Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5340 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 5340 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso 31678-2021 proposto da:
NOME COGNOME domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 31678/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 14/01/2025
PU
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 784/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 07/10/2021 R.G.N. 99/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
R.G. 31678/21
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 784 del 7.10.2021, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato il gravame di NOME COGNOME avverso la sentenza del tribunale di Forlì che aveva rigettato il ricorso proposto da quest’ultimo cittadino senegalese titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo, lavoratore subordinato in Italia dal 1.8.11 -volto a chiedere il riconoscimento del diritto a percepire l’assegno per il nucleo familiare (A.N.F.) per il periodo 1.1.18-30.6.19, oltre che in relazione al coniuge e ai due figli residenti in Italia (come in atto fruito), anche in relazione agli ulteriori quattro figli residenti in Senegal, alle medesime condizioni alle quali detto assegno viene riconosciuto ai cittadini italiani, stante l’applicabilità della disciplina dettata dalla direttiva comunitaria self-executing 2003/109/CE, in materia di assistenza.
Il tribunale ha respinto il ricorso perché vi era carenza di allegazione circa il possesso del requisito reddituale riferito non solo a sé ma anche al nucleo familiare, trattandosi di elemento
costitutivo del diritto di credito azionato, la cui presenza doveva essere verificata dal giudice al fine di pronunciarsi sulla fondatezza della domanda.
La Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado -, disattendendo le contrapposte istanze di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE della questione dell’interpretazione dell’art. 2 della legge n. 153/88 e di sospensione del giudizio in dipendenza della sottoposizione alla Corte costituzionale del vaglio di tale norma, da parte della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9379/21 -confermando la carenza di ogni deduzione, allegazione e prova da parte del ricorrente/appellante del requisito reddituale, che costituiva l’an, oltre che il quantum del beneficio.
Avverso tale sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso in cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps ha resistito con controricorso.
Il PG ha rassegnato conclusioni scritte, nel senso del rigetto del ricorso.
Il Collegio riserva sentenza, nel termine di novanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 della legge n. 153/88 e dell’art. 12 delle preleggi, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte del merito aveva erroneamente interpretato la normativa italiana in merito ai requisiti richiesti dal legislatore per poter accedere all’ANF e per violazione dei principi di diritto enunciati nella dir. n. 2003/109/CE e interpretati nella sentenza della CGUE del 25.11.20, nella causa C-303/2019/CE, per aver richiesto al
ricorrente, soggiornante di lungo periodo, la produzione di una autocertificazione dei redditi prodotti dal nucleo familiare, non prevista dalla norma in materia di ANF, di cui alla legge n. 153 cit.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., circa la mancata valutazione della circostanza che il ricorrente già percepiva la provvidenza per i figli residenti in Italia.
Il primo motivo di ricorso è, in via preliminare, inammissibile; infatti, pone la questione della mancata attribuzione della corretta efficacia probatoria della documentazione reddituale relativa agli anni 2016-2017, come prova del reddito percepito per ot tenere gli ANF per i figli residenti all’estero, in presenza di una doppia decisione ‘conforme’ delle sentenze emesse nei gradi di merito, con preclusione della possibilità di dedurre il vizio riguardante il relativo accertamento di fatto. Inoltre, la censura che si incentra su presunte violazioni di legge, in effetti, non si confronta con l’effettiva questione posta a base della decisione della Corte d’appello che attiene alla mancata dimostrazione del reddito percepito dal ricorrente, per fruire della provvidenza richiesta. Infine, sempre in tema d’inammissibilità del motivo, il ricorrente non riporta la dichiarazione reddituale nella parte d’interesse per mettere in condizione questa Corte, di valutare la fondatezza della censura. Nel merito, il motivo è infondato; infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘L’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare previsto dall’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, conv. in l. n. 153 del 1988, presuppone la duplice condizione la cui ricorrenza deve essere provata dall’interessato –
dell’effettivo svolgimento di attività lavorativa, nonché della sussistenza del requisito reddituale di cui al comma 10 dello stesso art. 2, per cui l’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo de l nucleo familiare’ (Cass. n. 16710/22, 6953/23, 8973/14) .
Nella specie, la Corte d’appello ha accertato la mancanza di prova del reddito del nucleo familiare, in particolare, di quella parte del nucleo che, all’epoca della domanda, era residente nel paese di provenienza del ricorrente.
Il secondo motivo è sia inammissibile, per la presenza di una doppia decisione ‘conforme’ che preclude la deduzione del motivo di censura di cui all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. (e che non consente più di dedurre il vizio di motivazione insufficiente e/o contraddittoria) sia infondato, in quanto, non sussiste nessun omesso esame avendo la Corte d’appello preso in considerazione tale doglianza che era rivolta nei confronti della sentenza di primo grado, precisando che il profilo era irrilevante ai fini della decisione, poiché la decisione si basava sulla mancata prova del reddito del nucleo familiare complessivo del richiedente (comprensivo, in particolare, dei figli ancora residenti in Senegal).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese di lite, secondo quanto meglio indicato in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 2.500,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre il 15% per rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.1.25