Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30474 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30474 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6680-2018 proposto da
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
MILITANO NOME
-intimata – per la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 516 del 2017 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO DI GENOVA, depositata il 21 dicembre 2017 (R.G.N. 309/2017).
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa, svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
R.G.N. 6680/2018
COGNOME.
Rep.
C.C. 29/05/2024
giurisdizione Indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi.
1. -La signora NOME COGNOME ha chiesto al Tribunale di La Spezia di condannare l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a erogarle il trattamento di disoccupazione previsto dall’art. 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, per i collaboratori coordinati e continuativi e, a sostegno RAGIONE_SOCIALEa domanda, ha dedotto l’applicabilità del principio di automati cità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni previdenziali (art. 2116 cod. civ.) anche all’àmbito del lavoro parasubordinato.
Il Tribunale di La Spezia ha accolto la domanda.
2. -Con sentenza n. 516 del 2017, depositata il 21 dicembre 2017, la Corte d’appello di Genova ha respinto il gravame RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e ha riconosciuto il diritto RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice di percepire l’indennità d i disoccupazione.
A fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione, la Corte territoriale ha osservato che il principio di automaticità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni previdenziali si applica anche ai collaboratori coordinati e continuativi. È dunque ininfluente che il committente non abbia corrisposto la contribuzione dovuta, ai fini RAGIONE_SOCIALE‘erogazione RAGIONE_SOCIALEa prestazione richiesta.
A favore di tale conclusione milita il fatto che l’onere del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali gravi essenzialmente sul committente, anche per la parte che compete al lavoratore autonomo.
Nel sistema, peraltro, si ravvisa una significativa tendenza all’assimilazione RAGIONE_SOCIALEe collaborazioni coordinate e continuative ai rapporti di lavoro subordinato.
Quanto al principio sancito dall’art. 2116 cod. civ., ha carattere generale, in difetto di deroghe espresse.
3. -L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, contro la sentenza d’appello.
4. -La signora NOME COGNOME non ha svolto in questa sede attività difensiva.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito RAGIONE_SOCIALEa camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
-Con l’unico motivo di ricorso (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) , l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, commi da 26 a 32, RAGIONE_SOCIALEa legge 8 agosto 1995, n. 335, RAGIONE_SOCIALE‘art. 59, comma 16, RAGIONE_SOCIALEa legge 27 dicembre 1997, n. 449, del decreto del Ministro del lavoro e RAGIONE_SOCIALEe politiche sociali 4 aprile 2002, RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, co mma 788, RAGIONE_SOCIALEa legge 27 dicembre 2006, n. 296, del decreto del Ministro del lavoro e RAGIONE_SOCIALEa previdenza sociale 12 luglio 2007 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, in relazione all’art. 2116 cod. civ.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel ritenere applicabile anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa il principio di automaticità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni previdenziali, sancito dall’art. 2116 cod. civ., e nel violare la regola che impone di commisurare l’indennità di disoccupazione per l’anno 2015 alla contribuzione effettivamente versata.
-Il ricorso è fondato.
-Come emerge dalla sentenza impugnata (pagina 2), si controverte sull’indennità di disoccupazione disciplinata dall’art. 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, e riconosciuta «ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione» (comma 1).
Tale indennità, denominata RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, è corrisposta «n attesa degli interventi di semplificazione, modifica o superamento RAGIONE_SOCIALEe forme contrattuali previsti all ‘ articolo 1, comma 7, lettera a ), RAGIONE_SOCIALEa legge n. 183 del 2014, in via sperimentale per il 2015, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015» (il già richiamato comma 1).
Della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE possono beneficiare i soggetti «che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: a) siano, al momento RAGIONE_SOCIALEa domanda di prestazione, in stato di disoccupazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE ‘ articolo 1, comma 2, lettera c ), del decreto legislativo n. 181 del 2000, e successive modificazioni; b) possano far valere almeno un mese di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio RAGIONE_SOCIALE ‘ anno solare precedente l ‘ evento di cessazione dal lavoro al predetto evento; c) possano far valere, nell ‘ anno solare in cui si verifica l ‘ evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di cui al comma 1 di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà RAGIONE_SOCIALE ‘ importo che dà diritto all ‘ accredito di un mese di contribuzione» (comma 2).
