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Codice Civile
Codice Penale

Atti ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità

Accettazione tacita dell’eredità, privi di rilevanza quegli atti che non sono idonei ad esprimere l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede

Pubblicato il 02 November 2019 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di L’Aquila

composta dai seguenti magistrati

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1777/2019 pubblicata il 31/10/2019

nella causa iscritta al ruolo con il R.G.N. /2014 in grado di appello trattenuta in decisione all’udienza collegiale del 4/12/2018 e promossa

DA
XXX (C.F.) rappresentato e difeso dall’Avv.

– APPELLANTE –

CONTRO

YYY (C.F. ), ZZZ, KKK e JJJ rappresentatI e difesI dall’Avv.

– APPELLATI –

E NEI CONFRONTI DI
QQQ, rappresentata e difesa dall’Avv.

– APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE –
Avverso la sentenza definitiva del Tribunale di Pescara n. /2014 depositata il 29/5/2014 rese nel procedimento RGN /2005

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l’atto di appello ritualmente notificato, XXX impugnava la sentenza del Tribunale che, in accoglimento delle domanda dei coeredi YYY, ZZZ, KKK e JJJ, dichiarati questi ultimi eredi legittimi di *** per rappresentazione di ***, dichiarava inefficace nei confronti dei detti coeredi la compravendita del 7/6/2004 intercorsa tra XXX e QQQ per la metà ad essi spettante che attribuiva loro, rigettava le altre domande delle parti e condannava l’appellante in solido con QQQ alle spese di lite del grado.

Il Tribunale fonda la propria decisione sulla circostanza che gli attori, figli ed eredi legittimi di ***, fratello di XXX e della de cuius ***, dovevano considerarsi eredi per rappresentazione del proprio genitore della Sig,ra ***, non essendo stata provata l’intervenuta rinuncia da parte del loro dante causa.

Conseguentemente, rigettate le domande di simulazione e di nullità della compravendita avanzate dai coeredi attori, ne dichiarava l’inefficacia per quel che concerne la quota di comproprietà dei detti coeredi, corrispondente alla metà dell’intero che attribuiva a costoro, non avendo l’acquirente dimostrato la propria buona fede all’atto dell’acquisto del cespite ed anzi essendo verosimile, per i rapporti personali con la famiglia del venditore così come risultati nella fase istruttoria, la conoscenza della situazione ereditaria al momento dell’acquisto, tenuto altresì conto del fatto che la trascrizione dell’acquisto era antecedente a quella della delazione ereditaria in capo al venditore.

Il Tribunale rigettava, quindi, la domanda di risoluzione del contratto di compravendita avanzata in via riconvenzionale dalla QQQ considerato che la stessa ben era a conoscenza della parziale altruità del bene e per la mancata deduzione della circostanza che l’acquirente non avrebbe acquistato il bene ove fosse stata a conoscenza dell’acquisto parzialmente a non domino.

Il Tribunale rigettava altresì la domanda di rimborso delle somme che l’appellante aveva dedotto aver sborsato per la ristrutturazione dell’immobile, per le spese funebri, per le spese sostenute per il pagamento delle utenze dell’immobile nel periodo di ricovero della de cuius presso istituto di lungodegenza ovvero per l’assistenza prestata alla stessa, non essendo stato dimostrato che gli esborsi fossero stati effettuati con provvista di XXX, in luogo di quella della de cuius che, percettrice di pensione, era titolare di conto corrente, nè essendo stato allegato alcuna limitazione ai propri guadagni ed al proprio lavoro per fornire l’assistenza alla sorella.

Con l’appello XXX censura la decisione limitatamente al capo in cui il Tribunale ha rigettato la propria domanda riconvenzionale finalizzata al rimborso delle spese sostenuto per la ristrutturazione dell’immobile, per le spese funebri, per le spese sostenute per il pagamento delle utenze dell’immobile nel periodo di ricovero della de cuius presso istituto di lungodegenza ovvero per l’assistenza prestata alla stessa

Evidenzia, infatti, l’appellante che la documentazione da esso prodotta comprovava gli esborsi sostenuti, nel periodo dal marzo a maggio 2003 per quel che attiene le spese di ristrutturazione e di eliminazione delle barriere architettoniche, dal 14/10/2001 per quel che attiene le bollette, dei quali reclamava il rimborso dagli altri coeredi unitamente alle spese funebri ed a quelle di assistenza, mentre non era stato dimostrato che la de cuius, titolare di una modesta pensione, fosse anche titolare di un conto corrente o di risparmi.

Così, quindi, conclude: “… in parziale riforma dell’impugnata sentenza Condannare gli appellati YYY, ZZZ, KKK e JJJ a rimborsare proquota le spese sostenute da XXX per conto e nell’interesse della de cuius ammontanti a complessivi euro 47.462,42 ovvero la somma ritenuta di giustizia. Compensare con le modalità ritenute di giustizia le spese di primo grado. Con vittoria delle spese di lite”

Si costituiva in giudizio la appellata QQQ proponendo il proprio appello incidentale sul capo concernente la dichiarazione di inefficacia della compravendita relativamente alla quota di proprietà dell’immobile in capo ai coeredi attori, odierni appellati.

Evidenzia in particolare la appellante incidentale di aver trascritto il proprio acquisto in data anteriore alla trascrizione dell’acquisto da parte degli eredi reali e della trascrizione della domanda giudiziale contro l’erede apparente sìcchè ritiene che il giudice abbia mal applicato il disposto dell’articolo 534 del codice civile.

Avendo Infatti l’appellante incidentale trascritto il proprio acquisto prima della trascrizione della citazione introduttiva del giudizio da parte degli altri eredi reali, il proprio acquisto per la priorità della trascrizione è ad essi pienamente opponibile, ritenendo, peraltro, la sufficienza della sola denuncia di successione, con cui XXX si dichiarava unico erede, sufficiente alla valida stipula del contratto di compravendita.

L’appellante incidentale censura Inoltre la sentenza laddove ha ritenuto un elemento idoneo ad escludere la propria buona fede nell’acquisto fatto dallo XXX la mancanza di prova dell’effettivo pagamento da parte della QQQ del prezzo di compravendita complessivo, ritenendo sufficiente la dimostrazione dell’esborso in assegni circolari ed il residuo importo in contanti come consentito all’epoca.

A tal fine, l’appellante incidentale evidenzia l’irrilevanza probatoria della circostanza che la acquirente frequentasse il figlio del venditore all’epoca della compravendita ritenendo quindi perfettamente valido l’acquisto da essa operato.

Conclude, pertanto, per la riforma della sentenza onde “dichiarare efficace l’atto di compravendita del 7/6/2004 … per gli esposti motivi rigettando, per l’effetto la domanda degli appellati sul punto. Con vittoria delle spese del doppio grado”.

Si costituivano gli appellati, YYY, ZZZ e KKK e JJJ contestando le ragioni dei gravami, ritenendo che l’appellante principale non abbia dimostrato il fondamento della sua pretesa così come correttamente ritenuto dal Tribunale ed evidenziando come la de cuius era economicamente autosufficiente sì da essere in grado di far fronte alle spese (peraltro erroneamente indicate nell’importo) che è rimasto indimostrato siano state sostenute dall’appellante principale avuto riguardo anche alla prova, acquisita con le dichiarazioni testimoniali, dell’esistenza di un conto corrente della de cuius estinto dal medesimo appellante incidentale.

Nel merito evidenzia, ancora come le spese funebri non riguardino la de cuius e le ricevute non siano intestate all’appellante principale ed in ogni caso la domanda non poteva trovare accoglimento in quanto concerneva somme esborsate quando la de cuius era ancora in vita e, quindi, non avrebbero potuto formare oggetto della richiesta di rimborso che, comunque, non avrebbe potuto eccedere la quota eventualmente di spettanza degli appellati, pari alla metà dell’intero.

Concludono, quindi, per il rigetto dell’appello e la vittoria delle spese.

All’udienza del 4/12/2018 le parti precisavano le proprie conclusioni e, successivamente, le depositavano i rispettivi scritti difensivi conclusionali, cui replicava il solo appellante principale.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’appello principale è infondato.

2. Correttamente il Tribunale ha ritenuto che la parte appellante non avesse dimostrato che le spese di cui chiedeva ai coeredi il rimborso, in quanto miglioramenti apportati al bene caduto in successione, fossero state sostenute con il proprio denaro, giacchè gli esborsi si riferivano al periodo in cui la de cuius era ancora in vita.

2.1. Le risultanze probatorie acquisite, infatti, evidenziavano come la de cuius fosse stata ricoverata in esito ad un grave episodio ischemico del 14/10/2001 in una residenza assistita dal 31/10/2001 al 19/5/2003 e percepisse una pensione e una indennità di accompagnamento.

2.2. Tali somme, quindi, alla luce dello stato in cui la stessa versava, non potevano che essere riscosse da delegato – lo stesso appellante deduce che le stesse venivano riscosse da un delegato – ovvero accreditate su conto corrente (ovvero su altro simile rapporto bancario), della cui esistenza v’è prova alla luce delle dichiarazioni rese dallo stesso appellante in sede di interrogatorio formale e dai testi ed in particolare dal teste *** che era cointestatario con la de cuius del rapporto bancario presso il Banco di *** e che, in esito alla sua estinzione consegnò i correlativi importi a saldo a XXX, proprio padre.

2.3. Così, infatti, all’udienza del 8/10/2008 il teste *** dichiarava: “Avevo la cointestazione con mia zia *** di un conto su una Banca … Io ho estinto il conto cointestato a mio nome .. i soldi ritirati sono stati da me consegnati a mio padre, il quale mi diceva che dovevano occorrere per la ristrutturazione .. dell’appartamento, a piano terra, della zia ***”

2.4. Poichè, quindi, vi era la prova che la provvista delle somme relative agli interventi di ristrutturazione non provenissero dall’appellante XXX – o perlomeno che non provenissero totalmente da lui – lo stesso era onerato della dimostrazione del proprio credito in termini di effettività del proprio esborso e della misura che, effettivamente, era rimasta a proprio carico.

2.5. Tale prova non era stata offerta e le indicazioni contenute nelle fatture prodotte dalla parte appellante in prime cure – che pure riportavano la tipologia dei lavori ed il luogo di esecuzione degli stessi coincidente con l’immobile caduto in successione – non potevano dimostrare anche la provenienza dallo XXX delle somme di cui vi era quietanza, proprio perchè era, invece, dimostrato che almeno parte (se non la totalità) della provvista per i lavori proveniva dalla de cuius e non vi erano altre fatture intestate direttamente a quest’ultima che giustificassero la destinazione delle somme ricevute dallo XXX e provenienti dall’estinzione dei rapporti bancari cointestati tra la de cuius e ***.

3. Per quanto attiene le spese funebri, le risultanze documentali non consentono di ritenere fondata la domanda, alla luce della rilevante circostanza che i due documenti all’uopo prodotti dalla parte appellante in prime cure sono tutti intestati a *** ed attestano che il pagamento del funerale della de cuius venne sostenuto da ***, il cui timbro è riportato nella fattura 41 del 30/6/2003 relativa al funerale della Sig.ra ***.

3.1. L’altra fattura all’uopo prodotta, invece, non concerne le esequie della ***, come dedotto dalla parte appellante, ma di altra persona deceduta quando la de cuius era ancora in vita.

4. Del pari priva di dimostrazione è la circostanza che gli esborsi di cui alle ricevute relative agli altri importi richiesti, che assommano a complessivi euro 2.500,72 e non già all’importo di euro 18.564,04, siano stati effettivamente sostenuti dalla parte appellante, nè può ritenersi che la produzione della ricevuta da parte dell’appellante, possa attestare a sè la riferibilità dell’esborso, giacchè seppur è evidente che non possano essere stati eseguiti altro che da persona diversa dalla intestataria degli stessi, visto lo stato di salute della de cuius, la stessa disponeva di adeguate sostanze per far fronte ai modesti importi recati da ciascuna delle ricevute prodotte.

5. Correttamente, poi, il Tribunale ha rigettato la richiesta di pagamento di importi a titolo di assistenza prestata in favore della de cuius, che era la sorella dell’appellante.

5.1. Venendo all’esame di tale domanda, finalizzata al pagamento delle somme per l’assistenza resa personalmente dall’appellante in favore della sorella, deve evidenziarsi come vertendosi in tema di adempimento di un obbligo a carattere familiare, lo stesso deve considerarsi quale adempimento di un’obbligazione naturale, insuscettibile, quindi, di rimborso, in quanto eccedente l’obbligazione alimentare di cui agli art. 433 e 438 c.c. che, nel caso di specie, non risulta formare oggetto della richiesta di rimborso avuto riguardo alla natura delle prestazioni richieste dall’appellante.

5.2. Tale diritto, peraltro, non poteva utilmente azionarsi nei riguardi degli eredi legittimi del fratello premorto della de cuius, poichè nessun obbligo alimentare faceva loro carico ex art. 433 c.c. ed in ogni caso, ove mai potesse individuarsi siffatto obbligo in capo agli appellanti, doveva considerarsi la limitatezza degli obblighi alimentari tra fratelli, che, ex art. 438 c.c., è limitato, rispetto agli obblighi alimentari di altri onerati, al solo stretto necessario, tra cui non possono rientrare le spese di assistenza.

5.3. Giova altresì, evidenziare come nel periodo di malattia tali obblighi di assistenza erano prestati – in maniera integrale – dalla RSA dove la Sig.ra *** era ricoverata, sicchè la prestazione assistenziale da parte dell’appellante poteva dirsi a suo esclusivo carico solo nel breve momento tra la dimissione dalla RSA ed il decesso della de cuius.

5.4. E’, quindi, pienamente corretta la decisione del Tribunale anche in ordine alla mancata deduzione dell’aggravamento della posizione personale e lavorativa dell’appellante in dipendenza dell’impegno assistenziale in favore della sorella.

6. Deve, da ultimo, osservarsi che, alla luce della circostanza che tutti gli esborsi – ad eccezione di alcuni di modesto importo – vennero effettuati nel corso degli ultimi periodi di vita della de cuius, si verteva in termini di crediti del coerede nei confronti della de cuius, piuttosto che di crediti nei riguardi dei coeredi.

6.1. Ciò anche per quel che riguarda i dedotti miglioramenti che in quanto effettuati prima della morte del de cuius non incidono sul valore del bene oggetto della comunione ereditaria.

6.2. Conseguentemente, trattandosi di debito della massa ereditaria lo stesso, ove fondato e provato, poteva essere azionato nei riguardi dei coeredi nei soli limiti della rispettiva quota e non già, come invece avvenuto nel caso di specie, per l’intero.

7. Anche l’appello incidentale proposto dalla parte appellata QQQ è infondato.

7.1. Deve evidenziarsi che la norma di cui all’art. 534 c.c. prevede la salvezza dei diritti acquisiti dagli eredi apparenti laddove il contraente dimostri la propria buona fede all’atto dell’acquisto e, nell’ipotesi in cui l’acquisto riguardi beni mobili registrati o beni immobili, che le trascrizioni delle accettazioni ereditare dell’erede apparente e dell’atto di acquisto siano antecedenti alla trascrizione dell’accettazione dell’erede reale o della domanda di petizione ereditaria.

7.2. Orbene, quindi, non solo dev’essere rispettato il principio di continuità delle trascrizioni, anche per effetto della prenotazione di cui all’art. 2650 secondo comma c.c., ma l’acquirente è in ogni caso tenuto a dimostrare la propria buona fede all’atto dell’acquisto, requisito comunque imprescindibile per la salvezza dei diritti acquisiti dall’erede apparente.

7.3. La ricostruzione diacronica delle vicende che hanno interessato la compravendita dell’immobile consentono di ritenere infondato il gravame incidentale della appellata QQQ.

7.4. Nella fattispecie, infatti, l’acquisto da parte della QQQ è stato effettuato in data 24/6/2004; la trascrizione della denunciata successione è avvenuto in data 27/10/2004; la trascrizione della citazione introduttiva del giudizio è avvenuta in data 10/2/2005,

7.5. Deve, quindi, considerarsi che la trascrizione del 27/10/2004 non attiene all’accettazione da parte di XXX dell’eredità della defunta ***, ma consegue al solo adempimento fiscale dovuto dall’erede, senza che con ciò possa ritenersi espressa alcuna volontà dell’erede finalizzata all’accettazione espressa o tacita dell’eredità.

7.6. Infatti “Ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione.” (Cassazione Sez. 2 – , Ordinanza n. 4843 del 19/02/2019)

7.7. Non può, quindi, ritenersi che l’acquisto da parte della QQQ sia stato effettuato in presenza di trascrizioni continue, anche ex art. 2650 II comma c.c., mancando la trascrizione dell’avvenuta accettazione dell’eredità da parte di XXX in epoca anteriore alla trascrizione delle domanda giudiziale.

7.8. Deve, quindi, darsi piena adesione al principio secondo cui “La vendita di bene ereditario da parte dell’erede apparente, ai sensi degli artt. 534, terzo comma, e 2652, n. 7, cod. civ., ove manchi l’anteriore trascrizione della sua accettazione ereditaria (pur se accettazione tacita, trascrivibile ex art. 2648, terzo comma, cod. civ.), non è opponibile all’erede vero che abbia trascritto l’accettazione posteriormente alla vendita stessa, né la mera trascrizione dell’atto traslativo del bene ereditario comprova, di per sé, un’accettazione ereditaria opponibile ai terzi o all’erede vero, potendo il bene essere pervenuto all’alienante in virtù di un titolo diverso.” (Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 11305 del 05/07/2012)

7.9. Il gravame incidentale è infondato anche in relazione all’altro requisito imposto dall’art. 534 c.c. ed afferente la prova della sussistenza della buona fede nell’acquirente.

7.10. Nessuna prova, infatti, è stata offerta dalla parte acquirente circa l’esistenza della propria buona fede, mentre sussistevano elementi precisi che militavano a favore della sua insussistenza.

7.11. La sentenza appellata, infatti, sul punto è adeguatamente motivata anche in ordine alla rilevanza degli elementi contrari alla sussistenza della buona fede dell’appellante incidentale all’atto dell’acquisto, tenuto conto che nella fattispecie il requisito dell’esistenza delle buona fede non poteva ritenersi presunta, ma imponeva l’assolvimento del relativo onere probatorio da parte dell’acquirente.

7.12. Al proposito, infatti, l’istruttoria e le concordi dichiarazioni dei testi – così come la stessa affermazione della QQQ – ha evidenziato l’esistenza di rapporti di lunga frequentazione dell’acquirente con il figlio dell’appellante XXX, tali da far presumere una certa familiarità con la sua famiglia, così come la prova soltanto parziale del pagamento del corrispettivo della vendita – non potendo assurgere a prova del pagamento, ai fini che qui interessano, la quietanza contenuta nell’atto di compravendita relativa ad importi versati in contanti, giacchè è contemplata nell’atto della cui inefficacia si controverte – fanno fondatamente ritenere che non vi fosse nell’acquirente l’ignoranza circa la reale situazione ereditaria.

7.13. Il Collegio, infatti, condivide pienamente il principio di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 2653 del 04/02/2010, secondo cui “In tema di petizione ereditaria, ai fini della salvezza dei diritti acquistati dal terzo per effetto di convenzione a titolo oneroso contratta con l’erede apparente, è necessario che lo stesso terzo, ai sensi dell’art. 534, comma secondo, cod. civ., assolva all’onere di provare la sua buona fede all’atto dell’acquisto, consistente nella dimostrazione dell’idoneità del comportamento dell’alienante ad ingenerare la ragionevole convinzione di trattare con il vero erede, nonché dell’esistenza di circostanze indicative dell’ignoranza incolpevole di esso acquirente circa la realtà della situazione ereditaria al momento dell’acquisto.”

7.14. Nessun elemento positivo in ordine all’esistenza del requisito è stata effettivamente offerta da parte appellante incidentale, se non il richiamo all’avvenuta presentazione da parte di XXX della dichiarazione di successione che, quale atto fiscale di parte (che, peraltro, può essere posto in essere anche da uno solo degli eredi), appare del tutto irrilevante ai fini della valutazione dell’esistenza del ragionevole affidamento della QQQ nella qualità di unico erede e titolare dei diritti alienati.

7.15. Conseguentemente, il gravame incidentale deve essere rigettato.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, esclusi dal computo i compensi per la fase istruttoria di cui all’art. 4, V comma, lettera c, del DM 55/2014, non tenutasi

PQM
La Corte, definitivamente pronunciando:

1) rigetta gli appelli principale ed incidentale;

2) condanna XXX e QQQ, con il vincolo solidale, a rifondere alla parte appellata le spese di lite del presente grado che liquida in euro 8.000,00, oltre, in ogni caso, al rimborso forfetario ed agli altri accessori di legge.

3) Poichè il presente giudizio è stato iniziato in epoca successiva la data del 31/1/2013 di entrata in vigore dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, così come introdotto dall’art. 1 comma 17 della L. 24/12/2012 n. 228 sussistono i presupposti per dichiarare XXX e Stella QQQ tenuti ciascuno al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso nella camera di consiglio del 15 ottobre 2019

IL GIUDICE RELATORE ED ESTENSORE IL PRESIDENTE

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