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Attività stagionali e CCNL: la Cassazione decide

Un lavoratore, impiegato per anni con contratti a tempo determinato per la manutenzione di impianti irrigui, ha chiesto la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato, sostenendo il superamento del limite massimo di 36 mesi. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la contrattazione collettiva può legittimamente individuare nuove “attività stagionali” non previste dalla legge. Tale qualificazione permette di derogare al limite dei 36 mesi, rendendo legittima la successione dei contratti a termine per le mansioni specificate dal CCNL.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratti a termine e Attività Stagionali: la Cassazione fa chiarezza sul potere del CCNL

L’ordinanza n. 2764/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: i limiti e le possibilità di successione dei contratti a tempo determinato, con un focus specifico sulle attività stagionali. La Corte ha stabilito che la contrattazione collettiva ha il potere di ampliare la nozione di lavoro stagionale, permettendo così di superare il limite massimo di durata di 36 mesi previsto per la generalità dei contratti a termine. Approfondiamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore impiegato dal 1990 presso un consorzio di bonifica con contratti a tempo determinato rinnovati annualmente, solitamente per il periodo compreso tra aprile e dicembre. Le sue mansioni consistevano nell’essere addetto alla manutenzione e all’esercizio degli impianti di distribuzione irrigua.

Il lavoratore ha agito in giudizio per chiedere la declaratoria di nullità del termine apposto ai contratti e la conseguente conversione del rapporto di lavoro in uno a tempo indeterminato, oltre al risarcimento dei danni. La sua richiesta si basava sull’assenza di ragioni giustificatrici, sulla successione ininterrotta dei contratti e sul superamento del limite legale di 36 mesi.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva respinto la domanda del lavoratore. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che l’attività svolta, pur non rientrando nell’elenco ministeriale del D.P.R. 1523/1963, fosse stata legittimamente qualificata come stagionale dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore, in virtù della facoltà concessa dalla legge (D.Lgs. 368/2001).

L’Analisi della Cassazione sulle attività stagionali

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: l’errata interpretazione della norma di legge che consente ai CCNL di individuare le attività stagionali e la scorretta applicazione della specifica norma del contratto collettivo.

Il Ruolo della Contrattazione Collettiva

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, confermando la decisione d’appello. Il punto centrale della pronuncia è l’interpretazione dell’art. 5, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 368/2001. Questa norma stabilisce che il limite dei 36 mesi per i contratti a termine non si applica alle attività stagionali definite dal D.P.R. 1525/1963, “nonché di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali”.

Secondo la Suprema Corte, questa disposizione conferisce chiaramente alle fonti collettive il potere di individuare ulteriori attività stagionali rispetto a quelle già previste per legge. Non si tratta, quindi, di un potere limitato a specificare attività simili, ma di una vera e propria delega a definire quali mansioni, in un determinato settore, abbiano carattere stagionale. L’intento del legislatore è quello di permettere una deroga al limite generale di durata, affidando alle parti sociali, che conoscono le specificità dei settori, il compito di identificare tali attività.

L’Interpretazione del CCNL di Settore

Analizzando il secondo motivo, la Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione che la Corte d’Appello aveva dato dell’art. 128 del CCNL dei consorzi di bonifica. Tale articolo definisce “operai avventizi stagionali” anche quelli “addetti ai lavori stagionali di manutenzione delle opere e degli impianti consorziali”.

La Corte ha osservato che questa definizione contrattuale amplia il novero dei lavori stagionali previsti dalla legge, includendovi esplicitamente la manutenzione e l’esercizio degli impianti. Questa previsione, secondo i giudici, è una legittima attuazione della delega normativa. Le attività di manutenzione degli impianti di irrigazione non sono per loro natura continuative durante tutto l’anno, ma sono concentrate nei periodi di maggiore necessità, rendendo plausibile la loro qualificazione come “stagionali”.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda sul principio che la contrattazione collettiva, in attuazione di una specifica delega di legge, può identificare attività come stagionali anche se non sono incluse nell’elenco ministeriale. Questo potere è finalizzato a regolare le esigenze specifiche di settori produttivi caratterizzati da picchi di lavoro legati a cicli naturali o climatici.

La Cassazione ha sottolineato che, per essere efficace, questa individuazione da parte del CCNL deve essere specifica e riguardare attività che, pur non essendo nell’elenco legale, presentano caratteristiche assimilabili a quelle stagionali. Nel caso di specie, le mansioni di “manutenzione ed esercizio delle opere e degli impianti consorziali” e “irrigazione” sono state ritenute plausibilmente stagionali, in quanto legate a cicli che non coprono l’intero anno.

Conclusioni

L’ordinanza n. 2764/2024 ribadisce un principio fondamentale: il contratto collettivo nazionale è una fonte normativa cruciale per la disciplina del contratto a termine. In presenza di una delega legislativa, le parti sociali possono adattare le regole generali alle esigenze concrete di un settore, anche in deroga a limiti importanti come quello della durata massima di 36 mesi. Per i datori di lavoro, ciò significa che è possibile fare legittimo affidamento sulle definizioni di attività stagionali contenute nel CCNL di riferimento per la stipula di contratti a termine successivi. Per i lavoratori, la decisione chiarisce che la tutela contro l’abuso dei contratti a termine trova un limite quando le loro mansioni rientrano in una categoria di lavoro stagionale specificamente prevista dal proprio contratto collettivo.

La contrattazione collettiva può definire nuove attività stagionali oltre a quelle previste dalla legge?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’art. 5, comma 4-ter, del D.Lgs. 368/2001 autorizza le fonti collettive nazionali (CCNL) a individuare ulteriori attività stagionali rispetto a quelle elencate nel D.P.R. 1525/1963.

L’attività di manutenzione di impianti di irrigazione può essere considerata un’attività stagionale?
Sì, se il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore la qualifica come tale. Nel caso esaminato, l’art. 128 del CCNL per i dipendenti dei consorzi di bonifica definisce stagionali anche gli addetti alla manutenzione delle opere e degli impianti, rendendo legittima tale classificazione.

Cosa succede al limite di 36 mesi per i contratti a termine in caso di attività stagionali individuate dal CCNL?
Il limite massimo di 36 mesi di durata cumulativa dei contratti a termine non si applica. La qualificazione di un’attività come “stagionale”, sia per legge che tramite CCNL, costituisce una deroga a tale divieto, permettendo la successione di contratti a tempo determinato senza questo vincolo temporale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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