LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Assegno sociale: assenze e residenza continuativa

Una cittadina straniera si è vista negare l’assegno sociale per una presunta interruzione del requisito di residenza continuativa decennale. Il Tribunale ha accolto il ricorso, stabilendo che le assenze dal territorio italiano, provate tramite i timbri sul passaporto, non superavano i limiti di legge (sei mesi consecutivi o dieci mesi totali in un quinquennio). Di conseguenza, l’istituto di previdenza è stato condannato al pagamento delle somme dovute.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Assegno Sociale e Residenza Continuativa: Le Assenze Brevi non Interrompono il Diritto

L’assegno sociale rappresenta una misura di sostegno fondamentale per chi, raggiunta una certa età, si trova in condizioni di difficoltà economica. L’accesso a questo beneficio è però subordinato a requisiti stringenti, tra cui quello della residenza legale, stabile e continuativa per almeno dieci anni nel territorio italiano. Una recente sentenza del Tribunale di Brescia ha fornito chiarimenti cruciali su come vadano interpretate le assenze dall’Italia, stabilendo che non ogni allontanamento comporta la perdita del diritto.

I Fatti del Caso: La Domanda di Assegno Sociale Respinta

Una cittadina di nazionalità albanese, madre di un cittadino italiano e residente in Italia dal 2009, presentava domanda per l’assegno sociale dopo aver compiuto 67 anni e verificato il possesso degli altri requisiti. La sua richiesta veniva tuttavia respinta dall’istituto previdenziale, che contestava la mancanza del requisito della residenza decennale continuativa e ininterrotta.

Secondo l’ente, alcune assenze nel corso degli anni avrebbero interrotto la continuità richiesta. In particolare, veniva ipotizzata un’assenza superiore ai sei mesi consecutivi nel 2015 e assenze complessive superiori ai dieci mesi in un arco di cinque anni a partire dal 2017. La ricorrente, ritenendo ingiusto il diniego, si rivolgeva al Tribunale, sostenendo di poter dimostrare, attraverso i timbri sui propri passaporti, che le sue assenze erano sempre state brevi e ben al di sotto dei limiti di legge.

La Questione Giuridica: Quando un’Assenza Interrompe la Residenza?

Il nucleo della controversia legale era stabilire se le assenze della ricorrente avessero effettivamente interrotto la continuità della residenza. La normativa di riferimento, interpretata da una circolare dell’ente previdenziale (n. 131/2022), prevede che le assenze non interrompono il periodo di residenza continuativa necessario se sono:

1. Inferiori a sei mesi consecutivi.
2. Non superano complessivamente dieci mesi nell’arco di un quinquennio.

Eccezioni sono previste solo per motivi gravi e documentati, come obblighi militari o problemi di salute. La difesa della ricorrente si basava su un’analitica ricostruzione di tutti i suoi viaggi, dimostrando di non aver mai violato tali limiti.

La Decisione del Tribunale sul Diritto all’Assegno Sociale

Il Giudice del Lavoro ha accolto integralmente il ricorso, riconoscendo il diritto della donna a percepire l’assegno sociale a partire dalla data della domanda. Ha inoltre condannato l’istituto previdenziale al pagamento di tutti i ratei arretrati, quantificati in oltre 6.000 euro, oltre agli interessi legali e alle spese processuali.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su due pilastri argomentativi principali. In primo luogo, il Giudice ha chiarito che l’onere di verificare l’effettiva interruzione della residenza spetta all’istituto previdenziale. Non è sufficiente respingere una domanda basandosi su supposizioni o dati non comprovati; l’ente deve condurre un’istruttoria accurata e, se del caso, chiedere integrazioni documentali al richiedente, cosa che non era avvenuta.

In secondo luogo, e in modo decisivo, il Tribunale ha ritenuto pienamente provata la continuità della residenza sulla base della documentazione prodotta dalla ricorrente. L’analisi dettagliata delle timbrature dei passaporti ha permesso di ricostruire con esattezza ogni singolo viaggio, dimostrando che:

* L’ipotizzata assenza superiore ai sei mesi nel 2015 era inesistente, poiché un timbro di rientro in Italia interrompeva il conteggio.
* Le assenze totali a partire dal 2017 erano pari a 162 giorni, un numero di gran lunga inferiore al limite di dieci mesi (circa 300 giorni) previsto nel quinquennio.

Il Tribunale ha quindi concluso che la ricorrente possedeva tutti i requisiti di legge, compresa la residenza decennale continuativa, e che il diniego opposto dall’ente era illegittimo.

Le Conclusioni

Questa decisione offre importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, ribadisce l’importanza per i cittadini stranieri di conservare meticolosamente la documentazione relativa ai propri viaggi, come i passaporti con le timbrature, che costituiscono una prova fondamentale in caso di contestazioni. In secondo luogo, sottolinea che gli istituti previdenziali hanno il dovere di effettuare verifiche approfondite prima di negare un diritto, non potendo rigettare una domanda per carenza documentale senza prima aver richiesto al cittadino di integrare la pratica. La sentenza rafforza così la tutela dei richiedenti l’assegno sociale, assicurando che la valutazione del requisito di residenza sia basata su dati oggettivi e non su mere presunzioni.

Le assenze temporanee dall’Italia fanno perdere il diritto all’assegno sociale?
No, non necessariamente. La sentenza chiarisce che le assenze non interrompono la residenza continuativa se sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi in un quinquennio.

A chi spetta l’onere di dimostrare l’interruzione della residenza?
Secondo la decisione, l’onere della verifica spetta all’istituto previdenziale. Il cittadino deve dichiarare di possedere i requisiti, ma è l’ente che deve effettuare i controlli e, in caso di rigetto, provarne i motivi.

Come si possono provare le proprie assenze e presenze in Italia?
La sentenza evidenzia l’importanza dei passaporti. Le timbrature di ingresso e uscita costituiscono una prova fondamentale per ricostruire i movimenti e dimostrare il rispetto dei limiti di assenza previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati