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Automaticità delle prestazioni: obblighi INPS

Un lavoratore ha citato in giudizio l’ente previdenziale per ottenere la regolarizzazione dei contributi non versati dal datore di lavoro, invocando il principio di automaticità delle prestazioni. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che tale principio garantisce al lavoratore il diritto di ricevere le prestazioni (es. pensione) nonostante le omissioni, ma non trasferisce all’ente l’obbligo di pagare i contributi, che resta unicamente a carico del datore di lavoro.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Principio di Automaticità delle Prestazioni: Chi Paga i Contributi Omessi?

Il versamento dei contributi previdenziali è un pilastro del nostro sistema di welfare, essenziale per garantire le tutele future dei lavoratori. Ma cosa accade se il datore di lavoro non adempie a questo obbligo? Il lavoratore perde i suoi diritti? La legge interviene con il principio di automaticità delle prestazioni, un meccanismo di salvaguardia fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 24953/2024) ha tuttavia chiarito i limiti di tale principio, specificando con precisione le responsabilità dell’ente previdenziale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di un lavoratore che, a seguito di una sentenza che accertava la prosecuzione del suo rapporto di lavoro oltre un termine illegittimamente apposto, si era rivolto all’ente previdenziale. La sua richiesta era chiara: ottenere la regolarizzazione della propria posizione contributiva per il periodo non coperto dai versamenti del datore di lavoro. Il lavoratore basava la sua pretesa sull’articolo 2116 del Codice Civile, che sancisce appunto il principio di automaticità delle prestazioni.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano però respinto la sua domanda. Secondo i giudici di merito, il principio invocato garantisce al lavoratore il diritto a ricevere le prestazioni (come la pensione), ma non crea un obbligo per l’ente previdenziale di pagare i contributi omessi dal datore inadempiente. Insoddisfatto, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione e i Limiti dell’Automaticità delle Prestazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea dei giudici di merito e fornendo chiarimenti cruciali. I giudici supremi hanno sottolineato come la richiesta del lavoratore fosse giuridicamente infondata.

Il principio di automaticità delle prestazioni ha una finalità protettiva ben precisa: svincolare il diritto del lavoratore alla prestazione previdenziale dall’effettivo adempimento dell’obbligo contributivo da parte del datore di lavoro. In altre parole, se il datore non paga, il lavoratore non perde il diritto alla pensione. Tuttavia, questo non significa che l’ente previdenziale diventi il debitore dei contributi al posto del datore di lavoro. L’obbligo di versamento rimane unicamente in capo a quest’ultimo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il ricorso ‘gravemente carente’, in quanto non specificava chiaramente né i periodi esatti per i quali si chiedeva l’accredito, né il tipo di azione che si intendeva esercitare contro l’ente. La richiesta di ‘riconoscimento di copertura contributiva’ è stata giudicata errata nella sua impostazione. L’ente previdenziale è il creditore dei contributi, non il soggetto obbligato a versarli in sostituzione del datore di lavoro. La Corte ha inoltre evidenziato che i contributi in questione risultavano probabilmente prescritti e che il lavoratore non aveva intrapreso un’azione di risarcimento danni contro il datore di lavoro, che sarebbe stata la via corretta per tutelare i propri interessi a fronte dell’omissione.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e importante. Il principio di automaticità delle prestazioni è una garanzia per il lavoratore, ma non altera la struttura delle obbligazioni contributive. Il lavoratore che scopre un’omissione contributiva deve agire nei confronti del proprio datore di lavoro per ottenere il versamento o, se ciò non è più possibile (ad esempio per prescrizione), per ottenere il risarcimento del danno subito. La pretesa di far gravare sull’ente previdenziale l’inadempimento altrui è priva di fondamento giuridico e non può essere accolta.

Se il mio datore di lavoro non versa i contributi, perdo il diritto alla pensione?
No, grazie al principio di automaticità delle prestazioni, il diritto alle prestazioni previdenziali è generalmente garantito anche in caso di omissione contributiva da parte del datore di lavoro.

Posso chiedere all’ente previdenziale di pagare i contributi che il mio datore di lavoro ha omesso?
No. La sentenza chiarisce che il principio di automaticità riguarda il diritto a ricevere le prestazioni, non l’obbligo di versare i contributi. L’obbligo di pagamento resta esclusivamente a carico del datore di lavoro.

Cosa posso fare se scopro che il mio datore di lavoro non ha versato i contributi e questi sono prescritti?
Se i contributi sono prescritti, non possono più essere versati. In questo caso, secondo la sentenza, l’azione corretta non è contro l’ente previdenziale, ma potrebbe essere un’azione di risarcimento del danno contro il datore di lavoro per il pregiudizio subito a causa dell’omissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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