Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14751 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14751 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4203/2021 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
COGNOME NOME NOME elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2875/2020 pubblicata in data 11/12/2020, n.r.g. 2200/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- Da settembre 2008 NOME COGNOME era stato dipendente di RAGIONE_SOCIALE (poi fusa in RAGIONE_SOCIALE) con qualifica di quadro, parametro 230 ccnl autoferrotranvieri, fino alla nota di ‘presa d’atto della nullità del contratto di lavoro’ del 19/04/2017, con cui RAGIONE_SOCIALE lo aveva estromesso dall’azienda
OGGETTO: art 18 d.l. 112/2008 – nullità del contratto di lavoro – entrata in vigore
in quanto assunto senza il rispetto delle necessarie procedure selettive pubbliche.
Impugnato il licenziamento con pec del 14/06/2017, il COGNOME adìva il Tribunale di Roma per ottenere la declaratoria di nullità e/o inefficacia della ‘presa d’atto della nullità del contratto di lavoro’ e comunque del licenziamento, il conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro, la condanna di RAGIONE_SOCIALE a pagare tutte le retribuzioni medio tempore maturate ovvero l’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto nella misura massima, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 18 L. n. 300/1970; in subordine la declaratoria di illegittimità e/o inefficacia della predetta ‘presa d’atto’ e comunque del licenziamento, il conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro, la condanna di RAGIONE_SOCIALE a pagare tutte le retribuzioni medio tempore maturate ovvero l’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto nella misura massima, ai sensi dei commi 4 e 6 dell’art. 18 L. n. 300/1970; in via ulteriormente gradata la declaratoria di illegittimità e/o ingiustificatezza e/o inefficacia della predetta nota e comunque del licenziamento, la conseguente condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle indennità di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 18 L. n. 300/1970. In ogni caso chiedeva l’accertamento della natura ingiuriosa del licenziamento e quindi la condanna di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno morale -con riserva di agire in separata sede per i danni biologico e all’immagine da liquidare in via equitativa in misura pari al 50% di otto anni e sei mesi di retribuzione spettante al quadro, secondo il valore della retribuzione globale di fatto pari ad euro 2.568,40, ovvero nella diversa misura ritenuta di giustizia; in subordine l’accertamento del suo diritto all’indennità sostitutiva del preavviso e la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento a tale titolo della somma di euro 7.735,20.
2.Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava l’impugnazione all’esito della fase c.d. sommaria di cui al rito previsto dalla legge n. 92/2012 . Anche l’opposizione del lavoratore veniva rigettata.
3.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME proponeva reclamo, affidato a diciotto motivi.
Costituitosi il contraddittorio, con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva in parte il gravame e per l’effetto, in riforma della
sentenza di primo grado, dichiarava illegittima la ‘presa d’atto della nullità del contratto di lavoro’ del 19/04/2017, dichiarava il diritto del COGNOME al pagamento delle retribuzioni maturate medio tempore fino alla sentenza di secondo grado, oltre accessori, e compensava le spese.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
i motivi di reclamo dal quarto al quattordicesimo sono fondati in base all’assorbente rilievo che l’art. 18 d.l. n. 112/2008, conv. in L. n. 133/2008 è entrato in vigore in data 22/10/2008, ossia sessanta giorni successivi all’entrata in vigore della legge di conversione, sicché quale nuova norma imperativa, non è applicabile ai contratti di lavoro stipulati anteriormente (Cass. n. 21724/2018; Cass. n. 21893/2020);
nel caso di specie il COGNOME è stato assunto il 22/09/2008 e quindi l’art. 18 cit. non è applicabile al suo contratto di lavoro;
non è utile il richiamo da parte di RAGIONE_SOCIALE all’art. 10 del regolamento all. A) al r.d. n. 148/1931, che prevede la verifica delle attitudini mediante ‘esami, saggi preliminari, titoli od altri elementi di giudizio’, ma non prevede alcuna procedura concorsuale e/o comparativa;
RAGIONE_SOCIALE non ha allegato che il COGNOME non fosse stato sottoposto ad alcuna valutazione ed anzi il reclamante ha esibito prova contraria, rappresentato dal provvedimento n. 93 dell’amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE;
neppure è utile il richiamo al codice interno adottato da RAGIONE_SOCIALE nel 2007, ossia da un soggetto privato che non era ancora tenuto al rispetto delle procedure concorsuali tipiche del pubblico impiego, rispetto imposto a norma dell’art. 18 d.l. n. 112/2008, sicché quel codice ha valore di un atto interno e non di un regolamento;
il mancato rispetto di quel codice, alla data di assunzione del COGNOME, poteva valere solo come motivo di annullabilità per vizio del consenso -ma il COGNOME ha eccepito la prescrizione di una simile azione -e non quale vizio comportante nullità, poiché non si tratta di norma imperativa;
la ‘presa d’atto della nullità del contratto di lavoro’ è pertanto illegittima;
non possono essere adottati i provvedimenti di cui all’art. 18 L. n. 30/1970, perché la ‘presa d’atto’ non è qualificabile come licenziamento;
può invece essere accolta la domanda di una pronunzia accertativa del credito, atteso che, esclusa la nullità dell’atto di assunzione e considerato che non è stato intimato un licenziamento, il rapporto di lavoro non è mai cessato, con conseguente obbligo di RAGIONE_SOCIALE di pagare le retribuzioni maturate fino ad oggi;
sussiste infatti un’ipotesi di mora credendi , perché RAGIONE_SOCIALE ha rifiutato e continua a rifiutare di ricevere la prestazione lavorativa.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
6.- Per RAGIONE_SOCIALE si è costituito nuovo difensore in sostituzione di quello originario, nelle more deceduto.
7.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
8.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 18 d.l. n. 112/2008 e 35, co. 3, d.lgs. n. 165/2001 per avere la Corte territoriale ritenuto che la norma imperativa dell’art. 18 cit. sia divenuta applicabile solo in data 20 ottobre 2008, ossia al sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del 06 agosto 2008 (+ 15 gg. di vacatio = 21 agosto + 60 gg. = 20 ottobre), laddove questo differimento riguardava solamente l’obbligo di adozione del regolamento di disciplina delle assunzioni.
Il motivo è infondato.
Nella sua originaria formulazione l’art. 18 d.l. n. 112/2008, rubricato ‘ disponeva:
‘
dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle società ‘art 1 della legge di conversione n.
133/2008 veniva
disposto: ‘
Non rileva l’introduzione del co. 2 bis ad opera dell’art. 19 L. n. 78/2009, perché successiva ai fatti di causa.
Questa Corte ha più volte affermato che la nuova disciplina del reclutamento del personale per le società cc.dd. in house è entrata in vigore solo al sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto legge (Cass. n. 21724/2018; Cass. ord. n. 28621/2020; Cass. ord. n. 4571/2022; Cass. ord. n. 6171/2023).
Peraltro si trattava di una disposizione non coerente con la natura privatistica della società (per quanto in house ) e quindi con la natura prettamente privatistica dei rapporti di lavoro subordinato con i propri dipendenti. Quindi era evidente la necessità -avvertita dal legislatore -di lasciare un congruo spatium temporis a quelle società per adeguare i propri sistemi di assunzione alla nuova norma imperativa, densa di conseguenze invalidanti sui contratti di lavoro subordinato. Quindi quel differimento -contrariamente alla tesi della ricorrente -atteneva in radice all’applicabilità del nuovo principio e non soltanto al potere-dovere di emanare regolamenti ‘attuativi’ di quel principio.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 10, all. A al r.d. n. 148/1931 per avere la Corte territoriale ritenuto che l’assunzione del COGNOME fosse comunque avvenuta sulla base di ‘esami, saggi
preliminari, titoli od altri elementi di giudizio’ in virtù del provvedimento NUMERO_DOCUMENTO dell’amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile, perché sollecita a questa Corte una diversa interpretazione di quel ‘provvedimento’, prodromico all’assunzione, che invece è riservata al giudice di merito.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. dovuta all’omesso esame dell’eccezione di aliunde perceptum e percipiendum , sollevata da RAGIONE_SOCIALE nella sua memoria alle pp. 38 e 39.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha espressamente affermato che, non sussistendo alcun atto negoziale del datore di lavoro volto all’estinzione del rapporto di lavoro, questo doveva ritenersi ancora in atto, con conseguente configurazione di una mora credendi di RAGIONE_SOCIALE e del diritto del COGNOME a tutte le retribuzioni. Ne consegue che i giudici d’appello hanno univocamente, sia pure implicitamente, escluso l’applicabilità della compensatio lucri cum damno , rilevante solo in tema di risarcimento del danno. Pertanto non sussiste alcuna omissione di pronunzia, bensì un rigetto implicito di quell’eccezione.
4.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge, con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 03/04/2024.
La Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME