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Assegno sociale: viaggi lunghi negano il diritto

Un cittadino straniero si è visto negare l’assegno sociale poiché i suoi numerosi e prolungati viaggi nel paese d’origine sono stati ritenuti un’interruzione del requisito di soggiorno continuativo decennale in Italia. Il Tribunale ha stabilito che la residenza legale non è sufficiente se non accompagnata da una permanenza di fatto, stabile e radicata nel territorio nazionale.

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Pubblicato il 26 dicembre 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno Sociale Negato: Quando i Viaggi all’Estero Interrompono la Residenza Continuativa

L’assegno sociale rappresenta una fondamentale misura di sostegno per le persone anziane in difficoltà economica. Tuttavia, l’accesso a questa prestazione è subordinato a requisiti stringenti, tra cui quello del soggiorno legale e continuativo in Italia per almeno dieci anni. Una recente sentenza del Tribunale di Brescia ha chiarito come questo requisito debba essere interpretato, sottolineando la differenza tra residenza formale e permanenza effettiva sul territorio.

Il caso analizzato riguarda un cittadino straniero, familiare di un cittadino dell’Unione Europea, che si è visto rigettare la domanda per l’assegno sociale a causa dei suoi frequenti e prolungati viaggi nel paese d’origine. La decisione del giudice offre spunti cruciali per comprendere il concetto di “soggiorno continuativo” e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il ricorrente, residente in Italia dal 2009, aveva presentato domanda per l’assegno sociale nel 2019, ritenendo di soddisfare tutti i requisiti di legge, inclusi i dieci anni di soggiorno. A sostegno della sua richiesta, evidenziava di possedere una carta di soggiorno e di rispettare i limiti reddituali previsti.

L’ente previdenziale, tuttavia, ha respinto la domanda e il successivo ricorso amministrativo, sostenendo che non fosse stato accertato il requisito della permanenza continuativa. Dall’analisi dei passaporti del richiedente, infatti, emergevano numerosi viaggi nel suo paese d’origine, effettuati ogni anno dal 2010 al 2019. Questi soggiorni all’estero non erano semplici visite di breve durata, ma assenze prolungate, talvolta di diversi mesi, che in alcuni anni raggiungevano quasi la metà del periodo annuale.

La Questione Giuridica: Requisito del Soggiorno Continuativo per l’Assegno Sociale

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 20, comma 10, del D.L. n. 112/2008, che subordina l’erogazione dell’assegno sociale a chi abbia “soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale”.

Il Tribunale è stato chiamato a decidere se la residenza anagrafica fosse sufficiente a integrare tale requisito o se fosse necessaria una valutazione della permanenza effettiva e del reale radicamento del soggetto in Italia. La difesa del ricorrente sosteneva che i viaggi fossero semplici “visite alla propria famiglia d’origine”, non idonee a interrompere la continuità del soggiorno. L’ente, al contrario, riteneva che la sistematicità e la durata delle assenze dimostrassero un legame ancora forte con il paese d’origine, incompatibile con la nozione di soggiorno continuativo.

Le Motivazioni della Decisione del Tribunale

Il Giudice del Lavoro ha respinto il ricorso, condividendo la tesi dell’ente previdenziale. La sentenza chiarisce che la nozione di “soggiorno continuativo” ha una natura fattuale, distinta dalla mera residenza legale. La continuità, secondo il Tribunale, va intesa non come una permanenza assoluta e ininterrotta, ma come l’espressione di un effettivo radicamento sul territorio nazionale. Questo radicamento è compatibile con allontanamenti temporanei o di breve durata, ma non con assenze sistematiche e prolungate.

Nel caso specifico, l’analisi dei timbri sui passaporti ha rivelato un quadro inequivocabile: il ricorrente si era recato nel paese d’origine ogni anno, per periodi di mesi, a volte anche due volte nello stesso anno. Secondo il giudice, questa frequenza, durata e sistematicità escludono che si possa parlare di “episodici casi di meri allontanamenti temporanei”. Al contrario, dimostrano il mantenimento di un forte “radicamento d’interessi nel paese d’origine”, tale da far venir meno il requisito del soggiorno continuativo in Italia.

Di conseguenza, avendo accertato l’insussistenza di questo requisito fondamentale, il Tribunale ha ritenuto superfluo l’esame della condizione reddituale, rigettando integralmente la domanda.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per chi richiede l’assegno sociale: la residenza anagrafica decennale non è, da sola, una garanzia per ottenere il beneficio. È indispensabile dimostrare una presenza stabile e continuativa sul territorio italiano, che rifletta un reale radicamento della propria vita nel Paese.

I cittadini stranieri che intendono richiedere la prestazione devono prestare particolare attenzione alla propria cronologia di viaggi. Assenze frequenti, sistematiche e di lunga durata, anche se motivate da ragioni familiari, possono essere interpretate come un’interruzione del soggiorno continuativo, con conseguente rigetto della domanda. La sentenza serve quindi da monito: il diritto all’assegno sociale è legato non solo a un titolo di soggiorno, ma a una concreta e stabile scelta di vita in Italia.

Avere la residenza legale in Italia per 10 anni è sufficiente per ottenere l’assegno sociale?
No, la sentenza chiarisce che oltre alla residenza legale è necessario un “soggiorno continuativo” di fatto. Frequenti e lunghi periodi di assenza dal territorio nazionale possono interrompere tale continuità, anche se si mantiene la residenza anagrafica.

I viaggi nel paese d’origine per visitare la famiglia interrompono il requisito del soggiorno continuativo per l’assegno sociale?
Dipende dalla loro durata, frequenza e sistematicità. Secondo la decisione, assenze brevi e sporadiche sono compatibili con il requisito, ma viaggi sistematici, ripetuti e di lunga durata (come quelli che durano mesi ogni anno) sono considerati un’interruzione, poiché indicano il mantenimento di un forte radicamento di interessi nel paese d’origine.

Su chi ricade l’onere di provare il soggiorno continuativo per ottenere l’assegno sociale?
L’onere della prova ricade interamente sul richiedente. È la persona che chiede la prestazione a dover dimostrare, secondo le regole generali del codice civile, di possedere tutti i requisiti previsti dalla legge, incluso quello del soggiorno legale e continuativo per almeno dieci anni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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