Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 412 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 412 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
Oggetto
Impiego pubblico Passaggio da I.P.I. a M.I.S.E. Riconoscimento anzianità e quantificazione assegno personale
R.G.N. 20569/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 22/11/2023
CC
sul ricorso 20569-2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;
– intimato – avverso la sentenza n. 6598/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 30/01/2020 R.G.N. 3589/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli, adita con impugnazione principale dal Ministero dello Sviluppo Economico e con appello incidentale da NOME COGNOME dipendente dell’I.P.I. Istituto per la Promozione Industriale -transitato
nei ruoli del Ministero ai sensi del d.l. n. 78/2010, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto parzialmente il ricorso, ha respinto tutte le domande formulate dal Ciccodicola, volte ad ottenere il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata presso l’I.P.I. nonché l’inclusione nell’assegno personale riassorbibile del 50% del premio di produttività, della quota versata dal datore di lavoro al fondo di previdenza Previgen ed alla cassa di assistenza Asfalisis, del controvalore della polizza per morte e per infortuni professionali ed extralavorativi;
2. la Corte territoriale ha rilevato che la materia controversa doveva essere decisa facendo applicazione della norma speciale dettata dall’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, che riconosce ai dipendenti dell’I.P.I. trasferiti nei ruoli ministeriali il diritto alla conservazione del trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle sole voci fisse e continuative;
3. ha escluso la natura retributiva dei versamenti effettuati al fondo di previdenza RAGIONE_SOCIALE e dei premi corrisposti per l’assistenza integrativa RAGIONE_SOCIALE nonché per le polizze assicurative relative al rischio morte ed agli infortuni professionali ed extralavorativi ed ha anche evidenziato, in ciò condividendo le conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale, che non poteva essere incluso nell’assegno personale il premio di produttività, legato a fattori variabili che ne escludono il carattere fisso e continuativo;
4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di quattro motivi, ai quali non ha opposto difese il Ministero, rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo il ricorrente deduce ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del
d.l. n. 78/2010, dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, dell’art. 2112 cod. civ., degli artt. 200 e 202 del d.P.R. n. 3/1957, dell’art. 3, comma 576, della legge n. 537/1993, dell’art. 1, comma 226, della legge n. 266/2005, dell’art. 14, comma 15, del d.l. n. 98/2011 e sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte distrettuale nel ritenere applicabile alla fattispecie il solo art. 7 del d.l. n. 78/2010 e nell’affermare che la disposizione doveva essere interpretata in senso restrittivo; richiama il contenuto delle disposizioni indicate in rubrica e sostiene che, in ragione della continuità del rapporto di lavoro, occorre, da un lato, riconoscere l’anzianità pregressa, dall’altro accedere ad un’esegesi «elastica» dell’espressione «voci fisse e continuative» includendo ogni erogazione reiterata nel tempo e non accidentale;
2. la seconda critica, ricondotta ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, degli artt. 2112 e 2099 cod. civ., dell’art. 51 TUIR, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti;
addebita alla sentenza gravata di avere apoditticamente affermato la natura previdenziale del versamento effettuato al fondo Previgen senza soffermarsi sulla disciplina contrattuale, dalla quale si desume che, trattandosi di prestazione obbligata per il datore di lavoro, la stessa era entrata a far parte del patrimonio del dipendente al momento del passaggio nei ruoli ministeriali;
analoghe considerazioni il ricorrente svolge quanto alle polizze integrative ed al premio annuale versato alla Cassa di assistenza Asfalisis, in relazione ai quali osserva anche che il carattere fisso e continuativo era stato provato attraverso la produzione in giudizio delle buste paga;
aggiunge che la natura retributiva va riconosciuta a tutti gli emolumenti in connessione causale con il rapporto di lavoro, a prescindere dal regime di imposizione fiscale, ravvisa il vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio nella mancata valutazione del contratto individuale di lavoro
erroneamente valorizzato dalla corte distrettuale; e dei cedolini paga depositati in giudizio;
la terza critica torna a denunciare, in relazione al mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio, la violazione dell’art. 7 del d.l. n. 78/2010, dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, dell’art. 2112 cod. civ. ed il ricorrente sostiene che il manteni mento dell’anzianità rappresenta una garanzia che accompagna ogni ipotesi di continuazione del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità, giacché in tal caso si verifica solo una modificazione soggettiva del rapporto medesimo;
4. la quarta censura, formulata ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., denuncia nuovamente la violazione e falsa applicazione delle norme indicate nel terzo motivo, alla quale affianca la violazione dell’art. 48 del contratto collettivo aziendale per il personale dipendente dell’IPI, dell’accordo del 15 dicembre 2005, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio; il ricorrente censura il capo della sentenza impugnata che, nel confermare la pronuncia del Tribunale, ha escluso che ai fini del calcolo dell’assegno personale si dovesse tener conto anche del premio di produzione; deduce che le clausole della contrattazione collettiva, non esaminate dal giudice d’appello, si esprimevano nel senso della obbligatorietà, continuità e certezza della erogazione e sostiene che la corte territoriale non esaminando la disciplina contrattuale è incorsa nel denunciato vizio di omesso esame di fatto decisivo;
5. preliminarmente rileva il Collegio che non si ravvisano ragioni idonee a giustificare il rinvio a nuovo ruolo della causa per la successiva trattazione in udienza pubblica, sollecitata dalla ricorrente con l’istanza depositata il 9 novembre 2023; all’esito della riformulazione dell’art. 375 cod. proc. civ., operata dal d.lgs. n. 149/2022, la Corte di Cassazione pronuncia in pubblica udienza unicamente nei casi di ricorso per revocazione ex art. 391 quater cod. proc. civ. e di particolare rilevanza della questione di diritto, mentre delibera con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ., «in ogni altro caso in cui non pronuncia in pubblica udienza» ( art. 375, comma 2, n. 4 quater );
nessuna delle due condizioni ostative al procedimento camerale ricorre nella fattispecie, atteso che sulla questione controversa questa Corte si è già pronunciata (cfr. Cass. n. 641/2022; Cass. 23987/2022; Cass. n. 14202/2023) ed il ricorso non prospetta argomenti nuovi, idonei a sollecitare un ripensamento dei principi già espressi, ai quali va data continuità per le ragioni di seguito illustrate;
6. non sussistono gli errores in iudicando denunciati nei motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica;
vanno qui ribaditi, quanto all’interpretazione ed alla specialità dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, gli argomenti già sviluppati da Cass. n. 14202/2023, in continuità con Cass. n. 641/2022;
con le citate pronunce, richiamato l’orientamento secondo cui al momento della soppressione l’I.P.I. aveva già acquisito la personalità di diritto pubblico ( per le ragioni indicate da Cass. nn. 28409, 28624 del 2020 e da Cass. n. 40399 del 2021), si è evi denziato che l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, che costituisce norma speciale rispetto alla disciplina generale dettata dall’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, nel garantire la
conservazione del trattamento fondamentale ed accessorio, purché caratterizzato da fissità e continuità, «richiama una distinzione tipica dell’impiego pubblico contrattualizzato (art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001) nel cui ambito il trattamento fondamentale è quello diretto a retribuire la prestazione ‘base’ del dipendente, ossia la prestazione corrispondente all’orario ordinario di lavoro ed alla professionalità media della qualifica rivestita, mentre quello accessorio si pone in nesso di corrispettività con la performance individuale, con quella organizzativa e con lo svolgimento di attività ‘particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute’ (art. 45, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 nel testo applicabile ratione temporis );
la distinzione fra le componenti non riposa sui requisiti di fissità e continuità in quanto gli stessi, connaturati al trattamento fondamentale, possono ricorrere anche per quelle voci del trattamento accessorio che siano correlate non al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’amministrazione di appartenenza;
ne discende che in tutte quelle fattispecie nelle quali venga in rilievo il principio della irriducibilità della retribuzione non è sufficiente per escludere l’operatività della garanzia che l’emolumento esuli dal trattamento fondamentale, essendo, invece, necessario accertare se la voce retributiva, per il dipendente che invochi il divieto di reformatio in peius , sia certa nell’ an e nel quantum ;
il trattamento economico acquisito dal lavoratore deve, dunque, essere determinato con il computo di tutti i compensi fissi e continuativi spettanti al prestatore di lavoro, sulla base della contrattazione collettiva, quale corrispettivo delle mansioni svolte ed attinenti, logicamente, alla professionalità tipica della qualifica rivestita»;
7. nella fattispecie, non dissimile da quella esaminata da Cass. n. 14202/2023, che ha respinto analogo ricorso, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, negando l’inserimento nell’assegno ad personam dovuto alla ricorrente degli emolumenti percepiti presso l’IPI per i quali, motivatamente, non ha ravvisato le necessarie caratteristiche di fissità e continuatività o, addirittura, la stessa natura di retribuzione;
infatti: a) quanto al premio di produttività, il giudice d’appello ha condiviso le conclusioni alle quali il Tribunale era pervenuto ed ha escluso che il premio in questione avesse le caratteristiche sopra indicate; b) dei contributi al fondo integrativo di previdenza ha valorizzato la natura non retributiva, ma previdenziale ( affermazione questa corretta alla luce di quanto statuito da Cass. S.U. n. 16084/2021 e Cass. S.U. n. 4684/2015); c) con riguardo ai premi per le polizze infortuni e morte, nonché ai versamenti effettuati in favore della Cassa Asfalisis ne ha sottolineato il carattere assistenziale, valorizzando a tal fine anche il regime di imposizione fiscale;
10. i motivi di ricorso, nella parte in cui denunciano la violazione del contratto collettivo aziendale (artt. 48 e 50) sono inammissibili, in quanto nel giudizio di cassazione la denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ. è circoscritta ai soli contratti collettivi nazionali (equiparati quanto al regime processuale alle norme di diritto) mentre per la contrattazione aziendale nonché, nell’impiego pubblico contrattualizzato, per la contrattazione integrativa decentrata, il sindacato di legittimità può essere esercitato soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, nei limiti della disciplina processuale ratione temporis applicabile, ovvero ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., a condizione, per detta ipotesi,
che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato ma individuino i canoni interpretativi violati e le ragioni in iure di detta violazione;
d’altro canto non si può sostenere che nella fattispecie la Corte territoriale, non soffermandosi sulla disciplina contrattuale di cui si è detto, sarebbe incorsa nell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti;
in realtà, quanto alla natura dei versamenti al fondo RAGIONE_SOCIALE ed alla Cassa Asfalisis nonché dei premi per le polizze assicurative, correttamente la Corte distrettuale ha ritenuto assorbente e decisivo il rilievo che l’art.7 del d.l. n. 78/2010 valorizza le soli componenti del trattamento fondamentale ed accessorio ossia le voci retributive in senso stretto, non qualsivoglia utilità riconosciuta dal datore di lavoro ed altrettanto correttamente, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, ha ritenuto gli emolumenti in parola di natura previdenziale o assistenziale;
quanto al premio di produttività la sentenza impugnata contiene all’evidenza un rinvio per relationem alla pronuncia di primo grado, della cui motivazione in parte qua il ricorrente non dà alcun conto, sicché opera il principio secondo cui ove «la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, c.p.c. occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali.» (Cass. S.U. n. 7074/2017);
11. infine, in relazione all’anzianità di servizio, deve essere ribadito che la stessa, anche nei casi di applicazione dell’art.
31 del d.lgs. n. 165/2001 ( non invocabile nella fattispecie per le ragioni già dette) e di trasferimento di azienda, non costituisce un diritto che il lavoratore possa fare valere nei confronti del nuovo datore di lavoro e deve essere salvaguardata in modo assoluto solo ove ad essa si correlino benefici economici ed il suo mancato riconoscimento comporti un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito;
l’anzianità pregressa, invece, non può essere fatta valere per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario né può essere opposta al nuovo datore di lavoro per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l’ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della cessione del contratto, non delle mere aspettative ( cfr. Cass. n. 641 del 2022 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
12. in via conclusiva il ricorso è complessivamente infondato e ciò esime il Collegio dal disporre la rinnovazione della notificazione, erroneamente indirizzata all’Avvocatura Distrettuale anziché a quella Generale perché «il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti.» ( Cass. 17/6/2013 n. 15106);
non occorre provvedere sulle spese perché il Ministero non ha svolto attività difensiva;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1bis , se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 22 novembre 2023