Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. L Num. 8683 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 8683 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 15740-2021 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALEA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 496/2020 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 10/11/2020 R.G.N. 807/2018; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME;
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/01/2024
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO
NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udito l’AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda dell ‘ odierno ricorrente, figlio superstite di persona riconosciuta vittima innocente di criminalità organizzata, volta ad ottenere i benefici previsti in favore dei familiari superstiti.
La Corte territoriale, esclusa la decadenza della domanda ai sensi all’art. 6 della legge nr. 302 del 1990, affermata dal Tribunale, ha, comunque, giudicato infondata l’impugnazione della parte privata.
Chiarito il perimetro del gravame, circoscritto « all’assegno vitalizio», la Corte di appello ha escluso il diritto dell’appellante, per difetto dei requisiti costitutivi dello stesso .
In particolare, pur dando atto che la normativa di riferimento era, nel tempo, mutata, ha ritenuto che la «vivenza a carico», nella specie non sussistente, restasse requisito imprescindibile per il riconoscimento del diritto in discussione.
Ha proposto ricorso, per la cassazione della sentenza, la parte privata con un motivo, successivamente illustrato con memoria. Ha resistito il Ministero con controricorso.
La causa, originariamente fissata in adunanza camerale, è stata rimessa all’odierna udienza pubblica.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso , ai sensi dell’ art. 360 nn. 3 e 4 cod.proc.civ., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della legge nr. 466 del 1980, degli artt. 1 e 2 della legge nr. 407 del 1998, de ll’art. 82, commi 1 e 4, della legge nr. 388 del 2000 nonché nullità della sentenza.
Il ricorrente assume l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, sulla base di un’errata esegesi della normativa di riferimento, che il beneficio « dell’assegno vitalizio» spettasse esclusivamente ai figli a carico, al momento del decesso, condizione, invece, non più richiesta all’esito degli interventi di modifica resi, in ultimo, dall’ art. 2, comma 105, della legge nr. 244 del 2007.
Il motivo devolve alla Corte la questione dell’individuazione dei familiari superstiti delle vittime del la criminalità organizzata, destinatari , tra l’altro, de ll’ assegno vitalizio stabilito dall’art. 2 della legge nr. 407 del 1998 (assegno mensile nella misura rivalutata , all’attualità, di euro 500,00 mensili) che viene indicato nella sentenza impugnata come specifico oggetto del contendere (v. secondo paragrafo dello svolgimento del processo della sentenza nr. 496/2020 indicata in epigrafe).
Si tratta, in particolare, di stabilire se, tra i familiari superstiti, debbano o meno includersi i figli non a carico della vittima, al momento del decesso, in presenza del coniuge superstite.
Costituisce presupposto di fatto della decisione impugnata -incontestato tra le parti -che l’ odierno ricorrente, figlio superstite di vittima di criminalità organizzata, non si trovasse nella condizione sopra indicata.
Il tema non è stato mai affrontato dalla Corte con specifico riferimento ai figli superstiti di vittime di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni di cui all’art. 416 bis cod.pen.
14. La Corte si è piuttosto occupata dei figli superstiti delle vittime del dovere e, a partire dalla pronuncia nr. 11181 del 2022, ha ritenuto che il beneficio di cui qui si controverte non competesse ai figli non a carico fiscale della vittima all’epoca del decesso ove il coniuge avente diritto fosse vivente.
E tuttavia, il precedente della Suprema Corte, confermato da numerosi altri, assume importanza anche ai fini della presente decisione, poiché viene in rilievo il medesimo impianto normativo e si discute dell’interpretazione della medesima disposizione.
Come meglio si andrà ad evidenziare, il Collegio nutre perplessità circa la soluzione ricostruttiva adottata da Cass. nr. 11181 del 2022 (e successive conformi).
