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Assegno sociale: la rinuncia al mantenimento non esclude

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25642/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di assegno sociale. Una persona che rinuncia all’assegno di mantenimento durante il divorzio non perde automaticamente il diritto all’assegno sociale. La Corte ha chiarito che lo stato di bisogno, requisito essenziale per ottenere il beneficio, deve essere valutato in modo oggettivo, considerando l’effettiva situazione economica del richiedente. Non rileva il motivo per cui la persona si trova in difficoltà economiche, a meno che non vi sia un comportamento fraudolento. La sentenza della Corte d’Appello, che aveva negato l’assegno basandosi unicamente sulla rinuncia al mantenimento, è stata quindi annullata con rinvio per un nuovo esame dei fatti.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno Sociale: Rinunciare al Mantenimento Non Nega il Diritto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza pratica: la correlazione tra la rinuncia all’assegno di mantenimento in sede di divorzio e il diritto a percepire l’assegno sociale. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha stabilito che la scelta di non richiedere il mantenimento all’ex coniuge non può, da sola, precludere l’accesso a questa fondamentale prestazione assistenziale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: la vicenda processuale

Il caso ha origine dalla richiesta di una signora volta a ottenere la corresponsione dell’assegno sociale da parte dell’INPS. La Corte d’Appello aveva respinto la sua domanda, riformando la decisione di primo grado. La motivazione dei giudici d’appello si basava su un punto specifico: la signora, in sede di divorzio congiunto, non aveva chiesto alcuna prestazione di mantenimento, nonostante il suo ex coniuge disponesse di redditi sufficienti a garantirgliela. Secondo la Corte territoriale, questa rinuncia equivaleva a una mancanza di prova dello stato di bisogno, requisito indispensabile per ottenere il beneficio.

Ritenendo ingiusta tale decisione, la donna ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione e falsa applicazione della normativa in materia.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’assegno sociale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della signora, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il ragionamento dei giudici di legittimità si fonda su un principio cardine.

Il Principio dello Stato di Bisogno Oggettivo

La Corte ha ribadito un orientamento già consolidato: ai fini del riconoscimento dell’assegno sociale, ciò che conta è lo stato di bisogno oggettivamente considerato. Questo significa che il giudice deve verificare se i redditi del richiedente siano assenti o insufficienti rispetto al limite massimo stabilito dalla legge. La mancata richiesta di mantenimento in sede di divorzio o separazione non è, di per sé, una prova sufficiente dell’assenza dello stato di bisogno. Le ragioni di tale scelta possono essere molteplici e non necessariamente legate a una condizione di autosufficienza economica.

Irrilevanza della “Colpevolezza” dello Stato di Bisogno

Un altro punto cruciale sottolineato dalla Corte è che nessuna norma richiede che lo stato di bisogno debba essere “incolpevole”. In altre parole, la legge non impone al cittadino di attivarsi per ottenere fonti di reddito da terzi (come l’ex coniuge) prima di poter accedere alla prestazione assistenziale. L’unico limite è rappresentato da condotte fraudolente, volte a simulare artificiosamente una situazione di indigenza per approfittare della pubblica assistenza, circostanza che nel caso di specie non era stata accertata.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione evidenziando l’errore commesso dalla Corte d’Appello. Quest’ultima non ha svolto alcun accertamento concreto sulla reale situazione economica della richiedente, ma ha basato il proprio diniego esclusivamente su una scelta compiuta in un diverso processo civile (il divorzio). La Suprema Corte ha ricordato che il giudice di merito ha il dovere di valutare il tenore di vita del richiedente attraverso una serie di indicatori presuntivi (come depositi bancari, investimenti, canoni di locazione pagati, etc.) per determinare se, al di là delle dichiarazioni, esista un reddito effettivo superiore ai limiti di legge. Tale indagine, nel caso esaminato, era completamente mancata.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio di civiltà giuridica: il diritto all’assistenza sociale si fonda su una valutazione concreta e oggettiva della situazione economica di una persona. Le scelte personali, come la rinuncia al mantenimento, non possono costituire un ostacolo automatico all’accesso a prestazioni come l’assegno sociale, a meno che non si dimostri un intento fraudolento. La decisione della Cassazione impone ai giudici di merito un’analisi più approfondita e fattuale, evitando automatismi che potrebbero penalizzare ingiustamente i soggetti più vulnerabili. La causa torna quindi alla Corte d’Appello di Campobasso, che dovrà attenersi a questo principio per decidere nuovamente sulla domanda della ricorrente.

La rinuncia all’assegno di mantenimento in sede di divorzio impedisce di ottenere l’assegno sociale?
No, secondo la Corte di Cassazione la rinuncia al mantenimento non è di per sé sufficiente a negare il diritto all’assegno sociale. La valutazione deve basarsi sulla condizione economica oggettiva del richiedente.

Come viene valutato lo “stato di bisogno” per l’assegno sociale?
Lo stato di bisogno viene valutato in modo oggettivo, verificando l’assenza o l’insufficienza dei redditi percepiti rispetto al limite massimo stabilito dalla legge. Le cause che hanno determinato tale stato, salvo i casi di frode, non sono rilevanti.

Cosa deve fare il giudice per accertare correttamente lo stato di bisogno?
Il giudice non può limitarsi a considerare la mancata richiesta di mantenimento. Deve compiere un accertamento concreto sulla situazione patrimoniale e sul tenore di vita del richiedente, potendo utilizzare anche elementi presuntivi come depositi bancari, investimenti o altre spese significative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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