Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30488 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30488 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19389-2024 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 209/2024 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 19/03/2024 R.G.N. 813/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2025 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Oggetto
Contributi attività
agricola
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 14/11/2025
CC
In riforma della pronuncia di primo grado, con sentenza n.209/24, la Corte d’appello di Messina rigettava l’opposizione proposta da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di addebito emesso dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e avente ad oggetto contributi omessi relativamente alle annualità 2015, 2016, 2017.
Per quanto qui rileva, riteneva la Corte d’appello che l’attività svolta dalla società non fosse inquadrabile come agricola ma afferente al settore terziario, poiché i dipendenti della stessa si dedicavano al taglio degli alberi di bosco al fine di rivendita a terzi. Era quindi corretta la riclassificazione operata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con correlata variazione dell’obbligo contributivo.
Avverso la sentenza, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ricorre per due motivi.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
In sede di odierna udienza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RITENUTO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la società deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.6 l. n.92/79, per avere la Corte d’appello escluso l’attività agricola a fini previdenziali, nonostante ai sensi della lettera e) della predetta norma i dipendenti di imprese non agricole sono considerati lavoratori agricoli se, come nel caso di specie, si tratta di imprese che effettuano lavori e servizi di sistemazione e di manutenzione agraria e forestale, di imboschimento, di
creazione, sistemazione e manutenzione di aree a verde, impiegando i lavoratori in tali attività.
Con il secondo motivo di ricorso, la società deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt.2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., per non avere la Corte d’appello dato ingresso alle prove testimoniali nonostante dalle stesse sarebbe risultata dimostrata la natura agricola delle lavorazioni svolte dai dipendenti.
Il primo motivo è inammissibile.
La Corte d’appello, con riferimento a uno dei contratti d’appalto concluso quale appaltatrice dalla società ricorrente nel 2015, anno di contestazione dell’omissione contributiva, ha affermato che l’oggetto dell’appalto non poteva farsi rientrare nella let tera e) dell’art.6 l. n.92/79. Ha poi aggiungo che, comunque, a prescindere da tale contratto, era risultato dimostrato, tramite la dichiarazione del legale rappresentante della società, che l’attività in prevalenza svolta dalla società era di taglio di alberi di bosco a fini di rivendita a terzi, ovvero un’attività afferente al settore terziario.
Ora, da un lato il motivo si mostra privo di autosufficienza laddove non allega specificamente il testo del contratto d’appalto da cui dovrebbe emergere la riconducibilità del medesimo alle attività dell’art.6, lett. e) l. 92/79. Dall’altro lato, il motivo è generico laddove non sottopone a censura l’affermazione della Corte territoriale per cui l’art.6, lett. e) l. n.92/79 richiede comunque che le attività ivi previste siano finalizzate all’aumento del valore della produzione agricola; ciò che non era rigu ardo al contratto d’appalto stipulato dalla società. Infine, il motivo non si parametra
con il complesso motivazionale della sentenza, censurando l’assunto in ordine al contratto d’appalto ma nulla dicendo sull’ulteriore assunto della Corte territoriale secondo cui, indipendentemente dall’oggetto di quello specifico contratto d’appalto, era provato che l’attività prevalente fosse estranea alla lettera e) dell’art.6 l. 92/79, essendo attività di taglio di alberi per rivendita a terzi, come tale inquadrabile nel settore dei servizi.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
La Corte ha respinto la prova testimoniale ritenendo che, alla luce del materiale istruttorio acquisito, essa fosse superflua, siccome già accertato in causa che la lavorazione svolta esulava dal settore agricolo.
Ora, il motivo, di fronte a questa valutazione in fatto, non deduce alcun omesso esame di fatto decisivo ex art.360, co.1, n.5 c.p.c. Il motivo si limita a riprodurre i capitoli di prova articolati in sede di merito senza specificare che dal relativo contenuto emergeva la richiesta di prova di uno specifico fatto storico, omesso nella valutazione della Corte, e capace di sovvertire il giudizio compiuto in termini di prevalenza dell’attività terziaria (taglio tronchi finalizzata alla rivendita).
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con condanna alle spese di lite secondo soccombenza.
del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa l’inammissibilità del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.