La legge nr. 466 del 1980 (recante «Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche») stabiliva ( art. 2) per le «vittime del dovere» (in cui rientravano anche le vittime del terrorismo e della criminalità), il beneficio della «speciale elargizione» da corrispondersi, a norma del successivo art. 6, «nei casi in cui compete (va) alle famiglie», secondo il seguente ordine: 1) coniuge superstite e figli se a carico; 2) figli, in mancanza del coniuge superstite o se lo stesso non abbia diritto a pensione; 3) genitori; 4) fratelli e sorelle se conviventi a carico.
In base all’art. 6 , tuttora vigente, dunque, il diritto dei figli presuppone che essi, all’epoca del decesso, siano a carico fiscale del deceduto. L’espansione del beneficio, in favore dei
figli non conviventi, richiede l’assenza del coniuge superstite o il mancato godimento della pensione da parte di quest’ultimo.
Con la legge successiva nr. 407 del 1998, il Legislatore attribuisce alle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata, oltre alle elargizioni di cui alla legge n. 302 del 1990 (nelle more intervenuta a disciplinare specificamente le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) il beneficio di «un assegno vitalizio, non reversibile, di lire 500 mila mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all’art. 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 e successive modificazioni» ( art. 2).
S i tratta dell’assegno elevato a euro 500 mensili a decorrere dal 1° gennaio 2004, ai sensi dell’art. 4, comma 238, della legge nr. 350 del 2003.
21 . Detto assegno, nell’impianto normativo originario della legge (prima cioè delle modifiche apportate dalla legge nr. 388 del 2000: v ., infra , § 23), era riconosciuto alle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata e ai «superstiti delle vittime di azioni terroristiche» non anche ai superstiti delle vittime di criminalità organizzata .
Per «superstiti», a norma dell’art. 2, comma 2, della legge nr. 407 del 1998 istitutiva dell’assegno vitalizio, continuano ad intendersi i familiari indicati dall’art. 6 della legge nr. 466 del 1980 di cui si è detto, nell’ordine ivi precisato.
23 . L’estensione dell’assegno vitalizio in oggetto ai familiari «superstiti» delle vittime della criminalità organizzata si realizza, poi, con l’art. 82, comma 9, lett. a), della legge nr. 388 del 2000.
Successivamente il Legislatore introduce un altro assegno vitalizio.
È lo «speciale assegno vitalizio» di euro 1033 mensili.
La legge nr. 206 del 2004 attribuisce alle vittime del terrorismo nonché «ai superstiti compresi i figli maggiorenni», con decorrenza dalla sua entrata in vigore ( 26.08.04), uno «speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni» ( art. 5, comma 3).
Questa volta, nel novero dei superstiti, compaiono «i figli maggiorenni».
28 . Riassumendo, all’indomani della legge nr. 206 del 2004 , gli «assegni vitalizi» normativamente previsti risultano così attribuiti ai familiari superstiti:
-l’assegno vitalizio, non reversibile, di lire 500 mila mensili (rivalutato, oggi, nella misura di euro 500 mensili) spetta ai superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, secondo le indicazioni dell’art. 6 della legge nr. 466 del 1980. In particolare, quanto alla categoria che qui interessa, è attribuito ai «figli a carico», in presenza del coniuge superstite;
-lo speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili spetta ai superstiti delle (sole) vittime del terrorismo ed è attribuito ai «figli maggiorenni».
Il sistema così delineato è oggetto di ulteriori interventi normativi.
Il DPR nr. 243 del 2006 (art. 4 lett.b), in attuazione della dichiarata volontà legislativa di «progressiva estensione» dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo anche alle vittime del dovere, riconosce, a decorrere dal 2006, alle vittime del dovere e categorie equiparate nonché ai «familiari superstiti» l’assegno vitalizio di
cui alla legge nr. 407 del 1998 ( quello, per intenderci, stabilito nella misura originaria di 500 mila lire).
All’esito di tale ultimo intervento, l’assegno vitalizio di lire 500 mila lire mensili, sia pure con diverse decorrenze, è attribuito alle vittime di tutte le categorie e ai medesimi familiari superstiti; questi ultimi, in relazione a detta provvidenza, restano individuati nelle persone indicate dall’art. 6 della legge nr. 466 del 1980 e, quindi, per quanto qui rileva, nei «figli a carico».
Si giunge, così, all’art. 2, commi 105 e 106, della legge nr. 244 del 2007 ( finanziaria del 2008), la cui interpretazione costituisce il punto più delicato della questione.
Il comma 105, stabilisce che «A decorrere dal 1° gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti sono erogati i benefìci di cui all’articolo 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206 («Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice»), come modificato dal comma 106».
Il successivo comma 106 aggiunge, alla parte finale dell’art. 5, comma 3, il seguente periodo: «Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni».
Il testo dell’art. 5 della legge nr. 204 del 2006, all’esito dell’intervento di modifica è, dunque, il seguente:
«A chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un’invalidità nonché ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, è concesso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni».
36. Come si è detto in apertura, pronunciandosi in merito all’art. 2, comm i 105 e 106 , l’orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. nr. 11181 del 2022 (e da plurime conformi) ritiene che la predetta disposizione estenda, ai superstiti delle vittime del dovere (ma il ragionamento varrebbe anche per i superstiti delle vittime di criminalità organizzata che qui interessano) esclusivamente «i benefici» richiamati, senza interferire con la platea dei destinatari; questi resterebbero fissati nelle categorie di familiari stabilita dall’art. 6 della legge nr. 466 del 1980.
37. Il principio di diritto è espresso in questi termini: «I superstiti delle vittime del dovere, aventi titolo – in virtù di quanto disposto dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 105, al beneficio di cui alla L. n. 206 del 2004, art. 5, commi 3 e 4, come modificato dal citato art. 2, comma 106, sono quelli individuati dalla L. n. 466 del 1980, art. 6, ai sensi del quale il beneficio non compete ai figli non a carico fiscale della vittima all’epoca del decesso ove il coniuge avente diritto sia vivente, in coerenza con la finalità assistenziale delle provvidenze, dirette ad indennizzare i familiari colpiti, in ragione del pregiudizio
subito in conseguenza del traumatico mutamento delle proprie condizioni di vita».
L’art. 6 cit. detterebbe, cioè, una regola di carattere generale quando i benefici spettano «alle famiglie», stabilendo, secondo il preciso ordine che segue, la categoria dei beneficiari:
coniuge superstite e figli se a carico;
figli, in mancanza di coniuge superstite o se lo stesso non abbia diritto alla pensione;
genitori;
fratelli e sorelle se conviventi a carico.
Più precisamente, l’art. 6, secondo l’ indicata pronuncia della Corte disegnerebbe i confini del rapporto di familiarità con riferimento ai superstiti delle vittime del dovere (e, per coerenza di sistema, anche per i superstiti delle vittime della criminalità organizzata), ai fini del godimento dei benefici di legge derivanti dal dante causa.
La Corte Suprema ha, in sostanza, avvalorato la tesi del Ministero, riproposta pure con l’odierno controricorso, in base alla quale l’ampliamento di tutela, realizzato dalla legge nr. 244 del 2007 in virtù del rinvio operato dall’art. 2, comma 105, all’art. 5, commi 3 e 4, della legge nr. 206 del 2004, avrebbe riguardato esclusivamente determinati «benefici» e non anche la platea dei beneficiari.
Come sopra anticipato, i principi espressi da Cass. nr. 11181 del 2022 sono stati ribaditi in numerose pronunce successive della Corte (tra le tante, Cass. nn. 36514, 35529, 6424 del 2023).
In queste ultime, si è anche osservato come «L’interpretazione del (mero) rinvio oggettivo» fosse coerente con i principi affermati da Cass., sez.un., nr. 22753 del 2018.
Il Collegio ha dubbi sulla solidità ermeneutica degli approdi giurisprudenziali fino ad oggi raggiunti.
Il dubbio che si viene di seguito ad illustrare -e che attiene alla difficoltà di differenziare, alla stregua del dato normativo, la platea dei familiari beneficiari, in specie i figli, a seconda che si tratti di vittime del terrorismo piuttosto che di vittime della criminalità organizzata o del dovere- ha ricadute non solo in termini di contrasto giurisprudenziale ma, più in generale, in un settore di notevole impatto economico e sociale. Per tale ragione, si ritiene che la soluzione da adottare rivesta particolare importanza e debba essere resa da parte della Corte di legittimità nella sua più alta espressione della nomofilachia.
In primo luogo, non ignora il Collegio che le sezioni unite hanno affermato, con riferimento alla categoria delle vittime del dovere, che «i superstiti sono quelli individuati nella L. n. 466 del 1980, art. 6» (v. in motivazione, §. 22).
Tuttavia, la pronuncia nr. 22753 è stata resa in relazione alla diversa categoria dei fratelli e delle sorelle e si è occupata, in particolare, della portata applicativa dell’art. 82, comma 4, della legge nr. 388 del 2000.
In questa sede rileva, invece, principalmente l ‘art. 2, commi 105 e 106, della legge nr. 244 del 2006 ed è in relazione all’interpretazione d i tale disposizione che il Collegio non ritiene di poter condividere i propri precedenti.
Il comma 105, infatti, richiama ed estende alle vittime del dovere e della criminalità organizzata i benefici di cui all’art. 5, commi 3 e 4, della legge nr. 206 del 2004 «come modificato dal comma 106». I benefici riguardano (oltre all’attribuzione di due annualità del trattamento pensionistico del de cuius, non rilevante nella presente fattispecie: art. 5 comma 4) lo speciale
assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili e l’assegno, non reversibile, di 500 mila lire mensile (art. 5 comma 3).
48. Il comma 106 innova l’art. 5 comma 3. La disposizione si riferisce alle vittime degli atti terroristici e ai relativi superstiti. La modifica concerne il perimetro degli aventi diritto. Viene, infatti, ampliata la platea dei beneficiari. Anche per l’assegno di lire 500 mila lire mensili, a decorrere dal 26 agosto 2004, è prevista l’erogazione «altresì» in favore dei «figli maggiorenni ancorché non conviventi».
39. La norma ( art. 2 comma 106) -per la categoria delle vittime di atti terroristici- uniforma, quanto al piano degli aventi diritto, la disciplina dell’assegno vitalizio di lire 500 mila lire mensili a quella dello speciale assegno vitalizio di euro 1033 mensili che, con la medesima decorrenza (26 agosto 2004), già stabiliva l’erogazione della provvidenza ai figli maggiorenni.
40. Ora, sebbene la formulazione dell’art. 2, commi 105 e 106, non brilli per estrema chiarezza, a giudizio del Collegio, il richiamo, nel comma 105, ai «benefici» dell’art. 5 «come modificato dal comma 106» ha il significato, già sul piano letterale, di estendere, a decorrere dal 2008, alle categorie delle vittime della criminalità organizzata e del dovere la disciplina delle vittime degli atti terroristici, così come innovata, e quindi nella sua complessiva portata, tanto oggettiva (riferita ai benefici) quanto soggettiva ( riferita alla platea degli aventi diritto).
41. Giova ripetere che l’art. 5 della legge nr. 206 del 2004, come risultante dalle modifiche apportate dal legislatore del 2007, prevede entrambi gli assegni vitalizi di cui si è detto: quello di euro 1033 mensili e quello originariamente stabilito nella misura di 500 mila lire mensili.
47 . L’approdo esegetico offerto, sino ad ora, dalla Corte finisce per svilire la portata innovativa della disposizione.
48. L ‘assegno vitalizio ex art. 2 della legge nr. 407 del 1989 (quello di 500 mila lire) già era riconosciuto alla platea dei soggetti che qui interessano. In particolare, il beneficio era stato esteso ai «superstiti» delle vittime della criminalità organizzata, per effetto dell’a rt. 82 della legge nr. 388 del 2000 e ai «superstiti» delle vittime del dovere, per effetto dell’art. 4 ( lett.b) del DPR nr. 243 del 2006, a decorrere dal 2006.
49. Alcun senso avrebbe dunque la novella del 2007 nella parte in cui eroga «a decorrere dal 2008 alle vittime della criminalità organizzata e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti i benefìci di cui all’art. 5, commi 3, della legge nr. 206 del 2004» ( tutti e non alcuni soltanto) se ad essa non si attribuisse la funzione di ampliare, per il futuro, non solo le provvidenze (nello specifico, lo speciale assegno vitalizio) ma, altresì, il perimetro dei beneficiari, inglobando, tra gli aventi diritto, anche i «figli maggiorenni ancorché non conviventi».
50 . Vi è di più. Seguendo l’orientamento espresso da Cass. nr. 11181 cit. e successive, l’art. 2 della legge nr. 244 del 2007 , piuttosto che rispondere ad una logica estensiva nonché di semplificazione e tendenziale unificazione della materia, realizzerebbe l’effetto opposto, ovvero quello di una maggiore diversificazione dei regimi giuridici: l’assegno vitalizio di lire 500 mila lire mensile, infatti, che, fino al 2007, era destinato agli stessi familiari superstiti, qualunque fosse la vittima (v. supra § 31), all’indomani dell’intervento normativo, vedrebbe differenziata la platea degli aventi diritto, in rapporto alla diversa natura delle vittime, se decedute per effetto di atti
terroristici o, invece, in conseguenza di reati connessi alla criminalità organizzata o per attività di servizio.
In ultimo, non è condivisibile quanto sostenuto nella sentenza impugnata, in punto di «vivenza a carico» e «convivenza».
È indubbio che le due nozioni esprimano, da un punto di vista giuridico, concetti differenti.
Tuttavia, ciò che rileva nella fattispecie è chiarire il senso espresso dalle parole «figli maggiorenni ancorché non conviventi».
54 . Va rammentato che, alla stregua dell’indicazione ricavabile dall’art. 13, comma 3, DPR nr. 510 del 1999, per persona a carico si intende il familiare non in grado, al momento dell’evento, di provvedere autonomamente al proprio sostentamento e fiscalmente a carico.
Nel caso in esame, il riferimento ai «figli maggiorenni», contenuto nell’art. 5 della legge nr. 206 del 2004, sin dalla sua iniziale formulazione, e ai «figli maggiorenni ancorché non conviventi», ribadito, più incisivamente, dall’art. 2, comma 106, della legge nr. 244 del 2007, non può che avere il significato di individuare i figli economicamente autonomi e non fiscalmente a carico.
56. Diversamente, l ‘inclusione nel novero dei beneficiari dei «figli maggiorenni» , con l’ulteriore e successiva precisazione, «ancorché non conviventi» risulterebbe inutiliter data, a fronte di una espressione «figli a carico» contenuta nell’art. 6 della legge nr. del 1980 che, per la sua genericità e la voluta assenza di precise indicazioni (che si ritrovano, invece, a proposito dei fratelli e delle sorelle), sarebbe di per sé idonea a ricomprendere, nel suo perimetro, tanto i figli conviventi quanto
quelli non conviventi, a prescindere dall’età anagrafica, purché finanziariamente non autonomi.
57. Pertanto, avendo la Corte pronunciato in modo difforme alle conclusioni che qui si propongono, va rimessa alle Sezioni Unite l’interpretazione dell’art. 2, comma 105, della legge nr. 244 del 2007 che, per le ragioni sopra esposte, configura anche questione di massima di particolare importanza. In particolare, dovrà stabilirsi se la norma là dove prevede che «A decorrere dal 1° gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti sono erogati i benefìci di cui all’articolo 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106» debba essere interpretata come disposizione che estende alle vittime della criminalità organizzata e del dovere la disciplina concernente i benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo, anche per ciò che riguarda l’individuazione dei familiari beneficiari, o se, viceversa, debba interpretarsi, come già ritenuto da questa Corte, come disposizione che estende determinate prestazioni alle vittime della criminalità organizzata e del dovere -e ai superstiti delle stesse- senza tuttavia modificare l’impianto originario di individuazione delle categorie dei familiari superstiti aventi diritto, che resta quello tracciato dall’art. 6 della legge nr. 466 del 1980.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374, comma 2, cod.proc.civ.