La prestazione in esame «è rapportata al reddito imponibile ai fini previdenziali risultante dai versamenti contributivi effettuati, derivante da rapporti di collaborazione di cui al comma 1, relativo all ‘ anno in cui si è verificato l ‘ evento di cessazione dal lavoro e all ‘ anno solare precedente, diviso per il numero di mesi di contribuzione, o frazione di essi» (comma 3).
4. -Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, «il principio generale RAGIONE_SOCIALE ‘ automatismo RAGIONE_SOCIALEe prestazioni previdenziali, in forza del quale queste ultime spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati, mentre costituisce regola generale di tutte le forme di previdenza ed assistenza obbligatorie per i lavoratori dipendenti a prescindere da qualsiasi richiamo esplicito RAGIONE_SOCIALEa relativa disciplina, essendo semmai necessaria, giusta
l’ insegnamento di Corte cost. n. 374 del 1997, una disposizione esplicita per derogarvi, non trova invece applicazione, in difetto di specifiche disposizioni di legge o di una legittima fonte secondaria in senso contrario, nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale, in cui invece il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce di regola la stessa costituzione del rapporto previdenziale e comunque la maturazione del diritto alle prestazioni» (Cass., sez. lav., 30 aprile 2021, n. 11430, in motivazione).
Né tale esclusione presta il fianco a censure d’irragionevolezza, «dal momento che nel rapporto tra lavoratore autonomo ed ente previdenziale l’obbligazione contributiva grava sullo stesso lavoratore al quale compete il diritto alle prestazioni, il quale, coerentemente, non può che subire le conseguenze pregiudizievoli del proprio inadempimento» (sentenza n. 11430 del 2021, cit., in motivazione, con il richiamo alle pertinenti pronunce di questa Corte).
Il principio di automaticità non può essere esteso a beneficio dei collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sol perché l ‘ art. 1 del decreto del Ministro del lavoro e RAGIONE_SOCIALEa previdenza sociale 2 maggio 1996, n. 281, pone anche a carico dei committenti, nella misura dei due terzi, l ‘ obbligo di versamento dei contributi.
Invero, la fonte regolamentare configura soltanto una forma di delegazione legale di pagamento, che si prefigge di semplificare la riscossione, senza modificare, tuttavia, i soggetti passivi RAGIONE_SOCIALE ‘ obbligazione contributiva. L ‘assetto così delineato per il titolare di collaborazioni coordinate e continuative «non può certo comportare, rispetto al rapporto contributivo, alcuna equiparazione RAGIONE_SOCIALEa sua situazione a quella del lavoratore subordinato» (sentenza n. 11430 del 2021, cit., in motivazione) , cui s’indirizza la protezione apprestata dall’art. 2116 cod. civ.
Al collaboratore coordinato e continuativo è concessa la facoltà, entro un congruo termine, individuato in quello di prescrizione dei
contributi, «di dichiarare all ‘ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di rinunciare all ‘ effetto privativo RAGIONE_SOCIALE ‘ accollo ex lege disposto in suo favore dall ‘ art. 2, comma 30, legge n. 335/1995, e di assumere in proprio il debito relativo alla parte del contributo accollata al suo committente, salvo ovviamente rivalersi nei confronti di costui per i danni» (sentenza n. 11430 del 2021, cit., in motivazione).
Il collaboratore coordinato e continuativo può, in alternativa, rivendicare il risarcimento dei danni (art. 2116, secondo comma, cod. civ.) o esperire l’azione di cui all’art. 13 RAGIONE_SOCIALEa legge 12 agosto 1962, n. 1338, «trattandosi di disposizione che -come più volte riconosciuto da questa Corte di legittimità, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE ‘ indicazione di Corte cost. n. 18 del 1995 -possiede quei connotati di generalità e astrattezza tali da consentirne l ‘ applicazione a tutte le categorie di lavoratori non abilitati al versamento diretto dei contributi, ma sottoposti a tal fine alle determinazioni di altri soggetti (sentenza n. 11430 del 2021, cit., in motivazione).
La posizione del collaboratore autonomo e continuativo non resta, dunque, sguarnita di tutela.
Tali principi sono stati ribaditi a più riprese da questa Corte (da ultimo, Cass., sez. lav., 15 dicembre 2023, n. 35162; nello stesso senso, già Cass., sez. lav., 12 agosto 2022, n. 24753, e 17 marzo 2022, n. 8789), che, nella complessiva ricognizione del dato normativo, ha vagliato tutti gli argomenti prospettati da i giudici d’appello , escludendone la portata dirimente ai fini RAGIONE_SOCIALEa soluzione estensiva addotta a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata.
5. -L’art. 15 del d.lgs. n. 22 del 2015, nell’introdurre una disciplina sperimentale e destinata a protrarsi per un circoscritto arco temporale, non soltanto non apporta una deroga esplicita ai principi richiamati, ma ne racchiude una indiretta ed eloquente conferma, nel disporre che l ‘indennità DIS-RAGIONE_SOCIALE sia rapportata al reddito imponibile ai fini
previdenziali risultante dai versamenti contributivi effettuati (comma 3).
La dizione letterale è nitida nel conferire rilievo ai contributi effettivamente accreditati (in tal senso, pagine 28 e 29 del ricorso per cassazione).
Anche il comma 6, nel prevedere che l’indennità sia corrisposta mensilmente per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal primo gennaio RAGIONE_SOCIALE ‘ anno solare precedente l ‘ evento di cessazione del lavoro al predetto evento, discorre di contribuzione accreditata e non offre un solido ubi consistam all’applicabilità del principio di cui all’art. 2116 cod. civ. , che prescinde dal regolare versamento dei contributi.
Non è senza significato, inoltre, che il legislatore, allorché ha inteso ampliare l’operatività del principio di automat icità , l’ abbia stabilito ex professo (cfr., su tale profilo, pagina 31 del ricorso per cassazione) e con una particolare modulazione temporale, che denota il carattere innovativo e speciale RAGIONE_SOCIALEa disciplina così introdotta.
L’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, ha inserito nel decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, l’art. 64 -ter , intitolato ‘Automaticità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni’ e riguardante proprio i lavoratori e le lavoratrici iscritti alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 2, comma 26, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 335 del 1995, e non iscritti ad altre forme obbligatorie.
Il legislatore ha riconosciuto, a decorrere dal 25 giugno 2015, l’indennità di maternità «anche in caso di mancato versamento alla gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente».
La scelta adottata dal legislatore presenta un’innegabile valenza ermeneutica ( Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit ) anche per la disciplina applicabile alla fattispecie controversa.
Il d.lgs. n. 80 del 2015, al pari del d.lgs. n. 22 del 2015, rilevante nell’odierno giudizio, s’inquadra nell’attuazione RAGIONE_SOCIALEe deleghe conferite
dalla legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e RAGIONE_SOCIALEe politiche attive, nonché in materia di riordino RAGIONE_SOCIALEa disciplina dei rapporti di lavoro e RAGIONE_SOCIALE ‘ attività ispettiva e di tutela e conciliazione RAGIONE_SOCIALEe esigenze di cura, di vita e di lavoro).
È indicativo che il legislatore, nell’attuare la medesima delega, non abbia esteso all’indennità DIS –RAGIONE_SOCIALE quel principio di automaticità che, per la medesima fattispecie RAGIONE_SOCIALEe collaborazioni continuate e continuative, ha applicato ad altri effetti (l’inden nità di maternità). D’altro canto, una scelta d’impatto sistematico così ragguardevole non potrebbe che essere inequivocabile.
-Nell’accogliere la domanda RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE‘applicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 2116 cod. civ. anche alle collaborazioni coordinate e continuative, la Corte territoriale si è discostata dai principi richiamati.
-La sentenza d’appello, pertanto, dev’essere cassata , in applicazione del seguente principio di diritto: «Ai fini del riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-RAGIONE_SOCIALE (art. 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22), non si applica ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 2, comma 26, RAGIONE_SOCIALEa legge 8 agosto 1995, n. 335, i l principio di automaticità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni previdenziali, sancito dall’art. 2116, primo comma, cod. civ.».
-Non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda proposta dalla signora NOME COGNOME, che proprio nel principio di automaticità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni rinviene il suo precipuo fondamento.
-La peculiare complessità RAGIONE_SOCIALEe questioni dibattute e il recente consolidarsi RAGIONE_SOCIALE‘orientamento di questa Corte, in data successiva alla pronuncia RAGIONE_SOCIALEa sentenza d’appello e alla proposizione RAGIONE_SOCIALE‘odierno ricorso, inducono a compensare le spese RAGIONE_SOCIALE‘intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese RAGIONE_SOCIALE‘intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Quarta Sezione