Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26070 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26070 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14430/2022 R.G. proposto da : NOME con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’avvocatura centrale dell’istituto, in ROMA INDIRIZZO rappresentato e dife so dall’avvocato COGNOME unitamente agli avvocati COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 276/2022 pubblicata il 29/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bologna ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con l’I.NRAGIONE_SOCIALE
La controversia ha per oggetto il riconoscimento dell’assegno per il nucleo familiare a cittadino extracomunitario titolare di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e nucleo familiare residente nel paese di provenienza.
Il Tribunale di Ravenna rigettava la domanda per la mancanza di prova del reddito del nucleo familiare.
Per la cassazione della sentenza ricorre NOME COGNOME con ricorso affidato a un unico motivo al quale IRAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Al termine della camera di consiglio il collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine previsto dall’art.380 bis.1 ultimo comma cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo unico (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 del d.l. n. 69/1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n.153/1988, dell’art.12 delle preleggi e dei principi di diritto di cui alla direttiva 2003/109/CE come enunciati ed interpretati nella sentenza della CGUE del 25.11.2020, nella causa C303/2019/CE. La sentenza impugnata meriterebbe censura per avere ritenuto necessaria l’autocertificazione, sprovvista, invece, d’ogni rilievo ai fini del riconoscimento del diritto, e nel qualificare il reddito del nucleo familiare come «elemento essenziale del diritto» e non quale mero «fattore di calcolo (unitamente al numero dei componenti del nucleo) della provvidenza» (pagina 16 del ricorso per cassazione). Nel richiedere oneri più gravosi ai cittadini extracomunitari, la Corte di merito avrebbe violato il principio di parità di trattamento tutelato dall’art. 11 della Direttiva 2003/109/CE.
Il motivo è infondato.
Si intende dare continuità ai principi di diritto di Cass. 7/05/2025 n.11960, resa all’esito di pubblica udienza, nei termini di seguito riportati: «3. 1.2.- Non può essere condivisa, in primo luogo, la premessa ermeneutica che sorregge la censura e che qualifica il reddito del nucleo familiare come mero fattore di graduazione dell’entità della prestazione richiesta. In virtù dell’art. 2 del d.l. n.
69 del 1988, l’assegno per il nucleo familiare non spetta, allorché la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente sia inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare. Tale reddito, dunque, inerisce agli elementi costitutivi del diritto di conseguire la prestazione (Cass., sez. lav., 13 febbraio 2023, n. 4377), prestazione commisurata al contributo che apportano tutti i componenti del nucleo familiare (Cass., sez. lav., 8 marzo 2023, n. 6953). 1.3.La prova del requisito attinente al reddito del nucleo familiare incombe, dunque, su tutti coloro, cittadini italiani, europei o extraeuropei, che reclamino l’assegno per il nucleo familiare, e può essere fornita con ogni mezzo idoneo, come questa Corte ha già avuto occasione di puntualizzare (Cass., sez. lav., 9 marzo 2023, n. 7097) e come anche l’Istituto rammenta (pagina 9 del controricorso). Non sussiste, pertanto, la paventata disparità di trattamento, che il ricorrente espone a sostegno della richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (sentenza n. 6953 del 2023, cit.). Né il ricorso e la memoria illustrativa prospettano argomenti persuasivi, che inducano a rimeditare i princìpi di diritto enunciati da questa Corte in altri giudizi, in larga parte affini. 1.4.- Al ricorrente non sono stati addossati, in definitiva, oneri probatori più gravosi di quelli che competono ai cittadini italiani (ordinanza n. 4377 del 2023, cit., in fattispecie sovrapponibile a quella odierna). La Corte di merito, nel confermare le statuizioni del Tribunale, ha incentrato il rigetto della domanda sulla carenza di allegazione, prima ancora che di prova, circa i requisiti costitutivi della pretesa e ha ponderato, a tal proposito, tutti gli elementi acquisiti al processo, negandone la concludenza all’esito di un esame organico e coerente. Non si ravvisano, pertanto, le denunciate violazioni di legge».
Questi principi di diritto (confermati dalla giurisprudenza successiva, cfr. Cass. 24032/2025, Cass. 24029/2025, Cass. 24027/2025, Cass. 24025/2025, Cass. 24024/2025 e Cass. 24022/2025) sono immediatamente applicabili al caso in esame perché sia il Tribunale che la Corte territoriale hanno rigettato la domanda per mancanza di prova del requisito reddituale, e dunque facendo applicazione della regola di giudizio stabilita dall’art.2697 cod. civ., sul presupposto che il
reddito del nucleo familiare rientri tra gli elementi costitutivi della prestazione assistenziale, e non sia un mero parametro di graduazione della stessa.
I principi di diritto di Cass. 11960/2025 trovano applicazione anche con riferimento al paventato contrasto con il diritto eurounitario, e in particolare con il principio di parità di trattamento tra il soggiornante di lungo periodo e i cittadini comunitari previsto dall’art.11 della direttiva 2003/109/CE con riferimento alle «prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale» (lettera d).
La Corte territoriale, come già il Tribunale, non hanno imposto all’odierno ricorrente un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto a quello imposto ai cittadini comunitari, ma si sono limitati a fare applicazione della regola generale prevista dall’art.2697 cod. civ., onerando il ricorrente della prova di uno dei presupposti della prestazione assistenziale. Diversamente opinando, il cittadino extracomunitario lungo soggiornante godrebbe di un onere probatorio semplificato e più lieve rispetto a quello imposto a carico dei cittadini comunitari con riferimento alla necessità di provare la sussistenza del requisito reddituale.
Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art.91 cod. proc. civ. il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di co ntributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/09/2025.
Il Presidente COGNOME