Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3650 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3650 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29432/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME, che la rappresenta e difende
-ricorrente- contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 15/2020 pubblicata il 10/03/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di COGNOMEbasso, con la sentenza n.15/2020 pubblicata il 10/03/2020, ha accolto il gravame proposto dalla RAGIONE_SOCIALE nella controversia con NOME COGNOME.
La controversia ha per oggetto l’accertamento RAGIONE_SOCIALE illegittimità RAGIONE_SOCIALE revoca dell’incarico di direzione del RAGIONE_SOCIALE di prevenzione di Isernia, previa eventuale disapplicazione del provvedimento del Direttore generale RAGIONE_SOCIALE n.1033/2013 con il quale il dottor NOME COGNOME era stato nominato direttore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oltre al risarcimento del danno patito, pari alla indennità mensile prevista per l’incarico di direttore del RAGIONE_SOCIALE di prevenzione, dalla illegittima cessazione RAGIONE_SOCIALE sua corresponsione sino al collocamento in quiescenza.
Il Tribunale di Isernia rigettava le domande proposte dal COGNOME, ritenendo che la nomina del dottor COGNOME fosse avvenuta quando il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era già stato istituito.
La Corte territoriale ha ritenuto: che la revoca dell’incarico al COGNOME fosse stata implicitamente disposta con il provvedimento del direttore RAGIONE_SOCIALE n.1033/2013 che conferiva al dottor COGNOME l’incarico di direttore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; che la revoca implicita fosse illegittima in quando l’incarico al dottor COGNOME era stato conferito sul presupposto che fosse stato adottato l’atto aziendale ed istituito il RAGIONE_SOCIALE prevenzione, mentre era «emerso inequivocabilmente» che l’atto aziendale non fosse stato adottato, per mancanza del parere del Commissario ad acta e del Subcommissario ad acta ; che in mancanza di tali pareri non poteva essere dichiarata la immediata esecutività del conferimento di
incarico al dottor COGNOME disposto con provvedimento n.1033/2013; che pertanto dovesse disapplicarsi tale provvedimento, siccome illegittimo.
Per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza ricorre la RAGIONE_SOCIALE, con ricorso affidato ad un RAGIONE_SOCIALE motivo. COGNOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’RAGIONE_SOCIALE motivo la RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.7 del d.lgs. n.502/1992, con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.. Sostiene che , a seguito RAGIONE_SOCIALE scelta RAGIONE_SOCIALE Regione Molise di sopprimere le quattro aziende sanitarie locali, già previste dalla legge regionale n.11/1997, e di istituire una azienda unica (la RAGIONE_SOCIALE), trova applicazione l’art.7 del d.lgs. n.502/1992 nella parte in cui prevede la istituzione di un RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di prevenzione presso ciascuna azienda sanitaria locale. Deduce che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che il conferimento dell’incarico di direttore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al dottor COGNOME richiedesse la preventiva adozione del piano aziendale e la sua validazione da parte RAGIONE_SOCIALE struttura commissariale, trattandosi di un provvedimento dovuto in mera esecuzione di un obbligo di legge.
Il motivo è infondato.
La materia RAGIONE_SOCIALE organizzazione e del funzionamento delle aziende sanitarie locali (già unità sanitarie locali), è materia di legislazione concorrente ex art.117 comma secondo Cost., siccome immediatamente afferente alla tutela RAGIONE_SOCIALE salute. La potestà legislativa spetta dunque alle Regioni, nel rispetto dei principi fondamentali dettati dalla legislazione dello Stato. Ne deriva il concorso di tre fonti: la legislazione dello Stato, cui spetta dettare i principi fondamentali (d.lgs.n.502/1992); la legislazione regionale; l’atto aziendale di diritto privato.
Per quanto concerne i principi fondamentali, vengono in considerazione le disposizioni dettate dall’art.3 comma 1 bis d.lgs. n.502/1992 e ─ con particolare riferimento al tema del RAGIONE_SOCIALE di prevenzione ─ l’art.7 bis d.lgs. cit.
L’art. 3 comma 1 bis cit. prevede che: «In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali. L’atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica.».
La regione Molise, nel procedere al riordino del servizio sanitario regionale per mezzo RAGIONE_SOCIALE legge regionale n.9/2005 (è passata da un servizio organizzato sulla base di quattro aziende sanitarie locali, già previsto dalla legge regionale n.11/1997, ad un servizio organizzato sulla base di una unica azienda, denominata RAGIONE_SOCIALE), ha dato piena attuazione ai principi fondamentali stabiliti dall’art.3 comma 1 bis d.lgs. n.502/1992.
L’art.5 comma 1 RAGIONE_SOCIALE legge regionale n.9/2005 prevede che: «La RAGIONE_SOCIALE disciplina l’organizzazione ed il funzionamento mediante atto aziendale di diritto privato di cui all’art. 3, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 502/1992, e successive modifiche ed integrazioni». Il successivo comma 3 prevede poi che: «L’atto aziendale definisce e disciplina: a) l’assetto organizzativo dell’RAGIONE_SOCIALE in modo da assicurare l’esercizio unitario delle funzioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione (…)».
La prima conclusione che può trarsi è che sia i principi fondamentali (art.3 comma 1 bis d.lgs. n.502/1992) che la legge regionale pro tempore applicabile prevedono che l’organizzazione
ed il funzionamento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sia disciplinato mediante atto aziendale di diritto privato.
Con particolare riferimento al tema del RAGIONE_SOCIALE di prevenzione, concorre anche il principio fondamentale dettato dall’art.7 bis d.lgs. n.502/1992 (introdotto dall’art.7 d.lgs. n.229/1999) che prevede: «Le regioni disciplinano l’istituzione e l’organizzazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE prevenzione secondo i principi contenuti nelle disposizioni del presente articolo e degli articoli 7-ter e 7-quater».
La parte ricorrente deduce che la Corte territoriale ha violato l’art.7 comma 1 del d.lgs. n 502/1992, laddove prevedeva che: «La legge regionale attribuisce la gestione dei presidi multizonali di prevenzione ad un apposito organismo per la prevenzione, RAGIONE_SOCIALE per tutto il territorio regionale, costituito secondo i principi di cui all’articolo 3, comma 1, e nei termini di cui al comma 5 dello stesso articolo».
Giova rilevare che tale disposizione è stata abrogata dall’art.7 del d.lgs. n.229/1999, e dunque non era vigente al momento dei fatti di causa. Non può dunque ritenersi che la Corte territoriale abbia potuto violare una disposizione che non era più vigente al momento RAGIONE_SOCIALE sua pretesa applicazione.
Al contrario, il giudice d’appello ha fatto esatta applicazione delle norme di diritto, statali e regionali, laddove ha ritenuto che la istituzione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di prevenzione dovesse essere preceduta dall’atto aziendale di diritto privato. L’istituzione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di prevenzione costituisce un atto di organizzazione RAGIONE_SOCIALE azienda sanitaria locale, e dunque deve essere previsto dall’atto aziendale di diritto privato, in forza dei principi fondamentali stabiliti dagli artt.3 comma 1 bis e 7 bis d.lgs. n.502/1992 e dell’art.5 RAGIONE_SOCIALE legge regionale n.9/2005.
Tanto premesso, la Corte territoriale ha accertato in fatto che la istituzione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di prevenzione non è stata
preceduta dalla adozione di un atto aziendale di diritto privato valido ed efficace.
Giova rilevare che la Regione Molise è soggetta a commissariamento per l’attuazione del piano di rientro da disavanzo sanitario (cfr. la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale 14/02/2023 n.20) e che «la disciplina dei piani di rientro dai deficit di bilancio in materia sanitaria è riconducibile a un duplice ambito di potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.: tutela RAGIONE_SOCIALE salute e coordinamento RAGIONE_SOCIALE finanza pubblica (ex plurimis, sentenza n. 278 del 2014). In particolare, costituisce un principio fondamentale di coordinamento RAGIONE_SOCIALE finanza pubblica quanto stabilito dall’art. 2, commi 80 e 95, RAGIONE_SOCIALE legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per la regione che li abbia sottoscritti, i piani di rientro e i programmi operativi che -ai sensi dei commi 88 e 88-bis del medesimo art. 2 -ne costituiscono attuazione e aggiornamento; la regione è quindi obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena realizzazione dei piani di rientro (sentenze n. 14 del 2017, n. 266 del 2016 e n. 278 del 2014)» (Corte Cost, sentenza n.20/2023 cit.).
Il provvedimento n.1033/2013 del direttore dell’RAGIONE_SOCIALE, riprodotto nel ricorso per cassazione, richiama in premessa il provvedimento n.856/2013 «con il quale è stata riorganizzata l’Area Medica del Dipartimento RAGIONE_SOCIALE», e ne costituisce la immediata attuazione.
La Corte territoriale ha accertato in fatto la mancanza di validazione del NUMERO_DOCUMENTO da parte RAGIONE_SOCIALE struttura commissariale, così come degli altri provvedimenti finalizzati alla attivazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE prevenzione.
Per questi motivi il ricorso è infondato. La parte ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate come da dispositivo, da distrarre in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, da distrarre in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALE l. n. 228 del 2012, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/02/2025.