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Automaticità prestazioni: no per i collaboratori co.co.co

La Corte di Cassazione ha stabilito che il principio di automaticità delle prestazioni previdenziali non si applica ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione Separata. A differenza dei lavoratori dipendenti, i collaboratori sono personalmente obbligati al versamento dei contributi, anche per la quota a carico del committente. Se il committente non paga, il lavoratore non può beneficiare automaticamente delle prestazioni ma deve agire direttamente contro il committente per il risarcimento del danno.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Automaticità Prestazioni: la Cassazione esclude i Collaboratori

Il tema dei contributi previdenziali è cruciale per la sicurezza futura di ogni lavoratore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale che riguarda i collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co) iscritti alla Gestione Separata, negando loro l’applicazione del principio di automaticità prestazioni. Questo principio, sancito dall’art. 2116 del codice civile, tutela generalmente i lavoratori dipendenti, garantendo loro l’accesso alle prestazioni anche in caso di inadempienza contributiva del datore di lavoro. Vediamo perché la Suprema Corte ha deciso diversamente per i collaboratori.

I Fatti del Caso

Un collaboratore a progetto, a seguito del mancato versamento dei contributi previdenziali da parte del suo committente, si era rivolto al tribunale per ottenere la regolarizzazione della sua posizione contributiva. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli avevano dato ragione, applicando estensivamente il principio di automaticità delle prestazioni. Secondo i giudici di merito, l’obbligo di versamento, pur essendo formalmente ripartito, gravava di fatto sul committente, e la sua omissione non poteva danneggiare il diritto del lavoratore alle prestazioni. L’istituto previdenziale, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Automaticità Prestazioni e Gestione Separata

Il nodo centrale della controversia era stabilire se il principio di automaticità prestazioni potesse essere applicato anche ai collaboratori iscritti alla Gestione Separata. La legge (L. 335/1995) prevede che per questi lavoratori l’onere contributivo sia ripartito: un terzo a carico del collaboratore e due terzi a carico del committente. Tuttavia, è il committente che materialmente effettua il versamento dell’intera somma all’ente previdenziale. Le corti di merito avevano interpretato questo meccanismo come sufficiente a giustificare l’applicazione della tutela prevista per i lavoratori dipendenti. L’ente previdenziale, invece, sosteneva che la natura del rapporto e l’obbligazione contributiva fossero differenti, escludendo così tale automatismo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ente previdenziale, ribaltando le decisioni precedenti. I giudici hanno chiarito che il principio di automaticità prestazioni non si applica ai collaboratori iscritti alla Gestione Separata. La motivazione si fonda su una distinzione chiave rispetto al lavoro subordinato: i collaboratori sono e restano soggetti passivi dell’obbligazione contributiva. In altre parole, sono essi stessi obbligati per legge a contribuire, e l’obbligo del committente di versare la totalità dei contributi è solo una “delegazione legale di pagamento”.

Questa delegazione, secondo la Corte, è una modalità di riscossione volta a semplificare la procedura, ma non modifica la titolarità dell’obbligo, che rimane in capo a entrambi i soggetti. Di conseguenza, l’inadempimento del committente non fa scattare la tutela automatica per il collaboratore. Quest’ultimo, infatti, non è privo di tutele, ma deve attivarle diversamente:

1. Azione di risarcimento: Il collaboratore può agire direttamente contro il committente inadempiente per ottenere il risarcimento del danno subito, come previsto dal secondo comma dell’art. 2116 c.c.
2. Accollo del debito: Può dichiarare all’ente previdenziale di volersi fare carico dell’intero debito contributivo, per poi rivalersi sul committente.
3. Costituzione di rendita vitalizia: Può avvalersi dell’azione prevista dall’art. 13 della Legge n. 1338/1962.

La Corte ha inoltre ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, confermando la coerenza del sistema.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. I collaboratori iscritti alla Gestione Separata non possono fare affidamento sull’automaticità prestazioni in caso di omesso versamento contributivo da parte del committente. Devono essere proattivi nel monitorare la propria posizione previdenziale e, in caso di inadempienza, utilizzare gli strumenti legali a loro disposizione per agire direttamente contro il committente. La decisione sottolinea la differente natura giuridica del rapporto di collaborazione rispetto al lavoro dipendente, con conseguenze dirette sulle tutele previdenziali.

Il principio di automaticità delle prestazioni si applica ai collaboratori iscritti alla Gestione Separata?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale principio non si applica a questa categoria di lavoratori, in quanto essi sono personalmente obbligati al versamento dei contributi.

Perché il collaboratore è considerato responsabile per i contributi non versati dal committente?
Perché, ai sensi della Legge 335/1995, il collaboratore è un soggetto passivo dell’obbligazione contributiva. Il fatto che il committente sia incaricato del versamento materiale è considerato una mera delegazione di pagamento che non sposta la titolarità dell’obbligo dal collaboratore.

Quali tutele ha il collaboratore se il committente non versa i contributi?
Il collaboratore può agire in giudizio contro il committente per il risarcimento del danno (ex art. 2116, comma 2, c.c.), oppure può dichiarare all’INPS di assumere in proprio il debito per poi rivalersi, o esercitare l’azione per la costituzione di una rendita vitalizia (ex art. 13 L. 1338/1962).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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