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Assenza ingiustificata: quando il licenziamento è ok

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento per assenza ingiustificata di una lavoratrice che, decaduta dal diritto a un congedo straordinario, non ha ripreso servizio per oltre 40 giorni senza fornire comunicazioni al datore di lavoro. La Corte ha ritenuto che una simile condotta lede in modo insanabile il rapporto fiduciario, rendendo irrilevante l’assenza di un danno economico per l’azienda e giustificando la massima sanzione disciplinare.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assenza Ingiustificata Prolungata: Licenziamento Legittimo anche Senza Danno Economico

Introduzione: Il Dovere di Comunicazione del Lavoratore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale nel diritto del lavoro: la prolungata assenza ingiustificata dal posto di lavoro costituisce una violazione talmente grave degli obblighi contrattuali da legittimare il licenziamento per giusta causa. Il caso esaminato chiarisce che il lavoratore ha un preciso dovere di comunicare con il proprio datore di lavoro e non può addurre scuse o fraintendimenti per giustificare un’assenza protratta, in quanto tale comportamento mina alla base il rapporto fiduciario che è essenziale per la continuazione del rapporto di lavoro.

I Fatti di Causa: Dal Congedo Straordinario al Licenziamento

La vicenda riguarda una dipendente di una società alberghiera, la quale si trovava in congedo straordinario per assistere un familiare disabile. A seguito del ricovero ospedaliero del familiare, il diritto al congedo è venuto meno. Nonostante fosse pienamente consapevole di questa circostanza, la lavoratrice non ha ripreso servizio né ha fornito alcuna comunicazione al datore di lavoro per oltre 40 giorni.

La società, dopo aver atteso invano il suo rientro e averle corrisposto per errore un’intera mensilità, ha avviato un procedimento disciplinare che si è concluso con il licenziamento per giusta causa. La lavoratrice ha impugnato il licenziamento, ottenendo inizialmente ragione in primo grado, ma la Corte d’Appello ha successivamente riformato la decisione, dichiarando legittimo il recesso del datore di lavoro.

L’Assenza Ingiustificata e la Valutazione della Cassazione

La lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove e della normativa sulla giusta causa di licenziamento. Ha sostenuto, tra le altre cose, di aver creduto in buona fede che l’INPS avrebbe informato il datore di lavoro e ha addotto giustificazioni legate alla situazione pandemica e alla ridotta operatività dell’hotel.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili e infondati tutti i motivi di ricorso. Ha chiarito che il compito della Cassazione non è riesaminare i fatti del processo, ma verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente e logicamente motivato la sua decisione, basandosi sulle prove testimoniali che dimostravano la piena consapevolezza della lavoratrice riguardo alla cessazione del suo diritto al congedo e al conseguente obbligo di riprendere servizio.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su alcuni pilastri giuridici chiari. In primo luogo, l’obbligo di comunicazione grava direttamente sul lavoratore; non è possibile scaricare tale responsabilità su terzi, come l’INPS. L’inerzia della lavoratrice, protrattasi per un periodo così lungo, è stata interpretata come una chiara violazione degli obblighi di diligenza e buona fede.

In secondo luogo, è stato sottolineato che l’assenza ingiustificata prolungata lede in modo irreparabile il rapporto fiduciario. Ai fini della legittimità del licenziamento, non è necessario che il datore di lavoro dimostri di aver subito un danno economico specifico. La gravità della condotta risiede nella violazione stessa degli obblighi fondamentali del rapporto di lavoro, che ne impedisce la prosecuzione. La Corte ha inoltre giudicato irrilevanti le giustificazioni tardive della lavoratrice, come la presunta ridotta necessità di personale, poiché spetta unicamente al datore di lavoro valutare le esigenze organizzative dell’azienda.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rafforza un principio consolidato: il lavoratore ha un dovere primario di correttezza e comunicazione nei confronti del datore di lavoro. L’assenza ingiustificata e non comunicata per un periodo significativo è una delle più gravi inadempienze contrattuali e legittima il licenziamento per giusta causa. Questa decisione serve da monito, evidenziando che la buona fede non può essere presunta, ma deve manifestarsi in comportamenti concreti, primo fra tutti quello di informare tempestivamente il proprio datore di lavoro di ogni circostanza che incida sulla prestazione lavorativa.

Chi ha l’obbligo di comunicare al datore di lavoro la cessazione di un congedo e il conseguente obbligo di rientro?
L’obbligo di comunicare la fine del periodo di congedo e di riprendere servizio grava direttamente ed esclusivamente sulla lavoratrice. Non può essere delegato a terzi, come l’INPS, né si può presumere che altri adempiano a tale dovere.

Un’assenza ingiustificata di oltre 40 giorni costituisce sempre giusta causa di licenziamento?
Secondo la sentenza, un’assenza così prolungata, consapevole e non comunicata, costituisce una violazione talmente grave da ledere irreparabilmente il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, integrando così gli estremi della giusta causa di licenziamento.

Per licenziare per assenza ingiustificata, il datore di lavoro deve dimostrare di aver subito un danno economico?
No, la Corte ha specificato che il danno economico non è un elemento costitutivo necessario per legittimare il licenziamento. La gravità risiede nell’inadempimento degli obblighi fondamentali del lavoratore e nella lesione del rapporto fiduciario, a prescindere dalle conseguenze economiche immediate per l’azienda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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