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Assorbimento superminimo: conta il comportamento

Un gruppo di lavoratori ha citato in giudizio la propria azienda per l’illegittimo assorbimento del superminimo individuale a seguito di un nuovo accordo sindacale. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione d’appello, ha stabilito che il comportamento tenuto dall’azienda per oltre un decennio, durante il quale non ha mai applicato l’assorbimento in occasione di precedenti rinnovi contrattuali, è un elemento decisivo per interpretare la volontà delle parti. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato il caso per una nuova valutazione che tenga conto di tale condotta.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assorbimento Superminimo: Quando il Comportamento dell’Azienda Vale Più delle Parole

Nel complesso mondo del diritto del lavoro, la questione dell’assorbimento superminimo rappresenta una delle tematiche più delicate e dibattute, poiché incide direttamente sulla retribuzione dei dipendenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su questo istituto, sottolineando un principio fondamentale: per interpretare correttamente una clausola contrattuale, non basta fermarsi al significato letterale delle parole, ma è essenziale considerare il comportamento concreto tenuto dalle parti nel corso del tempo. Analizziamo insieme questa importante decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Una Prassi Consolidata Messa in Discussione

Un gruppo di dipendenti di una grande società di telecomunicazioni percepiva da anni un ‘superminimo’, ovvero un importo aggiuntivo alla retribuzione base prevista dal contratto collettivo. Le clausole individuali prevedevano che tale superminimo fosse ‘assorbibile in occasione di eventuali aumenti collettivi e/o passaggi di livello’.

Tuttavia, per oltre un decennio e nonostante diversi rinnovi del contratto collettivo nazionale, l’azienda non aveva mai proceduto a tale assorbimento. La situazione è cambiata nel 2018, quando, a seguito di un accordo sindacale che introduceva un nuovo elemento retributivo, la società ha deciso di ‘assorbire’ il superminimo, riducendo di fatto l’aumento spettante ai lavoratori. I dipendenti hanno quindi agito in giudizio, sostenendo l’illegittimità di tale operazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Importanza del Comportamento Successivo

Mentre i giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione all’azienda, basandosi sul tenore letterale della clausola contrattuale, la Corte di Cassazione ha ribaltato la prospettiva. Accogliendo il ricorso dei lavoratori, la Suprema Corte ha affermato che la Corte d’Appello ha commesso un errore nel non attribuire il giusto peso al comportamento complessivo delle parti, in particolare a quello della società datrice di lavoro.

L’Errore della Corte d’Appello nell’interpretazione della clausola sull’assorbimento superminimo

L’errore fondamentale, secondo la Cassazione, è stato quello di aver invertito i termini del ragionamento ermeneutico. La Corte d’Appello ha ritenuto la clausola chiara e ‘omnicomprensiva’, escludendo a priori la rilevanza della prassi aziendale decennale. Invece, proprio perché la clausola si limitava a un generico riferimento ad ‘aumenti collettivi’ senza specificare se si trattasse di contrattazione nazionale o aziendale, la sua portata era dubbia. In questo contesto, il comportamento successivo delle parti diventa uno strumento interpretativo cruciale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione sull’articolo 1362 del Codice Civile, che impone all’interprete di indagare quale sia stata la ‘comune intenzione delle parti’ senza limitarsi al senso letterale delle parole. Il comportamento successivo è uno degli elementi più significativi per ricostruire questa volontà comune.

Il fatto che l’azienda, per oltre dieci anni e in occasione di due o tre rinnovi del CCNL, si sia costantemente astenuta dall’assorbire il superminimo, rappresenta una manifestazione univoca della sua volontà di escludere gli aumenti derivanti dalla contrattazione nazionale dall’ambito di applicazione della clausola di assorbimento. Ignorare questa prassi consolidata, come ha fatto la Corte d’Appello, significa violare i canoni legali di interpretazione del contratto.

In sostanza, il percorso logico corretto non è partire dalla presunta chiarezza del testo per escludere la rilevanza del comportamento, ma, al contrario, utilizzare il comportamento per far luce sulla reale portata di un testo che, nella sua genericità, si presta a diverse interpretazioni.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio di grande importanza pratica: nei rapporti di durata, come il rapporto di lavoro, le prassi consolidate e i comportamenti reiterati nel tempo possono assumere un valore contrattuale e servono a definire la reale volontà delle parti. Per i lavoratori, significa che un diritto acquisito di fatto attraverso una prassi costante del datore di lavoro può essere tutelato anche se la lettera del contratto individuale potrebbe suggerire una diversa interpretazione. Per le aziende, è un monito a considerare attentamente le implicazioni delle proprie prassi gestionali, poiché queste possono creare affidamenti legittimi e diventare vincolanti nel tempo, anche andando oltre il testo scritto di un accordo.

Che cos’è l’assorbimento del superminimo?
È il meccanismo per cui un compenso aggiuntivo individuale (superminimo) viene ridotto o annullato in concomitanza con aumenti salariali generali previsti dai contratti collettivi. Se la clausola lo prevede, l’aumento collettivo viene ‘assorbito’ dal superminimo, senza un reale incremento della retribuzione totale del dipendente.

Il comportamento di un’azienda che per anni non assorbe il superminimo ha valore legale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il comportamento tenuto dalle parti dopo la firma del contratto è un criterio fondamentale per interpretare la loro comune intenzione. Se un’azienda per oltre un decennio non applica l’assorbimento in occasione dei rinnovi contrattuali, tale condotta è decisiva per ritenere che la volontà originaria fosse quella di escludere gli aumenti nazionali dalla clausola di assorbimento.

Una clausola che prevede l’assorbimento è sempre sufficiente per giustificarlo?
No, non sempre. La sentenza chiarisce che anche una clausola apparentemente chiara deve essere interpretata alla luce del comportamento complessivo delle parti. Se la condotta successiva (come il mancato assorbimento per anni) è incoerente con il tenore letterale, l’interprete deve dare prevalenza alla volontà comune manifestata attraverso i fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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