 la Corte di Appello di Catanzaro, sezione lavoro, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’originaria domanda di NOME COGNOME.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi. Il Comune di Cassano allo Ionio si è costituito con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis . 1 c.p.c.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 1° luglio 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 38 CCNL 14/09/2020 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce «violazione e contraddittoria motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia».
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè criticano entrambi, sotto i dedotti profili, la sentenza impugnata che avrebbe errato nel ritenere l’insussistenza della necessaria autorizzazione al lavoro straordinario.
In proposito va premesso che l’art. 38 del CCNL per il comparto delle regioni e delle autonomie locali recita al comma 1 e al comma 2: «Le prestazioni di lavoro straordinario sono rivolte a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e pertanto non possono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro. Ai relativi oneri si fa fronte in ogni caso con le risorse previste dall’art. 14 del CCNL dell’1.4.1999. La prestazione di lavoro straordinario è espressamente autorizzata dal dirigente, sulla base delle esigenze organizzative e di servizio individuate dall’ente, rimanendo esclusa ogni forma generalizzata di autorizzazione».
4.1. La disciplina del CCNL condiziona, dunque, espressamente la possibilità di retribuire il lavoro straordinario ad una preventiva autorizzazione del dirigente e al rispetto da parte di essa delle regole che garantiscono formalmente e sostanzialmente la copertura finanziaria degli impegni di spesa. 4.2. La Corte di Appello, nella sentenza impugnata, ha rilevato che nella vicenda all’origine della controversia era mancata una autorizzazione preventiva allo svolgimento del lavoro straordinario e che la determina n. 976 del 20/10/2011 del
Dirigente non poteva valere quale ratifica e autorizzazione successiva per difetto di essenziali requisiti formali e sostanziali, mancando la necessaria specificità ed essendo errata l’indicazione del capitolo di spesa al quale imputare il pagamento.
4.3. Il ricorrente deduce che la sentenza impugnata avrebbe trascurato l’esistenza di una autorizzazione preventiva allo svolgimento dello straordinario, ma tale allegazione rimane del tutto generica e il ricorso non indica quale sarebbe l’atto autorizzativo idoneo a giustificare in via preventiva la prestazione di lavoro straordinario.
4.4. Quanto alla determina n. 976 del 20/10/2011 del Dirigente, la sentenza impugnata, che ha escluso il rilievo dell’atto ai fini di una possibile autorizzazione, deve andare esente da censure nella misura in cui si è attenuta al costante orientamento di questa Corte secondo il quale: in tema di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto presuppone, di necessità, la previa autorizzazione dell’amministrazione, poiché essa implica la valutazione della sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che impongono il ricorso a tali prestazioni e comporta, altresì, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio. (Cass. 31/01/2017, n. 2509).
4.5. Nella determina in questione, adottata dopo lo svolgimento delle allegate prestazioni e non prima, difettavano, poi, come accertato dalla Corte di Appello, con valutazione in fatto, i necessari requisiti formali e sostanziali.
4.6. La Corte territoriale ha accertato che la delibera n. 976 del 20/11/2011 era priva di un riferimento temporale certo affermandosi in essa che il ricorrente aveva svolto 130 ore di lavoro straordinario fino al settembre 2011 senza che fosse
individuata la data iniziale delle prestazioni. Tale osservazione vale ad escludere un collegamento certo con gli eventi alluvionali e con ragioni di interesse pubblico tali da imporre lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario.
4.7. I motivi sono, dunque, inammissibili perché, a fronte, della corretta applicazione da parte della Corte territoriale dei principi di diritto di rilievo nella fattispecie, si limitano a contestare l’apprezzamento in fatto condotto dalla sentenza impugn ata opponendo una ricostruzione in fatto incompatibile e irriferibile a questa Corte.
4.8. Quanto al dedotto vizio di motivazione, nel ricorso si riportano, solo per stralcio, taluni passaggi della determina in questione e anche dall’esame di essi non emerge né l’eccezionalità della urgenza cui far fronte né il rispetto degli oneri formali e sostanziali quanto alla copertura finanziaria dell’impegno di spesa sicché non si evidenza, per questa via, alcun profilo di illogicità o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.
4.9. I motivi primo e secondo del ricorso sono, allora, inammissibili anche nella parte in cui deducono contraddittoria motivazione, senza specificare o dedurre, tuttavia, una violazione dei canoni ermeneutici ascrivibile alla sentenza impugnata.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce «erronea o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia -onere della prova» e in sostanza si critica la sentenza impugnata per avere ritenuto carente la prova offerta dal ricorrente, nel giudizio di primo grado, circa le ore di servizio prestato.
5.1. Il motivo è inammissibile. Questo aspetto della motivazione della sentenza della Corte di Appello non è decisivo ai fini del
rigetto della pretesa che, come rilevato, segue alla insussistenza della autorizzazione al lavoro straordinario e si rivolge, quindi ad un obiter dictum , ad una osservazione ulteriore e non decisiva della Corte di Appello. La questione della prova delle prestazioni rese quale lavoro straordinario non assumeva rilievo decisivo nella controversia, avendo la Corte di Appello rilevato il difetto di autorizzazione della prestazione.
5.2. Occorre, peraltro, rilevare come la valutazione della prova rappresenti indiscutibile accertamento in fatto riservato al giudice di merito e irriferibile a questa Corte.
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento), oltre ad euro 200,00 per esborsi, al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% e accessori come per legge; , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione